di Daniele Arghittu
Gran folla di spettatori, al Sinodo valdese, questa mattina: l’argomento era il più atteso, la benedizione delle unioni omosessuali. Si sono susseguiti interventi di tenore diverso, ma ogni decisione è stata rinviata alla sessione di giovedì pomeriggio. Questa sera alle 21, tuttavia, il Corpo pastorale sarà consultato sulla materia da una Commissione d’esame, presieduta da Daniele Garrone e composta da cinque membri.
Parte della discussione è stata riservata alla necessità – o meno – di rispettare la lettera biblica. Lo stesso Garrone, studioso dell’Antico Testamento, ha sgombrato il campo dai pregiudizi: «I sodomiti non erano omosessuali, ma eterosessuali» e poi ha sostenuto, con dovizia di esempi: «Non ci salverà nessun biblicismo, né da parte conservatrice né da parte progressista».
Il pastore di Pinerolo Gianni Genre, concludendo un articolato intervento, ha rilevato: «Se siamo qui è perché un falegname di Nazareth antepose al rispetto letterale della Legge la dignità di una ragazza, che avrebbe dovuto essere lapidata per adulterio».
La pastora Daniela Di Carlo ha sottolineato come gay e lesbiche siano da tempo parte integrante delle comunità, che non si possono permettere di perdere il loro contributo. Poi, citando Paolo Ricca, ha evidenziato: «La Bibbia non è la Parola di Dio, nella Bibbia si trova la Parola di Dio. Il nostro compito è “scavare” per liberarla dalla stratificazione della cultura».
Dopo l’intervento di Francesco Boschi, omosessuale e delegato al Sinodo, che ha spiegato l’importanza profonda della benedizione per una coppia gay, si sono succeduti altre opinioni di segno opposto, dal pastore Samuel Kpoti, pastore della comunità di lingua francese a Roma («La famiglia è composta da due persone di sesso opposto. Non dobbiamo aprire le porte delle nostre Chiese a problemi che creano divisioni») e Maurizio Abbà, pastore di Ivrea («Serve una riflessione più approfondita. Si deve procedere tutti insieme, senza fughe in avanti, altrimenti ci sarà un passaggio di coppie omosessuali da una Chiesa all’altra, per poter avere quello che considerano un “servizio”»).
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