Tenacemente saldi nella speranza
“1 Come la cerva anela ai rivi delle acque, così l’anima mia anela a te, o DIO. 2 L’anima mia è assetata di DIO, del Dio vivente. Quando verrò e comparirò davanti a DIO? 3 Le mie lacrime sono divenute il mio cibo giorno e notte, mentre mi dicono del continuo: «Dov’è il tuo DIO?». 4 Ricordando queste cose, dentro di me do libero sfogo all’anima mia, perché solevo andare con la folla, guidandola alla casa di DIO, in mezzo ai canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. 5 Perché ti abbatti, anima mia, perché gemi dentro di me? Spera in DIO, perché io lo celebrerò ancora per la liberazione della sua presenza. 6 O DIO mio, l’anima mia è abbattuta dentro di me; perciò mi ricordo di te dal paese del Giordano e dalle cime dell’Hermon, dal monte Mitsar. 7 Un abisso chiama un altro abisso, al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me. 8 Di giorno l’Eterno mi largisce la sua benignità, e di notte innalzo a lui un cantico, una preghiera al Dio della mia vita. 9 Io dirò a Dio, mia rocca: «Perché mi hai dimenticato? Perché vado in giro vestito a lutto per l’oppressione del nemico?». 10 Le mie ossa soffrono pene mortali a motivo degli insulti dei miei nemici, che mi dicono del continuo: «Dov’è il tuo DIO?». 11 Perché ti abbatti, anima mia, perché gemi dentro di me? Spera in DIO, perché io lo celebrerò ancora; egli è la mia salvezza e il mio DIO.”
L’acqua del versetto 7 può essere presa come immagine di grandi sofferenze che passano sull’anima, sull’abisso più profondo dell’universo; chi infatti lo può riempire se non l’Iddio infinito?
Un abisso chiama un altro abisso, cerca cioè il conforto di qualcuno che gli assomiglia, ma spesso rimane, come per il Signore Gesù nel Getsemani, solo una ricerca insoddisfatta; i discepoli non sono stati capaci di vegliare con Lui una sola ora!
Le cascate cadono, e le onde e i flutti passarono su quell’anima nell’orto dell’agonia, ma in modo particolare nel dolore della croce del Golgota.
Gocce di sofferenza sono pure le lacrime; infinite gocce sono le cascate d’acqua, ma in questo preciso momento sto osservando un qualcosa di curioso che non mi spiego e che non ho mai notato prima d’ora così da vicino! Su ogni filo d’erba intorno a me, proprio in punta allo stelo, c’è un argentea piccola goccia d’acqua. Non c’è ancora il sole, eppure tutte brillano proprio come fossero argento!
Ma come fanno a stare lì in punta? Perché non cadono? O perché non scivolano lungo il pendio dello stelo? Si alza un leggero vento, scuote i fili d’erba e le gocce non precipitano; ma chi è che le ha appiccicate così saldamente?
La fragilità più assoluta, potrebbe essere paragonata a una goccia d’acqua posta in queste condizioni estreme, che però non cade!
Credo che “quando io sono debole, allora sono forte” (2 Corinzi 12:10), sia qualcosa del genere, come pure qualcos’altro che gli assomiglia è l’anima che è abbattuta ed è agitata, colma di fragilità, come nei versetti 5 e 11 del nostro salmo e il versetto 5 del salmo 43: “Perché ti abbatti, anima mia, perché gemi dentro di me? Spera in DIO, perché io lo celebrerò ancora, perché egli è la mia salvezza e il mio DIO“. L’anima tranquilla al vento sta, lì, tenacemente superiore alle circostanze; non cade, rimane salda nella speranza che giungerà il giorno che ancora celebrerà il Signore, perché Egli è il suo Salvatore e il Suo Dio.
Daniela Michelin Salomon
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