«Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio»: che cosa vuol dire? – Culto di domenica 18 ottobre 2020

Ventesima domenica dopo Pentecoste

Letture bibliche:Salmo 99; Esodo 33:12-23; 1 Tessalonicesi 1:1-10; Matteo 22:15-22

Quelli che sono reputati prìncipi delle nazioni le signoreggiano e i loro grandi le sottomettono al loro dominio” (Marco 10:42). Gesù non insegnava a sottomettersi acriticamente ad ogni autorità terrena, ma stabiliva il primato di Dio su qualunque autorità umana che a Lui dovrà rendere conto degli abusi che pèrpetrano. Lo vediamo oggi nell’episodio biblico dove Gesù pronuncia la famosa frase: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. La dice in risposta ai suoi oppositori che, gelosi della sua popolarità, lo ritenevano una minaccia per il loro ingiusto potere e coglievano ogni occasione per coglierlo in fallo, discreditarlo ed accusarlo di fronte alle autorità.

La famosa espressione di Gesù: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» appare in tutti e tre i vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca). La comunità apostolica lo considerava la base di un insegnamento importante riguardante il nostro rapporto con le autorità politiche e il nostro rapporto con Dio. Come capirlo e applicarlo precisamente, però, non è specificato. E’ proprio qui che sorgono problemi per chi nella storia ha voluto e vuole comprenderlo rettamente. Perché problemi? Perché a seconda della teologia politica dell’interprete, questa enigmatica risposta di Gesù a una domanda politica posta in malafede dai suoi avversari è stata presa per sostenere o sottoscrivere posizioni molto diverse fra di loro!

C’è chi da essa ha dedotto, per esempio, una gerarchia di autorità visibili, due regni (uno di questo mondo e uno di Dio), la sovranità delle sfere, la resistenza fiscale, il fervore patriottico, l’obbedienza ai dittatori, i “cristiani tedeschi” (i Deutsche Christen, che si sottomettevano a Hitler) e i redattori della Dichiarazione di Barmen (che a quel regime si erano opposti). Queste posizioni non possono essere ritenute ugualmente valide: solo dei relativisti potrebbero sostenerlo.

I testi sinottici chiariscono che la domanda posta a Gesù e che aveva suscitato quella risposta, era per lui intesa come una trappola. Rispondere pubblicamente con un semplice “sì” o “no” sarebbe stato un suicidio politico nella Giudea occupata.

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