La Stampa: “Verso un documento programmatico da votare solo il prossimo anno”

di Antonio Giaimo

Potrebbe non essere questo il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste che passerà alla storia per aver concesso la benedizione delle coppie gay. La discussione di ieri non è arrivata ad una conclusione, il dibattito riprenderà oggi. I segnali che emergono tre giorni dopo quella processione di pastori valdesi che sul petto si erano appuntati un triangolino rosa e che induceva a facili conclusioni, non vanno ora nella stessa direzione. «Bisognerà pur dire una parola chiara: quando parliamo di omosessuali parliamo di amore o di peccato?», ha detto il vice moderatore della Tavola Valdese, Eugenio Bernardini.

Tutto lascia intendere che quest’anno si potrebbe arrivare solo alla definizione di un documento programmatico che verrà poi messo ai voti il prossimo anno. Aggiunge Marco Bouchard, presidente del Sinodo: «L’accoglienza delle persone omosessuali non è più sindacabile, forse anche grazie a questo clima oggi le richieste che ci giungono da persone che desiderano benedire l’amore che le lega sono richieste serie e sentite». E poi, citando le pagine del Vangelo di Giovanni, dove si legge: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio», il pastore dice: «Chissà che il Sinodo non stia per fare un passo enorme, storico, innovativo della realtà teologica». Se si trattasse di mettere ai voti questa decisione, con ogni probabilità la benedizione alle coppie gay sarebbe cosa fatta, ma la chiesa valdese e metodista vuole arrivare a una decisione ponderata e condivisa, anche perché il 20% dei suoi membri arriva dall’Africa, un continente dove i rapporti omosessuali sono messi all’indice.

Numerosi sono i membri di chiesa favorevoli, anche in virtù del fatto che durante il Sinodo della chesa valdese del Rio de la Plata a febbraio sono state approvate queste benedizioni. Spiega Daniela Di Carlo, presidente delle chiese valdesi di queste valli: «I gay sono persone che possono dare un contributo concreto alla nostra comunità, ciascuno ha una storia da raccontare, molti sono già nei nostri direttivi, mi sembra che ormai i tempi siano maturi per un passo importante». Più cauto invece il pastore Daniele Garrone, docente alla facoltà di Teologia di Roma, che sposta la questione sui diritti civili che lo Stato dovrebbe riconoscere a queste coppie: «Per noi l’unica benedizione è quella che viene impartita durante i matrimoni.

Del resto noi non celebriamo i cosiddetti matrimoni di coscienza, quelli che portando all’unione di due vedovi, molte volte servono soltanto a mettere insieme il reddito che deriva da quattro pensioni. Il matrimonio per noi è un patto di vita, è un fatto umano e credo quindi che sia logico che il Sinodo rinvii la decisione. Il primo passo deve farlo lo Stato». Sull’aspetto civile arriva il contributo del pastore Giuseppe Platone: «Esiste un vuoto legislativo in merito alla tutela delle coppie di fatto, un problema sollevato a più riprese dalle nostre chiese».

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