Certi teologi non riescono più a distinguere il protestantesimo dalla moderna ideologia liberale nata e coltivata in Germania nel XIX secolo e che si allontana radicalmente dai presupposti della Riforma. Non si accorgono (o lo nascondono) che i loro presupposti filosofici sono diversi. Come possono considerarsi eredi dei Riformatori visto che per loro la Bibbia non è Parola di Dio ed è da relativizzare? Come possono ritenersi continuatori della Riforma, del “Soli Deo Gloria“, quando al centro della loro attenzione c’è solo l’uomo, la cultura secolare, i movimenti della storia dai quali bisogna imparare ed ai quali bisogna adattarsi? Tutto il loro pensiero è impostato all’evoluzionismo filosofico e religioso, di cui il Cristo è solo un (malleabile) tassello. È quello che permette loro di considerarsi “evoluti” e “intellettualmente superiori” mentre noi saremmo solo dei “retrogradi”, degli “ignoranti”.
Tipico è anche il loro illusorio appello al “dialogo”, alla “pace”. Certo, parliamo di “guerra”, ma la nostra vuole solo essere una guerra di idee, di Weltanschauung, una guerra “culturale”. Non sono loro “il nemico”, ma chi sta spiritualmente loro dietro, perché, come dice Efesini 6:12 “il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti”. A che serve, però, dire questo: non lo capirebbero, lo traviserebbero. In ogni caso questa “guerra spirituale” non riguarda solo la chiesa valdese, ma è in corso in tutto il mondo. Potrei documentare.
E’ sicuramente conveniente, per loro, parlare di “pace” e di “dialogo”: non vorrebbero che nessuno li sfidasse, che si desse loro carta bianca. Contano che con le loro parole suadenti che parlano di “amore” possano rimanere lì dove stanno ed assorbire possibilmente chi li contesta. “Guardateci quanto amorevoli siamo… come potreste mai contestarci!”.
Si sa, però, che i nostri sono “vaneggiamenti”, “cripto-cattolicesimo” o chissà che altro. Che pena.
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