Tutti noi ci siamo deliziati, vedendo le scene epiche e leggendarie del film The Gladiator. Proiettato nelle sale cinematografiche italiane nel Maggio del 2000, la pellicola narra la storia romanzata del Generale romano Massimo Decimo Meridio (Marco Nonio Macrino?), tradito dal figlio ambizioso e parricida dell’Imperatore Marco Aurelio, Commodo, che si impossessa del potere con l’inganno e il tradimento. Massimo, creduto morto, riappare nell’arena polverosa del Colosseo come Gladiatore per vendicare l’assassinio della sua famiglia e del suo imperatore combattendo, pur ferito prima del duello finale, contro il perfido Commodo. È nota la frase: “un generale che divenne gladiatore, un gladiatore che sfidò l’Imperatore”. Film epico, in cui viene esaltato il senso dell’onore, della lealtà e del coraggio contro l’animo cospiratore e contro chi medita l’inganno, richiama alla mente del cristiano la condotta impavida del credente che lotta contro ogni forma di ingiustizia e prevaricazione esistenti nelle chiese, mimetizzate con i valori cristiani. Coloro che perseguono finalità utilitaristiche nell’abbracciare l’evangelo stanno percorrendo la strada della simonia. Costoro stanno tradendo l’evangelo. Ancora una volta Gesù è tradito da uno dei suoi, o che per lo meno, si definisce tale. Si rinnova nella storia della Chiesa il tradimento di Giuda. Il traditore è in mezzo ai cristiani. Egli sembra offrire la sua amicizia (il bacio!!!), sembra combattere per la stessa causa, ma in realtà i suoi obiettivi sono il successo e l’autocompiacimento, il possesso del potere, abusando del nome di Gesù. Si, nelle chiese camminano insieme ai cristiani parecchi, anonimi Giuda, persino e soprattutto nella leadership.
Ma in realtà come possiamo tracciare un identikit del cristiano che sta tradendo l’Evangelo?
Innanzitutto, nelle formulazioni biblico-teologiche. Voglio iniziare con il liberalismo teologico. E’ risaputo che esso afferma che la Bibbia non è Parola di Dio, ma la contiene, la Bibbia è un libro umano incrostato di diverse stratificazioni culturali, necessitando l’epurazione da queste incrostazioni per ritornare alla “Ipsa Vox Dei”. Inoltre, il liberalismo teologico acquisisce modelli culturali estranei al mondo concettuale della Bibbia, modificandone il suo significato originario. Tale procedura esegetica suona come un vero e proprio tradimento dell’Evangelo. L’Evangelo viene spogliato delle sue caratteristiche preminenti come l’attendibilità e la sua storicità con le sue relative affermazioni sui prodigiosi interventi di Dio nella storia sacra.
Accanto il Liberalismo possiamo porre la concezione teologica ipercalvinista con le sue asfissianti sovrastrutture teologiche della doppia predestinazione. Coloro che si appropriano di tali categorie teologiche pseudo evangeliche spostano l’accento dalle affermazioni bibliche della sovranità di Dio e della responsabilità dell’uomo nell’economia della salvezza a quelle greco-latine del Deus ex machina, ossia una concezione deterministica dell’agire di Dio nell’opera salvifica dell’Uomo e nella sua condanna senza contare la risposta umana. È Dio che decide e l’uomo è fatalmente ingabbiato in questa “eterna” decisione divina. Tra coloro che sostengono tale teologia prevale un pedante dogmatismo e un fastidioso legalismo. Ancora una volta l’Evangelo viene tradito.
E che dire del Dispensazionalismo e del Fondamentalismo? Benché i sostenitori di questo impianto teologico sostengono l’ispirazione totale della Bibbia (contro il Liberalismo) e la sua unicità e storicità, essi accentuano una periodizzazione della storia sacra attraverso una interpretazione rigorosamente letteralista del testo sacro con una sensibilità di tipo razionalista, accentuando aspetti dottrinali marginali e di dubbia validità biblica, crollando in un odioso moralismo e legalismo. Ancora una volta constatiamo che l’Evangelo è tradito.
In questa brevissima disamina non si possono non nominare i movimenti mistici ed estatici, ossessionati dai miracoli spettacolari e dalle esperienze “celestiali” della glossolalia e della profezia e quella più terrena della prosperità, che immaginano il Signore come un generoso elargitore di poteri “magico-religiosi” e di beni materiali ogni volta che ascolta il tintinnio di un grosso quantitativo di monete versato dai credenti nelle casse della chiesa. Il motto è: ”più denaro dai e più ricevi” a mo’ di albero di Pinocchio quando fu ingannato dal Gatto e la Volpe, seminando i suoi cinque zecchini nel campo dei miracoli sperando che essi si producessero un grosso quantitativo di zecchini. Anche queste forme aberranti della teologia della prosperità tradiscono l’Evangelo.
Da questa fosca panoramica concettuale della comprensione dell’Evangelo, possiamo dire che le Chiese vivono una forte crisi di fede, perché l’Evangelo è stato tradito e vilipeso e adulterato. Atri evangeli hanno preso posto dell’unico Evangelo che è potenza e giustizia di Dio.
È necessario ritornare alle origini del Cristianesimo, valutare e rivalutare la persona e l’opera di Gesù spogliata di tutte quelle sovrastrutture che sono state aggiunte nel corso dei secoli e che la Riforma ha cercato di espungere. È necessario riagganciarsi al Gesù storico e valutarlo nella sua umanità e nella sua divinità, per poterlo lodare come il Glorificato: il Gesù sacramentato della Chiesa Cattolica è anche presente sotto altre forme nelle chiese evangeliche.
Le sovrastrutture sono varie, individuabili nell’organizzazione, nel sistema dottrinale e nella vita sociale. Innanzitutto, credo che si possa parlare di una sorta di “Papato” nelle Chiese evangeliche, ossia l’accentramento e l’abuso dei poteri conferiti dal Signore ai loro dirigenti. Si viene a creare una sorta di gerarchia ecclesiastica con una sensibile divisione tra il “Clero” e i credenti.
Un secondo elemento pseudo evangelico è l’assoluta e vitale importanza data al sistema dottrinale. La dottrina sostituisce Cristo e tutta la vita della Chiesa ruota attorno ad essa quasi ad assumere un tacito valore di Ente Divino impersonale salvifico. Vale l’espressione: “la Dottrina o la sana Dottrina salva”. L’accento si sposta da Cristo che è l’autore della salvezza alla dottrina che interpreta il mistero di Cristo. Dunque, non si è salvati più da Cristo , ma dall’adesione ad un sistema dottrinale. Io vedo una similitudine tra questo sistema teologico e la polemica di Paolo con i Giudaizzanti: come quest’ultimi si trinceravano dietro la sacralità della legge, così oggi diversi Evangelici si nascondono dietro la “sacralità” della Dottrina, credendo di fare cosa gradita al Signore e dimenticando che l’amore per Dio e per il prossimo sono il cuore dell’Evangelo. Questo tipo di evangelici, dirigenti e semplici credenti, si sono adagiati ad una concezione della salvezza che un grande teologo del XX secolo definisce “Grazia a poco prezzo”, grazia a buon mercato, perché non è la Grazia a trionfare, ma il vigile istinto religioso dell’uomo sempre pronto a trovare il luogo dove si può ottenere la Grazia nei saldi del variopinto mercato religioso: “Ci siamo raccolti come corvi attorno al cadavere della grazia a buon prezzo, da essa abbiamo ricevuto il veleno che fece morire tra di noi l’obbedienza a Gesù” (Dietrich Bonhöffer – Sequela- Queriniana ed, Brescia, 1975, pag.32)).
Un terzo elemento pseudoevangelico è la vita “monastica” di alcune chiese. I membri di queste chiese sotto l’insegnamento della loro leadership vivono arroccati nelle loro case e nelle loro chiese a mo’ di monaci, non vogliono avere a che fare con il “mondo”, dando a questo termine un significato diverso da quello che Gesù diede nella sua predicazione. Si vieta di frequentare luoghi di divertimento, ci si estranea dalla vita politica e intellettuale e dall’impegno civile, c’è una manifesta avversione alla cultura. Soltanto la Bibbia è il testo di lettura e i credenti la gente da frequentare. Il contatto con i “pagani” si ha quando si va sul posto di lavoro, nelle campagne di evangelizzazione o nel rapporto coatto con le istituzioni.
Si può aggiungere anche il concetto di evangelizzazione che alcune chiese hanno. L’evangelizzazione in termini biblici è la proclamazione autorevole in parole e in azioni dell’avvento del Regno di Dio, di cui Gesù ha parlato durante il suo ministerio e che è già in atto nella Sua persona. Ma queste chiese hanno trasformato il concetto biblico di evangelizzazione in concetto religioso di proselitismo.
Le chiese si contendono i simpatizzanti e i neocredenti come merce acquistata durante l’ “evangelizzazione”. È una vera lotta espansionistica. Le persone perdono il valore di essere persone, assumendo il significato economico di acquirenti di un prodotto religioso lanciato nel chiassoso e multicolore mercato delle religioni e di contribuire per incrementare il bilancio economico delle chiese o risanare il deficit economico. Il Cristianesimo viene ridimensionato alla stregua di qualsiasi altra religione.
È doveroso, inoltre, accennare al concetto di colonizzazione che coesiste insieme con le strategie evangelistiche delle società missionarie straniere. Colonizzare significa, in genere, fondare una colonia in terra straniera, stabilire insediamenti a scopo di sfruttamento economico e per introdurre un diverso tipo di civiltà, tenere in stato di dipendenza amministrativa, culturale e religiosa. Nella nostra accezione religioso-cristiana significa introdurre in un popolo straniero da parte di una missione, usi e costumi dottrine proprie di un movimento religioso non tradizionale. Questi missionari a stento riescono a tollerare la vita sociale e culturale locale, cercando anche di snaturalizzare la regionalità dei credenti. I missionari stranieri dovrebbero seriamente riflettere sulla missione e sull’essere missionari, prendendo come esempio missionari come Leonardo Navarra morto circa venti anni fa in Zinder, la seconda città del Niger, fra i suoi “figli”. Leonardo ha dato tutto se stesso: i suoi averi, si è tolto i panni dell’occidentale, vivendo da indigeno, parlava bene il loro dialetto, era chiamato dagli abitanti del villaggio “Malla Mourna”(Maestro Felice) e godeva di tutti i “confort” di un villaggio povero africano. Ai missionari nostrani interessano più i numeri che le persone. Sembra la vita missionaria e pastorale più una professione che una vocazione. A loro interessa popolare le loro sale e mandare dati e cifre alle sedi centrali. Questo tentativo di affermazione di sovrastrutture pseudo evangeliche causa spesso l’appiattimento mentale di molti credenti, il loro modo di parlare è stereotipato, non vivono relazioni sociali armoniose, c’è in loro quasi uno sdoppiamento della personalità. Tutto questo non è cristiano, è tradire l’Evangelo, si rischia di cadere nel settarismo più cupo (c’è una somiglianza formale tra questi credenti e i Testimoni di Geova).
Cosa fare allora? Quali strategie adottare perché l’Evangelo non venga ancora tradito?
Credo che sostanzialmente debbano essere considerati due azioni di intervento:
la prima riguarda l’intervento coraggioso dei dirigenti che operano all’interno di queste chiese promovendo una forte, pungente autocritica, con una analisi cosciente del proprio operato alla luce di una lettura biblica scevra da precomprensioni biblico-teologiche e di preconcetti dottrinali, un’analisi onesta, personale: un lavoro esegetico paziente, meticoloso aperto a diverse possibilità di comprensione del testo biblico porterà senz’altro sostanziali modifiche.
La seconda azione di intervento riguarda il ritorno coraggioso allo stile di vita della Prima Chiesa così come viene descritta in Atti 2:42-47:
“Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli Apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune: chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa e godevano la simpatia di tutto il popolo …”E’ necessario che i credenti, dirigenti e semplici cristiani, prendano coscienza di questo drammatico fenomeno pseudevangelico e porvi coraggiosamente rimedio per affermare autorevolmente la libertà del cristiano.
Infine, considerare il dialogo e la comunione dei credenti un salutare mezzo di sviluppo umano e spirituale.
“…Ora il Signore è lo Spirito, e dov’è lo Spirito , lì c’è libertà”.
NOTA DELLA REDAZIONE: ringraziamo Paolo Brancé per questa lunga riflessione, ricca di spunti interessanti. È utile per tutti chiedersi se il proprio modo di vivere l’insegnamento di Gesù sia adeguato, sincero, a Lui gradito. D’altra parte bisogna anche guardarsi dagli atteggiamenti ipercritici verso gli altri, dai quali anzi quasi sempre c’è qualcosa da imparare.
Lascia un commento