Lettera di un anno fa al Direttore di Riforma
Egregio Direttore,
al nostro Appello al Sinodo per la fedeltà alla Confessione di Fede , ha affiancato una sua “nota” nella quale, precisando che lo pubblicava “in quanto crediamo nella libertà di informazione”, negava la veridicità delle nostre affermazioni (“non mi risulta”, era la formula). Se l’intento era evitare che su Riforma comparissero notizie false, c’era il tempo di farcele presente perché le correggessimo nei tre giorni trascorsi dall’invio del nostro appello alla “chiusura” del settimanale. Invece l’appello è uscito affiancato dall’autorevole attestazione del Direttore che ci accusava di dire cose “che non risultano”. Anche per questo, ringraziamo i fratelli e le sorelle che hanno sottoscritto l’appello non lasciandosi influenzare dalla “nota” o da altre pressioni.
Ora, anziché approfondire o fare altri ragionamenti, siamo così costretti a difenderci dalle accuse, ribadite anche sul quotidiano Repubblica, di dire cose “che non risultano”.
In particolare, a lei, direttore, “non risulta” che il pastore Alessandro Esposito abbia negato pubblicamente la Trinità e la divinità di Cristo e cita il suo articolo su Riforma del 12 marzo scorso, dove però, persino nel sommario, si legge “Ci si può dire cristiani anche se si hanno riserve sul dogma trinitario”. Nell’articolo il pastore scrive, tra l’altro: “che vi fu una parte del movimento cristiano che non riconobbe la divinità di Gesù” e “ritengo, a differenza di quanto sostiene il professor Ricca, che sia possibile dirsi cristiani anche astenendosi dallo sposare senza riserve la prospettiva trinitaria” e ancora, pur reputando “fondamentale che il Dio creduto e confessato dai cristiani sia quello rivelato da Gesù, sono altresì persuaso che ciò non significhi, necessariamente, confessare Gesù come Dio”. Ci sembra a questo punto che quanto affermiamo “risulti” eccome. Ma non basta. In vari siti Internet si discute da mesi di un intervento del pastore Esposito nel forum della chiesa di Trapani, in cui afferma che “non vi è alcuna testimonianza riconducibile ai Sinottici attraverso cui si possa riconoscere che Gesù è Dio”, ma la confessione di fede valdese la pensa diversamente, poiché dei nove passi che cita a prova della divinità di Gesù Cristo due vengono dai Sinottici. Continua Esposito: “Ma Gesù è Dio”? Secondo la maggior parte delle chiese cristiane (inclusa quella valdese) sì. Vi sono, effettivamente, dei passi del Nuovo Testamento che possono far propendere per questa risposta…” ma “vi sono infatti (e sono molti di più) altri passi neotestamentari attraverso i quali si comprende chiaramente che Gesù non è presentato né predicato come Dio. È un dato di fatto, non un’ipotesi di lavoro”. Non siamo noi, ma è Esposito ad affermare di pensarla in modo diverso dalla Chiesa Valdese. Né si ha notizia alcuna di smentite; il pastore Esposito potrebbe però risolvere alla radice l’incomprensione (se d’incomprensione si trattasse), dichiarando esplicitamente e pubblicamente che crede nella Trinità e nella divinità del Cristo come lo professa la Chiesa Valdese nel suo credo. Il modo in cui si considera la figura di Gesù non è una sottigliezza teologica: i mussulmani lo ritengono un grande profeta, unitariani e Testimoni di Geova lo ritengono figlio di Dio ma non divino, ad esempio. Ma noi non siamo né mussulmani, né unitariani né Testimoni di Geova.
Non le “risulta neppure che il pastore Esposito abbia definito” quanto avvenuto a Trapani fra le due donne tedesche “un matrimonio”. Facciamo riferimento al giornale che ha diffuso la notizia, Repubblica, edizione di Palermo dell’8 giugno (nel sito della Chiesa Valdese di Trapani è pubblicato senza commenti o smentite). Sotto un titolo a tutta pagina A Trapani le prime Nozze Gay in Chiesa , c’è anche un’intervista al pastore.
Domanda: “È la prima volta che in Italia un pastore protestante “celebra” un matrimonio omosessuale… Lei non teme che la chiesa valdo-metodista possa prendere provvedimenti disciplinari nei suoi confronti?”
Esposito risponde: «In tutta onestà, no. Ho provveduto ad informare tanto il mio consiglio di chiesa, al quale rispondo per tutto ciò che attiene alla mia attività pastorale, quanto la Tavola Valdese, per così dire il nostro “esecutivo” a livello nazionale, che hanno espresso congiuntamente il loro consenso».
Domanda: “In Italia vige un accordo con lo Stato per cui, come i matrimoni cattolici, anche quelli protestanti hanno effetti civili: ciò vale anche per il matrimonio fra due coniugi dello stesso sesso ?”
Esposito risponde: «Per ovvi motivi, no. Se un´unione non è sancita dalle leggi dello Stato, la chiesa valdese può celebrare, come di fatto è avvenuto, soltanto una benedizione, la quale ha valore sotto il profilo ecclesiastico e, ritengo, civico, ma non possiede effetti civili. Certamente, anche sotto l´aspetto simbolico, credo che la scelta operata dalla nostra comunità sia eloquente e va, senza dubbio, nella direzione del pieno riconoscimento dei diritti civili per le coppie omosessuali, che auspichiamo e chiediamo».
Insomma, le domande parlano di matrimonio e il pastore, per due volte non nega, né l’ha fatto in seguito, ad esempio nel suo articolo pubblicato da Riforma il 19 agosto, dove pure lamenta che le sua affermazioni sono state (da noi) “non correttamente riportate”. Ammette che, a causa delle leggi italiane, “non possiede effetti civili” e solo per questo “di fatto” è una benedizione. Ma se fosse davvero una benedizione e basta, non avrebbe senso precisare che non ha effetti civili! Qualcuno pensa che una preghiera, un sermone, il canto di un inno di lode possano avere effetti civili?
Infine, se si trattava semplicemente di una “benedizione”, ovvero se “a Trapani si è solo pregato” come l’Ansa ha intitolato il comunicato stampa della Moderatora, perché il “massimo riserbo”, l’anonimato delle due donne, gli addobbi floreali e così via ? E’ diventato così complicato pregare nella Chiesa Valdese ?
Insomma, direttore, è lei a scrivere cose che “non risultano”.
Teniamo infine a tre precisazioni.
In primo luogo, non siamo contrari all’accoglienza nei confronti degli omosessuali nelle nostre comunità, come d’altra parte pensiamo che la Chiesa debba accogliere tutti i peccatori per qualsivoglia peccato (compreso ovviamente noi stessi) a condizione che si pentano e chiedano perdono a Dio; diverso è la benedizione di un comportamento “censurato” dalla Bibbia il che equivarrebbe ad affermare che la Chiesa è favorevole a tale comportamento, anzi lo “benedice”. Riteniamo che il problema del riconoscimento liturgico delle unioni omosessuali debba essere dibattuto in Sinodo alla luce dei testi biblici (e non solo dei recentissimi documenti sinodali in merito) per arrivare ad una posizione chiara alla quale le varie comunità possano fare riferimento, come la stessa Moderatora suggerì nel comunicato sui fatti di Trapani. Il Sinodo ha invece deciso diversamente, affidando la scelta alle chiese locali, che nel nostro ordinamento di tipo presbiteriano non ne hanno competenza. Notiamo inoltre che se queste cose prima si fanno e poi si discutono, viene meno ogni vincolo fra le Chiese, sancito da tempo immemorabile nella Chiesa Valdese. È perciò curioso che Gino Lusso accusi proprio l’Appello di “violare intenzionalmente” le nostre “norme regolamentari” e che alcuni membri del Consiglio di Chiesa di Imperia affermino che “offende tutti coloro che vogliono una chiesa libera”. Appellarsi “umilmente al Sinodo” non ci pare violi nulla (lo si poteva fare con i monarchi assoluti), né richiamare alle norme che la Chiesa si è data dovrebbe offendere chi vuole la libertà, a meno che per libertà si intenda anarchia e libertà di contraddirsi. Facciamo inoltre notare al pastore Esposito che ci accusa di “considerare l’omosessualità alla stessa stregua… dell’accoppiamento con animali, che noi ci siamo limitati a chiedere al Sinodo di tenere conto anche di Levitico 18, dove le due cose, sono entrambe citate. Sta a chi decide che uno dei comportamenti vietati da quel passo va invece solennemente benedetto dalla Chiesa di spiegare se gli altri sono anch’essi da benedire o no.
In secondo luogo, ben coscienti che la Bibbia non possa sempre essere presa in senso letterale, facciamo presente che neppure rovesciarne a piacimento gli insegnamenti possa essere una via condivisibile. Quanto alla citazione di Levitico 18 (potevamo citare I Corinzi 6:9-11; Romani 1:18-27, scritti in un periodo dove l’omosessualità era non solo tollerata, ma lodata da fior di filosofi e poeti) volevamo solo fare notare che le parole sull’omosessualità erano affiancate a quelle sull’incesto, l’adulterio (lo ricordiamo al professor Rochat che ci accusa di ignorare l’adulterio), ecc. e non è così agevole, almeno per noi, capire che nello stesso versetto una proibizione è da rifiutare totalmente e un’altra invece sempre attuale.
Infine, abbiamo letto e sentito molte critiche sulla citazione della Confessione di Fede del 1655. Coloro a cui non piace, non se la prendano con noi, ma con i sinodi degli ultimi quattro secoli che non l’hanno rinnegata o cambiata, o con la Chiesa stessa che la pubblica al primo posto nella sezione “Cosa crediamo” del sito della Chiesa Valdese, così come nella “Raccolta delle discipline vigenti” e la fa sottoscrivere, anche nel 2010, ai pastori consacrandi.
Con un saluto fraterno,
Agosto-Settembre 2010
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