di Paolo Castellina
Viviamo in un tempo di grande confusione, dove parole e concetti perdono sempre più il loro significato oggettivo e sono relativizzate. Per questo motivo, nel tentativo di evitare conflitti, molti si accontentano di attribuire a concetti e parole dei significati molto generali, vaghi, illudendosi, magari, che tutti quanti si intenda e si realizzi la stessa cosa.
Nell’ambito del variegato mondo cristiano si parla, per esempio, di “amore” e di “evangelizzazione” (per citare solo due termini fra i tanti) e ci si potrebbe rallegrare quando si vede “un impegno comune” in quel senso. Solo però un ingenuo potrebbe credere che con quei termini tutti intendano la stessa cosa o, peggio, che questo non importi più di quel tanto, che l’importante sia “amare” o “evangelizzare”. Di fatto non è così, e quindi c’è poco da rallegrarsi, soprattutto quando il richiamo alla Bibbia, che dovrebbe definire i nostri termini, viene relativizzato dal cosiddetto metodo storico critico e/o influenzato più o meno consapevolmente, da ideologie o “tradizioni” estranee. È questo il caso dell’intendimento dell’ultimo Sinodo della Chiesa Valdese, che, in un ordine del giorno, afferma:
“Il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi ribadisce che l’evangelizzazione, cioè l’annuncio esplicito della salvezza in Cristo, è vocazione imprescindibile della chiesa; sottolinea la necessità di un appassionato e rinnovato impegno delle chiese, dei circuiti, dei distretti, di tutti e di ciascuno nella missione di annuncio dell’Evangelo all’Italia e dà mandato alla Tavola di studiare forme, mezzi e finanziamenti al fine di organizzare una campagna evangelistica a livello nazionale.”
Evviva, finalmente, potremmo dire. In realtà c’è ben poco di cui rallegrarsi, visto che cosa viene oggi largamente fatto passare da questa chiesa come “vangelo” che, del vangelo è una visione così “riveduta e corretta” da essere piuttosto di fronte ad un “altro vangelo” il cui contenuto sono indubitabilmente gli slogan dell’umanesimo religioso moderno e della “correttezza politica” che ben poco ha a che fare con il messaggio del Nuovo Testamento. Un simile discorso, sia ben chiaro, può essere fatto per la “evangelizzazione” che vorrebbe promuovere il Cattolicesimo romano, o certa “evangelizzazione” evangelicale a cui si assiste di tanto in tanto, per non parlare poi di quella dei gruppi séttari. Il quadro è davvero disperante. È la confusione profetizzata per “gli ultimi tempi”? Ci sarebbe da crederlo.
Ecco così l’esigenza di definire ciò che intendiamo per i termini che usiamo sulla base delle sempre attuali confessioni di fede della Riforma. Esse, infatti, come siamo persuasi, precisano autorevolmente e definiscono in consonanza con quanto è stato conseguito da quei cristiani che sono stati fedeli al messaggio ed ai presupposti del canone biblico attraverso i secoli. Naturalmente, per lo stesso clima in cui viviamo, vi sarà sempre chi, a gran voce, squalificherà e negherà la legittimità di questo nostro intendimento, ma questo non ci scoraggerà dal continuare a farlo, sicuri che i “contesti culturali” e chi ne è influenzato cambiano costantemente, “…ma la parola del Signore permane in eterno. E questa è la Parola della Buona Novella che vi è stata annunziata” (1 Pietro 1:25).
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