Le lezioni a senso unico dei nostri oppositori

Abbiamo pubblicato anche il secondo scritto di Ignazio Di Lecce. Prima ancora di pubblicare il precedente, gli avevamo scritto:

“Lei sostiene strenuamente le posizioni ufficiali della chiesa valdese ed è ovviamente suo diritto. Come giudica il fatto che noi pubblichiamo le sue opinioni mentre gli organi della Chiesa censurano e condannano solennemente quelle nostre?”

Il fratello Di Lecce ci aveva risposto, senza però dire nulla sulla nostra specifica domanda (la sua risposta è qui al termine del pezzo). Come già molti altri, anche Di Lecce è pronto a criticare nostri atteggiamenti e parole ma, quando dall’altra parte si fa molto di peggio e proprio nei nostri confronti, non c’è altrettanta prontezza e sollecitudine nell’accorgersene. Ad oggi, non abbiamo notizia di neppure un intervento – che non sia venuto da noi – nei confronti della censura di Riforma o di certi atteggiamenti dei vertici ecclesiastici.

Ad esempio, Ignazio Di Lecce continua a dare addosso al pastore Castellina criticando in generale il pensiero di Marcello Veneziani. Però, guai se Castellina parla in generale dell’atteggiamento prevalente nella Chiesa Valdese. Non viene mai in mente che per anni gran parte della nomenklatura valdese si è schierata dalla parte dei gulag e dell’impero sovietico che ha portato guerra in tutti i continenti. Queste – per loro – sono sciocchezzuole: il fatto che Marcello Veneziani abbia letto i libri di Evola invece è una macchia indelebile. E quel che è più grave, le prese di posizione di quei signori non erano scelte politiche personali: in quel caso sarebbero fatti di ciascuno e, si sa, in politica è pressoché fatale commettere degli errori, sostenere qualcosa o qualcuno che poi si rivela diverso da come sembrava. No! Tutte quelle prese di posizione erano prese “come evangelici”, “alla luce dell’Evangelo”, magari dicendo che Gesù avrebbe fatto lo stesso! E chi non le condivideva – di conseguenza – era più o meno esplicitamente accusato di essere contro l’Evangelo.

Il fratello Di Lecce ci chiede di comportarci “in modo dialogante” anche per togliere “ogni alibi a certe eventuali tendenze di chiusura”. Diciamo allora che coloro che ci considerano e ci trattano da nemici, impedendoci l’accesso agli organi di informazione della Chiesa, facendo approvare censure sinodali con false accuse e forzature, di alibi non ne hanno proprio nessuno! Aggiunge che “se un episodio di chiusura c’è stato, si dovrebbe cercare di risolverlo mostrando con grande carità atteggiamenti di ascolto e di confronto, sia pur difendendo anche strenuamente le proprie posizioni. Almeno al catechismo mi hanno insegnato così.” Giusto, e infatti abbiamo tentato di fare questo in tutti i modi: il risultato sono la condanna sinodale, attacchi personali con notizie false, chiusura e pressioni su tutti coloro che sono sospetti di darci una mano. Un po’ come facevano le autorità sabaude contro i “banditi” di Giosuè Gianavello. Fratello Di Lecce, non si è chiesto se anche lor signori hanno sentito queste cose al catechismo, come lei? O avevano l’esonero dal catechismo in nome della laicità? E, ci permetta, paragonare le nostre “invettive, le accuse di apostasia” alle “fiamme sinistre… di persecuzioni che vorremmo esserci lasciate alle spalle” è davvero stravagante, mentre decisamente offensivo è accusare il pastore Castellina di non aver studiato la storia valdese.

Al di là di tutte le opinabili dispute, ci dovrebbe essere un terreno di confronto su cui trovarsi: quello della verità. Ad esempio: certo le accuse di apostasia sono gravi, ma ancora più grave è l’apostasia. Come si può definire il rovesciamento della Confessione di Fede, che tutto l’ordinamento pone come fondamentale nella vita e nell’essenza della chiesa, in quanto sintesi della nostra fede evangelica? L’autorità delle scritture distrutta dalla cosiddetta “interpretazione”, la divinità di Cristo, e di conseguenza la Trinità, negata da pastori come dovremmo chiamarla?

Infine, ribadiamo: quello spirito di dialogo e di fratellanza che lei auspica, ma lo auspica solo da noi, non dovrebbe esserci anche su Riforma? Un confronto come questo non potrebbe avvenire sull’organo informativo ufficiale della nostra chiesa? Lì, invece, non pubblicano gran parte degli scritti in dissenso, rifiutano persino le inserzioni a pagamento, diffondono senza problemi anche scritti diffamatori e attacchi personali, salvo accusare, falsamente, noi di attacchi personali. E che dire del Sinodo? Nel 2010 ci ignora e il presidente proibisce persino di menzionare il nostro appello, nel 2011 ci condannano con accuse false, mentre violano il regolamento non ammettendo il pubblico… Non sa, fratello Di Lecce, che diversi di noi subiscono attacchi personali persino durante il culto?

E davanti a tutto questo il problema sarebbe la vis polemica del pastore Paolo Castellina? La questione della trave e della pagliuzza vale anche quando si tratta non di se stessi ma di due fratelli: chi vede la pagliuzza nell’occhio dell’uno e non la trave in quello dell’altro, forse ha egli stesso qualche trave nel proprio.

Detto questo, ringraziamo Ignazio Di Lecce perché ci ritiene degni di parola, mentre la maggior parte dei pastori non ha neppure risposto alla nostra lettera che chiedeva perché avevano votato la condanna nei nostri confronti.

Ecco infine la risposta che il fratello Di Lecce aveva dato alla nostra domanda sulla mancata pubblicazione.

La Redazione

 

Gentile Redazione, grazie per l’attenzione e la promessa di pubblicazione.

Non so se io sostengo strenuamente le “posizioni ufficiali” della chiesa valdese, per il fatto che non credo che la materia su cui sono intervenuto conosca posizioni “ufficiali” della nostra chiesa. Sicuramente sostengo strenuamente la chiesa valdese, pur riconoscendola semper reformanda, come tutte le altre chiese cristiane, e soprattutto soggetta al giudizio del suo Signore.

In generale penso che l’apertura di una certa dialettica sugli indirizzi di interfacciamento con la società sia salutare e possa aiutare l’insieme della chiesa (a partire dal suo Sinodo) ad assumene una maggiore consapevolezza e maturità. 

Ho ben visto fin dall’inizio la comparsa di un gruppo come la vostra redazione, anche se non ne condivido gli orientamenti ideali. Anzi, ho sperato subito che potesse divenire un polo di ispirazione “conservatrice” (se ha senso dire così) che possa contribuire a una relativizzazione storica delle posizioni correntemente scelte dal gruppo dirigente come bussola di direzione nella nuova società sorta negli ultimi decenni.

Ma sono rimasto un po’ deluso. Infatti, affinché ciò possa accadere, occorre che vi sentiate e siate considerati una componente del corpo vivo, e non dei separati in casa. Purtroppo in questi tre anni sono state più comuni le occasioni e le ragioni di contrapposizione e sterile polemica e non quelle di vivace e salutare dibattito, pur da posizioni diverse. Non so se la colpa sia solo di una determinata parte, probabilmente è condivisa. Fatto sta che ora bisogna girare pagina decisamente a cominciare dal reciproco atteggiamento che deve essere di fraternità e non di sospetto preventivo.

Se vi siete dati un obbiettivo minimale come quello di strappare poche decine di consensi su posizioni di contrapposizione netta, permettetemi  di osservare fraternamente che vi siete sottovalutati. Cercando con più pazienza e meno gusto del paradosso un confronto sì da posizioni diverse ma in modo dialogante, potreste occupare davvero uno spazio di riflessione che a mio avviso non deve restare vuoto. 

E soprattutto togliereste ogni alibi a certe eventuali tendenze di chiusura da parte di quelli che definite organi ufficiali della chiesa che in alcuni circoscritti episodi non mi sembra che abbiano brillato per accoglienza nei vostri confronti.

Spero che queste poche righe scritte in spirito, credetemi, di comunione fraterna possano essere recepite come uno sprone a un impegno di cui la chiesa ha un gran bisogno, quello dell’espressione di uno spirito critico ma aperto e franco, ben sapendo che, per ispirazione ideale, saremo quasi sempre su posizioni diverse. La chiesa servirà meglio il suo Signore se sarà forte anche nel pensiero non solo nella carità; e la forza di pensiero nasce dal libero confronto senza pregiudizi, non dal falso unanimismo, a patto che ciò avvenga in spirito di amore e rispetto reciproco.

Cordialità

Ignazio Di Lecce

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