LA FRASE CHE MEGLIO PUÒ DESCRIVERE LA FINE DI UNA CHIESA EVANGELICA: “LA BIBBIA NON È LA PAROLA DI DIO, NELLA BIBBIA SI TROVA LA PAROLA DI DIO. IL NOSTRO COMPITO È “SCAVARE” PER LIBERARLA DALLA STRATIFICAZIONE DELLA CULTURA”

Si legge che questa frase avrebbe anche ottenuto notevole consenso. In ogni caso chi l’ha pronunciata è pastora ed ha dunque l’incarico retribuito di diffondere, predicare insegnare quanto la Chiesa Valdese crede.

Comunque sia, queste parole si scontrano con gli articoli 2 e 3 della vigente Confessione di Fede, e soprattutto con il 4 che vale la pena leggere interamente: “riconosciamo la divinità di questi libri sacri, non solo dalla testimonianza della Chiesa, ma principalmente dall’eterna et indubitabile verità della dottrina contenuta in essi, dall’eccellenza, sublimità e maestà del tutto divina che vi si dimostra, e dall’operatione dello Spirito Santo che ci fa ricevere con riverenza… i raggi della celeste luce che risplendono nella Scrittura, e corregge il nostro gusto per discernere questo cibo con suo divino sapore”.

Altro che liberare dalle stratificazioni!

Insomma, secondo la pastora Di Carlo nella Bibbia c’è parola di Dio, ma in certe parti no e il documento sull’omosessualità di questi punti ce ne ha indicati, purtroppo solo implicitamente, un bel po’.

Prima conseguenza di questa idea: la Bibbia è un libro come un altro. Forse che tracce della sapienza di Dio non si possono trovare un po’ dappertutto, non certo solo negli scritti teologici, ma anche magari in un romanzo, in un saggio? La differenza è che la Bibbia afferma in più punti di essere parola di Dio, cui nulla va aggiunto o tolto, cosa che quasi nessun altro libro fa. Una bugia non da poco, che fa diventare la Bibbia un libro peggiore della maggior parte degli altri!

Poi c’è il problema del come e del chi dovrebbe “liberare la Bibbia dalle incrostazioni”. Sul “chi”, temiamo che chi parla di queste cose pensi innanzitutto a se stesso. Chiunque sia, gli viene attribuito un potere superiore al quello del clero romano, il quale dovrebbe – nel suo “integrare” gli insegnamenti della Scrittura con le proprie “tradizioni” – verificare la lunga presenza nella Chiesa degli elementi da introdurre nella dottrina (ad esempio, il dogma dell’immacolata concezione). Invece, qui è proprio il contrario: tutta la Bibbia è “in attesa di giudizio”, giudizio che poi può essere ulteriormente cambiato. In altre parole, sono molto più importanti le opinioni di coloro che “liberano dalle stratificazioni” la Bibbia della Bibbia stessa. Più che teologi diventano una sorta di Sibille, le quali potevano dire qualsiasi cosa venisse loro in mente.

Poi arriva il bello: qual è il termine di paragone che ci dice ciò che è Parola di Dio e ciò che non lo è ? O non esiste, o è costituito dalle personali convinzioni del “teologo”, o prevarrà inevitabilmente il criterio per cui – in pratica – è tutta una stratificazione culturale. Facciamo un esempio con la Divina Commedia. Poiché vogliamo sapere il vero messaggio dell’uomo Dante iniziamo col togliere tutto ciò che è connesso a fatti storici, oggi non più attuali, e viene via gran parte del testo. Poi, ci sono le convinzioni teologico-filosofiche dell’epoca, in gran parte non originali di Dante perciò via anche quelle. Che resta ? Qualche neologismo, qualche tecnica narrativa, il resto, scartato. Usiamo questa tecnica per trovare le “stratificazioni culturali” nel documento sinodale sull’omosessualità ? Anche qui, presto liquidato: sarebbe stato pensabile un documento del genere fino a 40 anni fa ? No. Infatti, come fonti cita solo documenti sinodali recentissimi e ignora la disciplina sul matrimonio e la famiglia (fondamentali in materia), oltre naturalmente alla Bibbia. È perciò chiaramente il frutto di una stratificazione culturale e delle ideologie del momento e tra qualche anno gli stessi che l’hanno votato oggi potrebbero non votarlo più. In realtà c’è anche un’altra epoca in cui un documento pro-omosessuali poteva benissimo essere approvato: l’epoca dell’apostolo Paolo, quando, nel grande mondo greco-romano, un po’ di pratica omosessuale era pressoché d’obbligo per introdursi nella società, nella cultura e persino nell’esercito. Vero, Paolo era ebreo e dunque meno influenzabile dalla cultura ellenistica prevalente: ma – viene anche da dire, in un mondo dominato dagli ellenisti, Dio doveva proprio scegliersi gli uomini chiave tra i quattro gatti omofobi Ebrei? Un vero pasticcione, insomma, se la sua intenzione era benedire i gay. Altrimenti, dobbiamo pensare che abbia scelto bene, nonostante non avesse la possibilità di consultare la pastora Di Carlo.

Ma supponiamo che la pastora abbia ragione: che senso ha perdere tempo e denaro la domenica mattina  in nome di un libro che include una serie di bugie e opinioni errate ? E che senso ha avere dei pastori per fare questo?

Quelle parole – se le prendiamo per buone – certificano l’insensatezza dell’esistenza di una chiesa evangelica.

Insomma: dal “sola scriptura” alla “scrittura sòla”. In romanesco, “sòla” significa fregatura, e gli studenti della facoltà di teologia la conoscono senz’altro. Forse qualcuno l’ha fraintesa.

Ma noi la pensiamo in un altro modo, e crediamo che opinioni così insensate possano prevalere solo per qualche mese di annebbiamento.

 

Lucio Malan


 

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