Anche quest’anno le chiese evangeliche italiane hanno partecipato alle iniziative della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La Settimana è un Evento ecumenico di carattere mondiale promosso congiuntamente dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dal Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, la Settimana del 2011 (18-25 gennaio) ha come tema “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane, nella preghiera” (Atti 2,42).
Quest’anno il materiale della Settimana è stato preparato da un gruppo di responsabili delle Chiese di Gerusalemme, tra gli altri, dal patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, Michel Sabbah, e da Munib Younan, vescovo della chiesa luterana di Giordania e di Terra Santa nonché presidente della Federazione luterana mondiale (FLM). Su questa base, la consulta delle chiese evangeliche di Roma ha organizzato un culto il 18 gennaio alle 19 presso la chiesa metodista, iniziato curiosamente senza invocare la presenza del Signore, ma con una video-intervista di Munib Younan e proseguito con vari momenti di preghiera e canto e il sermone del pastore valdese Antonio Adamo. Le offerte raccolte erano destinate a un iniziative del Younan a favore delle donne palestinesi.
Per capire chi parliamo, Younan e Sabbah sono due degli estensori dell’agghiacciante documento “Kairos Palestina”. Sabbah e “Kairos” hanno imperversato anche nel cosiddetto Sinodo della Chiesa Cattolica Romana sul Medio Oriente, al punto che diversi mezzi di informazione hanno descritto quel testo come “approvato” dal Sinodo.
“Kairos Palestina” è stato redatto alla fine del 2009 dai “Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme”, delle chiese greco-ortodossa, latina, armena ortodossa e armena cattolica, copta, siro-ortodossa, maronita, etiope, greco-cattolica, siro-cattolica, il “reverendissimo custode di Terra Santa”, e anche il vescovo anglicano e il vescovo luterano, Younan appunto.
Tanto per fare chiarezza, fin dal preambolo il documento “richiede alla comunità internazionale di sostenere il popolo Palestinese, che ha affrontato oppressione, spostamenti forzati, sofferenza e l’apartheid per oltre sei decenni. La sofferenza continua, mentre la comunità internazionale guarda in silenzio lo Stato occupante, Israele”.
Insomma, tutte le colpe sono degli ebrei e tutte le ragioni dei palestinesi.
Il documento, poi, afferma solennemente che “[l]a resistenza non violenta” agli israeliani “è un diritto e un dovere per tutti i Palestinesi, compresi i Cristiani”. Sarebbe interessante qualche esempio di ciò che si intende per “resistenza non violenta” perché è facile ricordare gli attentati dinamitardi, i rapimenti, i missili e le sassaiole (i sassi uccidono e prendere a sassate gli ebrei era antica usanza dei peggiori mussulmani sotto l’Impero Ottomano, e non solo). Quanto ai cristiani in territorio palestinese, sappiamo che il loro numero è precipitato allo 0,6% della popolazione, i protestanti allo 0,1%. Le cause di questo declino? Gli estensori di Kairos non hanno dubbi: colpa del conflitto latente, le cui cause sono attribuite al 100 % a Israele. Il fanatismo islamico – secondo “i patriarchi e i capi” cristiani – non c’entra per nulla. In Egitto la presenza cristiana, copta in particolare, si è dimezzata negli ultimi decenni (scendendo dal 20 al 10%): colpa degli ebrei anche lì ? Oppure le discriminazioni e le intimidazioni degli estremisti islamici sono la causa vera ? Nei territori palestinesi abitano coloro che sono pronti a farsi esplodere e soprattutto a convincere i figli dei poveracci a farlo, per uccidere gli ebrei. I signori patriarchi vorrebbero farci credere che invece trattano i cristiani con ogni riguardo… tanto che il loro numero è precipitato!
Bontà loro, ammettono che “c’è la resistenza Palestinese all’occupazione. Tuttavia, se non ci fosse occupazione non ci sarebbe alcuna resistenza, nessuna paura e nessuna insicurezza”. Per questi illustri prelati le centinaia di missili e gli attentati contro i civili e i soldati israeliani sono talmente trascurabili da non essere neppure menzionanti. In secondo luogo bisognerebbe capire cosa si intende per “occupazione israeliana”: se il problema è la presenza di militari in una parte piccolissima della cosiddetta Cisgiordania, o se il problema è che Israele esiste. Nei libri di scuola palestinesi, infatti, ogni città d’Israele, incluso Tel Aviv, è “territorio occupato”.
(1-Continua)
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