Questo è solitamente il periodo giusto per fare alcune riflessioni sulla nostra Chiesa, subito dopo il Sinodo Valdese. Purtroppo, ormai da diverso tempo, le conclusioni che possiamo trarre sono ancora una volta fonte di amarezza e delusione. Il Sinodo sembra uscirsene ogni volta con qualche nuova “trovata” (Atto) che allontana sempre più la Chiesa Valdese dalla sana dottrina e dalla Scrittura.
Il primo punto su cui riflettere, che non è certo nuovo, poiché è un male che affligge la Chiesa ormai da molti decenni, è sempre il calo di vocazioni, accompagnato da una pressoché assenza di azioni di evangelizzazione in senso stretto (interna ed esterna), condotte secondo i canoni della Scrittura, e che ben poco hanno a che vedere con i tanti “percorsi di formazione” che vengono invece proposti a tutti i livelli, quali “surrogati” della vera evangelizzazione, quando evangelizzare consiste semplicemente nell’annunciare Gesù Cristo come unico e personale salvatore, come facevano i nostri nonni, quando ancora, essere Evangelico e Valdese (o Metodista), significava credere fermamente nell’opera di Dio nella propria vita attraverso la Parola di Cristo e l’azione dello Spirito Santo. Quest’affermazione è così banale che è anche la sostanza stessa della Chiesa. Così com’è scontato che un ristorante prepari e fornisca dei pasti, così dovrebbe essere che il compito della Chiesa sia di annunciare l’Evangelo di Gesù Cristo, sia pure condito e proposto in differenti salse, ma così, purtroppo non è più stato nella Chiesa Valdese, che negli ultimi trenta/quarant’anni si è occupata di tutto, a quanto pare, salvo proprio che annunciare l’Evangelo.
Il secondo punto che deve coinvolgere la nostra riflessione è altrettanto importante: la teologia. In cosa si crede oggi in casa Valdese? Ormai ci si vergogna della Confessione di Fede del 1655, al punto di non utilizzarla più nemmeno durante la consacrazione dei pastori. Questo è un segnale (preoccupante) di come la deriva della Chiesa abbia ormai raggiunto lidi lontani, sia dalla Riforma del XVI, sia dalla Scrittura stessa. Il “revisionismo” operato dai nostri teologi sull’interpretazione della Scrittura, vuoi per l’uso del metodo storico-critico, vuoi nel puerile quanto vano tentativo di renderla accettevole ai mutati scenari socio-politici della nostra società civile, per giungere fino alle nuove aperture al papismo di Francesco, ha portato ad un sostanziale allontanamento della nostra Chiesa dalla “Sola Scrittura” della Riforma e quindi anche dalla volontà di Dio, come espressa e testimoniata nella Bibbia. Le recenti “aperture” interpretative su temi quali l’etica sessuale, il matrimonio, la famiglia e altre questioni correlate, sono in netto contrasto, sia con la tradizione riformata, sia con la Scrittura rivelata dallo Spirito Santo.
Nikodemos
(prima parte – continua)
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