Riflessioni di una valdese su universalismo e Confessione di Fede Valdese

Il Coulege di Barba (Pra del Torno - Angrogna). Qui e in luoghi simili si formavano sulla Bibbia i missionari predicatori valdesi detti "barba"

I Veri Valdesi si prefiggono di fare conoscere, difendere e promuovere i principi informatori dell’antico movimento valdese dei “Barba” ( nome tipico dato ai missionari valdesi del XII secolo, dei quali l’esposizione della predicazione era fortemente biblica) e della Riforma protestante classica fondati sul presupposto che la Bibbia è integralmente Parola di Dio e regola della nostra fede e della nostra condotta. Questi principi sono testimoniati dalla Confessione di fede valdese del 1655 che, insieme alle altre Confessioni di fede della Riforma detta “calvinista”, crediamo esprimere fedelmente l’insegnamento dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Nella Chiesa valdese del Novecento è successa una piccola, quasi impercettibile declassificazione della Parola di Dio; con una semplice frase si sono aperte le porte alla corrente “liberale” che poco per volta è diventata un’inondazione. La frase che sembra di poca rilevanza è la seguente “La Bibbia non è Parola di Dio, ma la contiene“. Da questo concetto si espanse il dilagante relativismo anche per quel che concerne l’evangelizzazione.
La perdita progressiva del sogno di evangelizzare l’Italia fu causata dall’acquisizione del concetto “universalità”, che, in parole semplici, significa che alla fine Dio salverà tutti, compreso Giuda il traditore di Gesù Cristo!
Se dunque tutti saranno salvati che bisogno c’è di evangelizzare? Ma non solo, l’evangelizzazione è stata interpretata come un approccio al mondo valdese e venne attuata attraverso “il tempio aperto”: templi aperti dunque per fare conoscere al pubblico, con un approccio iniziale, il luogo dove la “sacralità” liberale viene largamente predicata, vissuta e influenzata dall’ecumenicamente corretto.
Dunque non esiste più la necessità di predicare il puro messaggio biblico, sentendosi così liberi di eliminare dal vocabolario parlato tutti i termini che includono la visione di perdizione e salvezza: peccato, perdizione, espiazione,  redenzione, propiziazione ecc. essendo termini, al dire di eminenti teologi, incomprensibili alla gente comune. Si è fatto così posto ad attività che rispecchiano un impegno per la libertà religiosa condivisibile con persone di qualunque estrazione confessionale, senza le linee guida che scaturiscono dalle leggi morali della Bibbia, ispirate all’universalismo dilagante. Ecco che persone oneste sono state indotte a dare spazio ad analisi auto-critiche e critiche, per fare memoria del percorso di una evangelizzazione degenerata.

In parallelo, si è degradata la Bibbia a un documento da sottoporre all’analisi storico-critica da parte di studiosi dediti alla conciliazione con idee ed esigenze del “progresso” più avanzato, sia sul piano religioso, sia sul piano sociale e culturale. Ne è derivata un’esegesi basata su strumenti ideologici dettati dai cambiamenti e dai compromessi culturali che capovolge completamente il significato ultimo di “autorità”. Infatti, la Bibbia non è più considerata la norma autorevole della vita dei fedeli, non è più il centro della fede, l’autorità della Scrittura non è più riconosciuta e ricevuta come referenza fondativa, di conseguenza anche  la Confessione di fede valdese e i suoi principi vengono sottoscritti dai pastori solo come “documento storico” e non più come espressione di fede della Chiesa, come la sua norma vincolante di comunione.
La Confessione di fede di una chiesa non può ridursi a un documento storico, come è avvento per la Chiesa Valdese, perché ciò è incoerente. Non ha senso sottoscrivere un documento storico, tanto più se non si intendono rispettarne i principi, come un influente pastore ha chiaramente detto. E pensare che i Veri Valdesi del passato hanno affrontato discriminazioni, persecuzioni, rapimento dei propri cari, imprigionamento e morte per non abiurare quella Confessione!

 

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