di Paolo Castellina
Fra non molto tempo, un articolo come questo che ho scritto oggi (per altro, molto ‘normale’) sarà considerato discriminante e “omofobo” e mi porterà in tribunale.
In una democrazia, che cosa fate quando una certa idea, prima condivisa dalla maggioranza della popolazione, diventa di minoranza? Cambiate forse la vostra posizione per conservare “credibilità” oppure “influenza”, o semplicemente per non apparire “retrogradi” o persino “pazzi”, oppure conservate la vostra posizione?
Oggi sembra prevalere il presupposto che ogni sviluppo sociale e cambiamento culturale sia necessariamente “un progresso”. Parte delle argomentazioni che si sentono oggi fare, per esempio, in favore del “matrimonio” fra persone dello stesso sesso hanno a che fare con lo “stare al passi con i tempi”, con il progresso degli usi e dei costumi, con lo sviluppo della storia.
La Bibbia e l’esperienza, però, insegnano che non necessariamente ogni sviluppo nell’ambito della società, anche quello più condiviso, implichi un miglioramento della società. La scienza ha contribuito allo sviluppo della medicina, ma anche di tecniche sempre più sofisticate e distruttive per uccidere masse di persone (si pensi per esempio al napalm o al gas nervino).
Di fronte a importanti trasformazioni della “sensibilità” sociale e della morale bisogna certo avere senso del discernimento e disponibilità all’auto-critica. Ci siamo forse fin ora sbagliati? Certo, le chiese cristiane conservano molti imbarazzanti “scheletri nell’armadio” e devono ravvedersi da non pochi errori fatti nel passato. Bisogna però pure chiedersi: “Dio ha forse cambiato idea in certe cose”? Ci sono forse delle circostanze nelle quali possiamo credere che Dio abbia cambiato idea sul modo di essere salvati, sulla natura della grazia e del perdono, sugli stessi principi etici e morali che Egli aveva un tempo stabilito e che, oggi, cambiando i tempi ed i contesti, possono, anzi, devono cambiare?
Sono molti oggi a pensarlo. Tutto sembra essere diventato relativo e contingente. Sembrano valere solo “principi generali” orientativi e non normativi all’insegna del soggettivismo delle mutevoli opinioni personali e condivise. I cristiani, però, hanno sempre creduto nell’oggettività della Legge morale stabilita da Dio una volta per sempre e rivelata nell’ambito delle Sacre Scritture. Tant’è vero che è proprio rispetto a questa Legge che siamo e saremo giudicati da Dio e che può essere compresa l’opera salvifica di Cristo. Egli infatti, secondo l’insegnamento del Nuovo Testamento, l’Evangelo, è venuto per adempiere questa Legge e per pagare, morendo in croce, la pena che merita la sua trasgressione, e tutto questo per coloro ai quali Dio ha concesso la grazia della salvezza. Non esiste altro vangelo che possa essere chiamato tale. L’oggettività della Legge morale di Dio e dell’opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo è un dato incontestabile per chiunque voglia essere fedele a quello che è stato chiamato “l’Evangelo eterno” (Apocalisse 14:6).
Queste sono inalienabili verità che ci sono state trasmesse attraverso la Rivelazione. Il concetto stesso di rivelazione della volontà di Dio significa che essa sia eterna ed immutabile quanto Dio stesso. Essa non può essere interpretata a secondo delle convenienze del momento.
Componente non secondaria della Legge morale di Dio è l’istituzione creazionale del matrimonio, inteso come unione di un uomo ed una donna. Per i cristiani il Matrimonio non è un costrutto sociale variabile a seconda dei tempi e dei contesti, ma qualcosa di fondante per l’antropologia cristiana.
Mantenere così le nostre posizioni su questioni come il matrimonio in quanto condizione che Dio sin dall’inizio ha ritenuto ottimale come cellula di base della società e composta da un uomo, una donna e dai loro figli, non significa fare come i proverbiali struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia, cioè essere persone che rifiutano di accettare l’evoluzione dei costumi e di conformarvisi.
Il fatto è che oggi chi, anche fra i cristiani professanti dei “paesi evoluti”, intende rimanere fedele a questi principi sta diventando sempre di più una minoranza, anzi, il “residuo fedele” di cui parla la Bibbia, quello che, in tempi di apostasia, rifiuta di piegare le ginocchia di fronte ai simulacri del dio Baal, come fa la maggior parte della gente (Romani 11:5).
È molto difficile essere il “residuo fedele” – significa mantenere accesi nel focolare i carboni della verità cosicché essi possano essere riattizzati quando i più si accorgeranno di essere stati trascinati sulla via sbagliata e riscopriranno, ravvedendosene, quanto fosse salutare ciò che follemente era stato disprezzato o “riveduto” dagli inganni di un presunto progresso. I carboni accesi devono rimanere.
Il “residuo fedele” non è un’idea. È una comunità di persone determinata ad incarnare le verità che cerca di sostenere. Essa dev’essere la memoria vivente che testimonia a tutti che esiste un altro modo di vivere nello stesso mondo. Il “residuo fedele” non è passivo, cerca di stabilire la sua presenza in mezzo ad opposizione e disprezzo. Si impegna a porre di fronte al resto della società la verità che gli è stata affidata e sfida le menzogne che stanno plasmando il tessuto sociale. Continuerà ad evangelizzare il resto della società con l’Evangelo del Regno.
Come residuo fedele non voltiamo le spalle al resto della società che si sta allontanando sempre di più da ciò che crediamo essere i propositi di Dio per il vero progresso umano. Noi non attendiamo semplicemente il ritorno di Cristo che ristabilirà l’ordinamento di Dio. Noi “manteniamo le nostre posizioni”. Noi ci rapporteremo con la società mettendola di fronte, con la parola e l’esempio, qualunque ne sia il costo, all’eterna verità rivelata, chiamando ognuno al ravvedimento ed alla fede in Cristo.
Anch’io, per grazia di Dio, mi sento parte del “residuo fedele”, e sono felice perché “residuo” significa non essere soli a testimoniare della verità:
“che dimora in noi e sarà con noi in eterno” (2 Giovanni:2).