Nei giorni nei quali il mondo fa festa, per il cuore ferito il vero riposo consiste nel ritrovarsi all’ombra delle cure di Dio. Cure certe e sicure nel bel mezzo degli interrogativi che ancora risiedono nel cuore, nel bel mezzo della lotta continua contro la nostra stessa diffidenza, nel bel mezzo della solitudine nella tempesta senza ripari.
La solida base nella fiducia della misericordia di Dio sa trasportare l’anima in luoghi sicuri dove Dio stesso è la fonte della sicurezza scolpita nel cuore.
Come si può giungere a una tale sicurezza se non attraverso l’opera di Dio? Perché in quanto a noi stessi siamo degni solo di condanna, ma Dio si è compiaciuto di unirci a Cristo donandoci a lui: “perché egli dia vita eterna a tutti quelli che tu gli hai dati” (Giovanni 17:2). E con Cristo ci ha fatto partecipi di tutti i suoi beni: tutto quel che egli ha diventa nostro, persino la sua gloria: “Io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno” (Giovanni 17:22). Unendoci strettamente a lui, diventiamo una stessa realtà spirituale e a questo punto vien da chiedersi (avendo già però una risposta certa): in quale luogo trovare ciò se non vivendo come in un’apparente contraddizione, essendo cioè presenti nel bel mezzo del mondo e nello stesso tempo essendo uniti a lui saldamente da un legame indissolubile? Nel bel mezzo delle tempeste umane essere consapevoli della nostra ammirevole unione, benché sorpassi il nostro intendimento, è il traguardo supremo per noi che ci rendiamo progressivamente conto di essere dei semplici spettatori della volontà manifestata nei progetti di Dio compiuti in Gesù Cristo in nostro favore.
Daniela
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