Noi valdesi abbiamo ancora qualcosa da dire e da dare ai nostri fratelli?

Riflessioni dopo un culto “etnico”

di Leonista

Ho partecipato a un culto in una chiesa “mista”, nel senso che all’incirca per metà è “etnica” – cioè formata da persone di una etnia non italiana – e per l’altra metà è una “normale” chiesa valdese. Sono tutti termini che mi lasciano perplesso, ma li uso per farmi capire.

In passato avrei pensato che contasse poco l’origine etnica dei membri di chiesa per la forma del culto: quando il pastore Geymet organizzava viaggi in Germania di valdesi delle Valli, il culto delle comunità tedesche non cambiava: tutt’al più c’erano delle parti tradotte in italiano e noi a un certo punto cantavamo il Giuro di Sibaud. Lo stesso quando la visita veniva ricambiata. Quando, durante la guerra, dei soldati tedeschi occupanti partecipavano al culto in una chiesa delle Valli (magari a pochi banchi di distanza da qualche partigiano, come racconta nei suoi libri Ettore Serafino), il culto era quello solito.

Oggi però mi sono evoluto e riconosco che, se al posto di uno degli inni dell’innario ai quali siamo ormai abituati c’è un canto di stile africano, ciò rispecchia la cultura di quei tanti fratelli e sorelle che vengono da quel continente e non intacca in nessun modo i fondamenti della nostra fede. Del resto, alle orecchie dei valdesi medioevali e anche di quelli che nel XVI secolo aderirono alla Riforma, sarebbero suonate bizzarre quelle melodie e quelle sonorità sette-ottocentesche che costituiscono gran parte del repertorio oggi ritenuto “tradizionale”.

Così ho ascoltato con interesse e partecipazione canti in lingue di cui non conoscevo neppure l’esistenza, accompagnati da movenze di danza. Ho ammirato l’entusiasmo di chi cantava, suonava e ballava, che contrasta con l’atteggiamento vagamente luttuoso-abulico di molti di noi europei abbiamo l’abitudine di tenere durante una riunione di culto. Certo, non sarebbe male che tutti potessero capire le parole di quei canti, così come tutti capiscono quelle degli inni in italiano, anche i nostri fratelli e sorelle di origine africana che per vivere in Italia devono più o meno conoscerne la lingua, ma, ecco, va bene così.

E mi sono detto: in questo culto la parte “africana” è ben visibile e sentita, ma –visto che l’assemblea è appunto mista –ci dovrebbe anche essere una parte altrettanto visibile e sentita “valdese” storica (poiché tutti i presenti sono di fede valdese)! Otto (o dodici…) secoli di storia dovrebbero lasciare qualche traccia. Che cosa c’era di “valdese” in questo culto?  La toga del pastore? I due inni “tradizionali” sopravvissuti? Un po’ poco, forse anche meno: gli inni sono comuni a tante denominazioni, alcuni anche a quella cattolica, la toga “di Ginevra” con le facciole è una tradizione riformata recepita dai valdesi e da molte altre denominazioni… oltre che dai giudici americani!

Poi, però, mi sono reso conto di cosa c’era di “valdese” nel culto: il fatto che il pastore dicesse instancabile “buona giornata a tutti e a tutte” “benvenuti e benvenute”, non mancasse mai di pronunciare gli aggettivi nei due generi, “contenti e contente”, “liberi e libere” ecc., mostrando un po’ di disagio su quelli che non cambiano al maschile e al femminile, come “consapevoli” e sembrava quasi chiedere scusa per non aver aggiunto “e consapevoli” o “ e consapevole”. Unica eccezione notata è la parola “peccatori” cui non è seguito “e peccatrici”, probabilmente per un residuo riguardo cavalleresco, che andrebbe messo al bando perché frutto di una cultura maschilista…

Alla fine, sono rimasto molto dubbioso nella mia riflessione. Noi valdesi riusciamo ancora a dire qualcosa di nostro, a dare qualcosa di nostro ai nostri fratelli (e sorelle, per carità!)? Tanti secoli e tante generazioni di coraggio e di fede significano ancora qualcosa o non sono più in grado di esprimere nulla di più di una qualsiasi congregazione nata l’anno scorso da più o meno volonterosi predicatori che conoscono più o meno la Bibbia?

4 commenti

    • questa storia del declinare al maschile e al femminile è una vera idiozia. L’ideologismo estremo genera questo. Anche perchè come si fa osservare nel pezzo che sto commentando, si dovrebbe declinare quasi tutto. Purtroppo questa Chiesa non è la sola che si tortura con questo genere di paranoia.
      In quanto al culto ibrido, diciamo la verità, ai valdesi non sembra vero ridurre la parte di culto in lingua italiana, visto la poca simpatia che questa chiesa ha per gli italiani. Per il resto c’è la patologia della liturgia debole tipica di alcune chiese della riforma (i battisti in particolare) che è ben riscontrabile in questa chiesa tutta burocrazia e niente ordine.

  1. Grazie per l’articolo e per la domanda proposta. A me pare che il fatto stesso di voler provare ad essere una sola chiesa, mettendo insieme lingue e culture molto differenti, sia una cosa molto bella e preziosa che noi valdesi (e metodisti!) stiamo dicendo e dando alle sorelle ed ai fratelli evangelici che vengono a vivere in Italia. “Essere chiesa insieme” non è per nulla scontato, anzi! La regola, nella stragrande maggioranza delle chiese del mondo, è di offrire ospitalità, certo, ma in spazi e tempi separati. 800 anni di persecuzione ed emarginazione ci hanno insegnato il rispetto della ricchezza umana e l’apertura al prossimo. Sono molto fiero della mia chiesa, soprattutto dei più anziani in essa, per la capacità di mettere tra parentesi vecchie abitudini ed aprirsi al nuovo, andando del tutto controcorrente rispetto al nostro Paese.

  2. Rosario, a declinare non c’è nulla di male, i problemi grossi non sono questi qui, se corriamo dietro ala mosca va a finire che ci scappano i buoi (e quando i buoi sono scappati allora si che sarà troppo tardi…..), quanto poi alla preferenza verso gli stranieri, che in qualche realtà potresti avere visto allora si che ci sarebbe da preoccuparsi però non conoscendo i particolari non posso certo dire si è così nè non non è. posso solo dire, in generale, che un italiano non dovrebbe essere considerato un cittadino di serie B solo per la mancanza di una cittadinanza straniera, che dire……

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