Il terzo punto della riflessione, anche se apparentemente può sembrare teologicamente meno importante, in realtà denota molto bene come la deriva della nostra Chiesa, causa i punti precedenti, sia quanto mai ampia e coinvolga ormai tutti i settori della Chiesa stessa. Da sempre la nostra Chiesa (Valdese e Metodista) è stata molto attenta ai temi sociali, culturali e politici, al punto che spesso tali argomenti e relativi impegni, hanno finito per sovrastare lo stesso annuncio dell’Evangelo (in senso stretto), attirandosi per questo anche svariate critiche da coloro che hanno da sempre visto nella Chiesa il luogo dell’annuncio dell’Evangelo (fine), da realizzarsi, se necessario, anche attraverso l’impegno sociale, culturale e politico (mezzi). Il coinvolgimento della nostra Chiesa in queste “aree prevalentemente laiche” nella società civile è sempre stato giustificato dalla necessità di essere efficaci nell’azione di testimonianza, tesa a coinvolgere la società secolarizzata e avvicinarla così a Cristo. Con rammarico dobbiamo adesso costatare che anche in questo la nostra Chiesa sembra aver imboccata una strada senza uscita. Stiamo assistendo, infatti, ad un progressivo scollamento della nostra Chiesa dalla società italiana in cui è chiamata ad operare. Chi legge Riforma avrà notato, ormai da qualche anno, che le uniche linee su cui sembra muoversi la Chiesa, sono la
questione omo-affettiva e l’accoglienza dell’immigrazione (con qualche puntata sulla violenza di genere), temi peraltro ripresi dal Sinodo anche quest’anno. È sconcertante notare come le grandi questioni che toccano oggi il nostro paese siano del tutto assenti nel dibattito della nostra Chiesa. Lavoro, inteso come mancanza di lavoro (disoccupazione giovanile), crisi economico-sociale, nuove povertà, suicidi economici, conflittualità inter-europea, questione morale, delegittimazione del sistema politico e crisi istituzionale. Questioni che ormai da diversi anni segnano profondamente la vita di milioni di italiani, sono ignorati dalla nostra Chiesa Valdese, come se non operasse in Italia ma chissà dove nel mondo. Questo scollamento tra Chiesa e società italiana sta approfondendo ulteriormente il solco che già si era scavato, causa la sua deriva di cui ai primi due punti. Siamo ormai ridotti in pochi migliaia di membri di chiesa (meno di 10.000 contribuenti), già sfiduciati e perplessi dalle scelte fatte dalle nostre guide (teologi e pastori), sia dal punto di vista teologico, sia pratico, ora costatiamo come la Chiesa non riesce più nemmeno a cogliere le necessità della gente del paese in cui opera e procede verso il baratro, condotta da un manipolo di persone che sono guidate più dalla loro autoreferenzialità che non dall’amore di Cristo. Che cosa ci dobbiamo aspettare ancora da questa Chiesa che sentiamo sempre meno la nostra?
Nikodemos
(seconda e ultima parte)
Che la Chiesa (ufficiale) Valdese abbia imboccato una strada senza uscita è chiaro a tutti fuorchè ai “pezzi gossi” della Chiesa Valdese, talmente ideologizzati e spostati a sinistra da non rendersi conto che questa posizione porterà i Valdesi alla scomparsa. Chi è nella stanza dei bottoni della Chiesa Valdese è diventato pericoloso come l’Inquisizione ai tempi che furono, perchè ha svuotato i templi lavorando dall’interno e minando gli ideali originari che tutto erano fuorchè di sinistra. La sinistra è ateismo, quindi è contro Dio, la sinistra è contro il focolare, quindi contro la famiglia, la sinistra è contro i confini, quindi è contro la Patria. I Valdesi che lottarono per secoli per la loro libertà, dopo aver combattuto per anni Vittorio Amedeo, divennero non casualmente la punta di diamante delle sue truppe contro i francesi per difendere la loro terra, la loro famiglia e la loro libertà di religione che presto sarebbe stata ufficializzata. Non è rimasto niente di questi valorosi combattenti e dei loro barba comandanti, solo degli intellettuali ammuffiti che pontificano da cattedre sicure suonando l’orchestra mentre il Titanic Valdese affonda. Dobbiamo ripartire da zero. Abbiamo bisogno di un altro Janavel e di un altro Legér.