Legge anti “omofobia” – Il diritto negato all’obiezione di coscienza

di Paolo Castellina

In Paesi dove sono in vigore le cosiddette “leggi anti-omofobia” sono sempre di più incriminati per “discriminazione” coloro che, facendo obiezione di coscienza, esprimono il loro dissenso al riguardo dei matrimoni fra persone dello stesso sesso, rifiutandosi di personalmente collaborare alla loro celebrazione. Questo avviene contro ufficiali dello stato civile che, per motivo di coscienza, non intendono celebrarli, come pure ministri di culto e comunità cristiane locali.

Vi sono casi in cui sono stati ora persino incriminati tipografi, fotografi e fiorai che non vogliono avere a che fare con questi “matrimoni” a causa delle loro profonde persuasioni religiose avverse. Lo stesso avviene nel caso di albergatori cristiani che non intendono affittare camere matrimoniali a coppie omosessuali.

La legge vorrebbe costringere a rendere i servizi richiesti da coppie omosessuali anche se questo va contro le persuasioni di chi offre questi servizi e, se si rifiutano di farlo, sono sanzionati pesantemente. Con il pretesto della difesa dei diritti delle persone omosessuali, si fa così uso delle nuove “leggi anti-omofobia” come grimaldello per imporre sull’intera società l’accettazione dell’ideologia omosessuale, vale a dire la sua presunta “normalità”, che non solo viene data per scontata (quando scontata non è) ma sul presupposto che delle leggi civili siano sufficienti per convalidarla e promuoverla. Come viene garantito (ma non sempre) il diritto all’obiezione di coscienza a quei medici e personale infermieristico che non intendono collaborare alla pratica dell’aborto legalizzato (comunque intesa e comunque regolata), oppure per chi si oppone all’uso delle armi e alle guerre rifiutandosi di partecipare al servizio militare, così deve essere pure garantito il diritto all’obiezione di coscienza a chi non intende collaborare a favorire in qualunque maniera l’omosessualità (per quanto dicano le leggi civili). Il rispetto e la protezione della coscienza individuale, della libertà religiosa e di espressione delle proprie persuasioni deve essere salvaguardato tanto quanto si ritiene di dover salvaguardare e proteggere i diritti civili degli omosessuali.

Come si vorrebbe negare ad ufficiali di stato civile e ministri di culto il loro diritto all’obiezione di coscienza, si tende oggi a far apparire come “ridicolo” oppure riprovevole e causa di indignazione, il diritto di tipografi, fiorai e fotografi con persuasioni religiose contrarie, di rifiutarsi di rendere i loro servizi quando delle coppie omosessuali intendono celebrare il matrimonio che nuove leggi civili loro consentono. Invece che rispettare la loro coscienza dei primi e rivolgersi ad altri differenti fornitori di servizi, alcuni, con rabbia e persistenza persecutoria, si rivolgono alla magistratura per imporre loro di acconsentire e, se non lo fanno, vorrebbero che fossero assoggettatii a severe sanzioni. Non sopportano l’idea che “ancora” qualcuno creda che l’omosessualità sia peccato e vorrebbero che tutti fossero obbligati, con le buone o con le cattive, alle loro “conquiste”.

Certamente una qualsiasi transazione commerciale con una persona omosessuale non è cosa che possa “contaminare” chi la attua. Il gestore di un negozio di utensili che gli fornisca un martello e per questo sia regolarmente pagato, non è cosa che tocchi scrupoli religiosi. L’apostolo Paolo insegna esplicitamente che vivere nello stesso mondo con coloro che la legge di Dio considera fornicatori, avari, ladri o idolatri, e trattare con loro, non è un problema. “Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl’idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo” (1 Corinzi 5:9-10).
La questione, però, qui non sono i rapporti commerciali. Tipografi, fioristi, fotografi ed albergatori cristiani hanno tutto il diritto a rifiutarsi di prestare loro servizio. La questione qui non sono le transazioni commerciali, ma l’approvazione sociale. Quello che vorrebbero molti omosessuali non è il servizio che dovrebbe essere loro reso, ma voler essere approvati ed applauditi “per legge” da tutti per quello che sono e fanno.

Il compito di un fotografo di nozze è quello di far apparire glorioso l’avvenimento, esaltarlo e celebrarlo agli occhi della società. Il suo compito è quello di far apparire quella coppia come felice – anche quando il suo Dio, la sua Bibbia, la sua chiesa, la sua moglie e la sua coscienza tutti gli dicono che un tale avvenimento è infelice e miserevole per definizione. Quando il fotografo fa bene il suo lavoro egli adorna l’evento. Per presentarsi e così adornarlo egli deve violare la sua coscienza. La questione non è la macchina fotografica, la questione è la celebrazione.

Alcuni cristiani pensano di dover essere assolutamente separati e che sarebbe moralmente problematico anche vendere loro un martello, che questo vorrebbe dire “abilitarli”. La Scrittura, però, ci dice di non preoccuparci della “abilitazione”, ma che noi dobbiamo tracciare una chiara linea divisoria quando si tratterebbe di approvarli. Ecco perché dice: “quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare. Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio” (1 Corinzi 5:11-13).
Quello che il cristiano deve evitare è di manifestare in qualche modo approvazione per ciò che Dio considera immorale. Il negoziante, in ogni caso, deve avere il diritto legale di vendere o non vendere i suoi prodotti, quello di cui è proprietario, come, quando ed a chi lo ritenga opportuno. Gli scrupoli del cristiano sulla questione della “celebrazione” sono altrettanto fondati.

Certe professioni che circondano le nozze sono celebratorie per la loro natura stessa e svolgendole, essi partecipano e promuovono “la gioia” dell’avvenimento. Potrebbero allora dei cristiani essere forzati a “celebrare” qualcosa che per loro Dio ha dichiarato che non dovrebbe mai essere “celebrato”? Ecco il motivo della questione. Un fotografo o un tipografo, che altrimenti riprendesse o stampasse trattati evangelistici che indicano come l’omosessualità sia un peccato dal quale siamo chiamati a ravvedersi, come si concilierebbe con le “celebrazioni” che pure promuoverebbe di un matrimonio fra persone dello stesso sesso, per quanto legale sia?

Sicuramente, se potessero, quegli omosessuali farebbero pure in modo che la produzione di quel materiale evangelistico fosse loro impedita per legge! In quella direzione stanno espressamente andando. Ecco allora che la vera questione in gioco non sono i loro “diritti” ma i loro propositi a che tutti, nessuno escluso, li applaudano e celebrino per quel che sono e fanno; e, se alcuni non sono d’accordo di farlo, ne siano costretti con la forza della legge.

Se non è tirannia questo…

1 commento

  1. i gestori di hotel hanno un altro grosso problema in ogni caso: in tempi come questi, come si ritrovano quando viene chiesto il loro servizio da coppie di fatto o peggio ancora occasionali? anche tranquillamente eterosessuali, poichè sappiamo perfettamente che la convivenza o peggio ancora i partner occasionali sono vietati sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento (sarebbe diversissimo il caso limite di una coppia costretta a essere coppia di fatto perchè le leggi delpaese di origine vietano il matrimonio tra strati sociali diversi (si pensi alla piaga delle caste indiane, mi sembra siano ancora purtroppo in vigore), ma comunque questo non è (o forse dati i tempi farei meglio a dire non ancora è) realtà europea e americana. che dire…..

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