Il problema evangelico
L’evangelicalismo di oggi ha in gran parte perso il suo coraggio teologico collettivo. L’evangelicalismo è infatti diventato così insicuro della sua identità che i nostri antenati spirituali avrebbero difficoltà a vedere una continuità tra il movimento moderno e la chiesa del loro tempo.
All’alba di un nuovo millennio, invitiamo gli evangelici a pentirsi del diffuso peccato di indifferentismo dottrinale e storico. Le etichette dovrebbero significare qualcosa. Invitiamo quindi coloro che portano l’etichetta “evangelico” ad affermare di nuovo la loro fede in accordo con la testimonianza delle Scritture [1] ed in continuità con la fede storica della chiesa.
La questione della verità
Questo indifferentismo ha portato ad un relativismo nella chiesa, per cui ella tollera una gamma sempre più sconcertante d’interpretazioni di ciò che significa essere evangelico. Il fatto tragico è che oggi un numero smodato di coloro che professano lealtà all’evangelicalismo storico sia stato contagiato dallo spirito pluralista del nostro tempo. Sembra che la verità non importi più veramente. E una indifferenza nei confronti della verità ha aperto la porta alla tolleranza dell’errore, perfino dell’eresia stessa, fra coloro che sostengono di dare importanza a questioni del genere. Nella storia, gli evangelici sono stati disposti ad impegnarsi per una visione precisa della verità biblica, e spesso a rischiare la vita di conseguenza. Oggi sembra che questa chiarezza e questo impegno siano mancanti.
Invitiamo perciò gli evangelici a ritornare alla tradizionale visione biblica che esiste una verità oggettiva; che c’è un’unica verità; che ogni cosa che è incompatibile con la verità è falsità; e che affermare la veridicità di una particolare dottrina non è arroganza spirituale, ma un dovere biblico.
Una visione per una Riforma
La chiesa dev’essere sempre impegnata nella propria riforma [2]. Molti evangelici tuttavia, pur professandosi riformati, tollerano allo stesso tempo dottrine e pratiche che portano la chiesa nella direzione opposta, la deformazione della chiesa. Di conseguenza, molti non hanno idea di ciò che significherebbe in pratica una riforma nella dottrina e nella vita. Questa dichiarazione quindi, è un tentativo d’articolare una visione per una tale riforma.
Invitiamo perciò gli evangelici ad affermare una visione per riforma che sia in accordo con la testimonianza delle Scritture e in continuità con la fede storica della chiesa. E’ una visione di una chiesa che è sia cattolica che riformata.
Con “cattolica” non intendiamo “cattolica romana”. Usiamo la parola “cattolica” [3] qui nel suo senso originale di universale e non-settaria. Non implichiamo alcuna lealtà alla Chiesa di Roma o ad altre organizzazioni che, ironicamente, hanno assunto il titolo “cattolico”, ma hanno poi la pretesa settaria che la verità si trovi solamente al proprio interno. Affermiamo di essere non cattolici romani, ma veri cattolici, cioè, unendoci alla chiesa storica di tutti i tempi nella confessione delle verità custodite nei grandi credi cattolici della chiesa primitiva – il Credo niceno, la Formula calcedonense, e (nella chiesa occidentale) il Credo apostolico. Con riformato, intendiamo che confessiamo quelle dottrine riguardo all’autorità delle Scritture ed alla salvezza per sola grazia che i nostri padri riformati hanno riaffermato al tempo della Riforma.
Quattro affermazioni
1. Cattolico e Riformato
Gli evangelici devono essere sia cattolici che riformati nella loro teologia.
Innanzitutto, affermiamo di essere cattolici, nel senso vero della parola. Ci uniamo cioè alla chiesa storica nell’affermare che i contenuti dei grandi credi cattolici della chiesa primitiva esprimono veramente l’insegnamento delle Scritture: il Credo niceno, il Credo di Calcedonia, e (nella chiesa occidentale) il Credo apostolico. Qui troviamo quelle verità fondamentali quali la Trinità, la creazione, e l’incarnazione del Figlio eterno, la sua morte espiatoria, la risurrezione fisica (compresa come fatto storico), l’ascensione nel cielo e la seconda venuta.
Invitiamo perciò gli evangelici ad essere solidali con i Padri e Riformatori nella confessione di questi credi quali affermazioni fondanti della verità biblica [4].
Nell’affermare che siamo cattolici, sosteniamo anche che siamo riformati. Vale a dire, difendiamo il cosiddetto principio formale della Riforma, cioè l’autorità suprema, l’inerranza e la completa sufficienza della Bibbia per la dottrina e la vita della chiesa. Di conseguenza, respingiamo tutte le pretese di rivelazione extra-biblica autorevoli, sia nella tradizione ecclesiastica che fra uomini viventi (come papi, o presunti apostoli o profeti moderni). Respingiamo anche l’insegnamento di Barth e dei suoi seguaci moderni che la rivelazione non sia da identificarsi con le parole stesse delle Scritture. Inoltre, difendiamo il cosiddetto principio materiale della Riforma, cioè la giustificazione forense per sola grazia attraverso la sola fede in Gesù Cristo soltanto.
Affermiamo per di più che siamo agostiniani nella nostra dottrina dell’uomo e nella nostra dottrina della salvezza. Crediamo infatti che Agostino ed i suoi successori, inclusi i Riformatori, riflettono fedelmente l’insegnamento biblico riguardo alla totale incapacità spirituale dell’uomo decaduto di rispondere a Dio, all’elezione incondizionata di un popolo da salvare per la grazia di Dio Padre, al disegno dell’opera espiatoria del Figlio incarnato con lo scopo di acquistare sicuramente e certamente la salvezza di quel popolo, alla grazia monergistica dello Spirito Santo nella rigenerazione, ed alla perseveranza degli eletti. Respingiamo pertanto anche ogni forma di sinergismo o semi-pelagianismo secondo cui all’uomo viene riconosciuto un ruolo di cooperazione nella sua rigenerazione, es. Arminianesimo. Respingiamo ugualmente qualsiasi ammorbidimento della soteriologia agostiniana, es. Amiraldismo (Calvinismo “a quattro punti”), e qualsiasi indurimento, es. Iper-calvinismo[5].
Riguardo a queste dottrine affermiamo, invece, i contenuti comuni delle più importanti confessioni di fede riformate quali i Trentanove articoli di religione (Anglicana), le Tre Forme di Unità (Riformata olandese), la Confessione di Westminster (Presbiteriana), la Dichiarazione di Savoia (Indipendente), e la Confessione Battista del 1689 (Battista).
Invitiamo perciò gli evangelici nelle loro rispettive tradizioni a dichiarare la loro fedeltà alle proprie confessioni storiche quali affermazioni riassuntive della verità biblica.
L’idea di un’unica Chiesa Cattolica e Riformata – una maestosa corrente principale di ortodossia storica cristiana – è quindi parte integrante della nostra comprensione. Affermiamo che questa idea sia vera e fondante per qualsiasi prospettiva evangelica degna di questo nome. Insieme a questa affermazione, chiediamo che ci siano dei confini dottrinali ben-definiti e confessati, per paura che la nostra cattolicità percorra la “via larga” non-biblica di gran parte dell’evangelicalismo di oggi. Tuttavia, chiediamo parimenti d’evitare tutti i sentieri secondari di poca importanza (come, per esempio, una crociata perché tutte le chiese necessariamente cantino solo i Salmi, o adottino una particolare versione della Bibbia quale prova che il loro culto sia veramente riformato). Sarebbe una tragedia se la nostra comprensione di quel che è “riformato” fosse determinato da conflitti interni su questioni meno importanti.
Invitiamo perciò gli evangelici a fare attenzione e ad evitare i pericoli sia del Nuovo liberalismo all’interno dell’evangelicalismo, sia della rinascita del settarismo riformato.
2. La chiesa storica
I cattolici riformati affermano l’importanza della chiesa e della sua storia in ogni visione autentica dell’opera redentrice di Dio nello spazio e nel tempo. L’evangelicalismo è oggi infetto da una mortale amnesia nei confronti della chiesa storica. Il cristianesimo non ha tuttavia avuto inizio con la nostra conversione! Siamo invece stati presi ed inseriti nel corso della storia del popolo salvato di Dio. Non dobbiamo quindi interessarci di un cristianesimo che è separato dalla vita della chiesa.
Invitiamo perciò gli evangelici a ricollegarsi consapevolmente con la chiesa storica e a cercare d’esprimere la propria fede soprattutto in un contesto ecclesiale. Invitiamo in particolare gli evangelici a non impegnarsi semplicemente in qualche riforma disincarnata, ma in una riforma della chiesa.
Pensare “cristiano” significa, quindi, pensare “chiesa”. Ricollegarsi alla chiesa storica significa entrare a far parte e ad apprezzare la storia di una comunità che inizia con Adamo, si spiega nel racconto dell’Antico Testamento della nazione d’Israele, il popolo dell’alleanza, e si compie nell’incarnazione del Messia, nel suo dono dello Spirito e nella storia della Nuova chiesa dell’alleanza che continua fino ai giorni nostri. Nonostante gli effetti del peccato umano, visti nelle frequenti defezioni della chiesa dalla verità biblica, affermiamo che c’è sempre stata una continua successione di veri credenti in ogni generazione. Di conseguenza, respingiamo necessariamente la moderna antipatia evangelica verso ogni cosa che ha a che fare con la storia. Diffidiamo di nuove comprensioni bibliche che nascono all’interno di movimenti moderni poco legati all’ortodossia storica, fra cui menzioniamo ogni forma di pentecostalismo e dispensazionalismo.
Invitiamo perciò gli evangelici a fare propri e ad apprezzare tutto ciò che è nobile e vero nella storia visibile della chiesa cristiana, partendo dai primi Padri della chiesa, passando per i grandi personaggi del Medioevo e della Riforma fino a quelli di oggi, sia nei rami orientali che occidentali della chiesa, cioè ovunque è stata evidente la “corrente maestosa”. Invitiamo gli evangelici ad ascoltare attentamente i testimoni storici della nostra comunità, e, come i credenti della Berea [6], ad esaminare quotidianamente le Scritture per vedere se la loro testimonianza è vera.
3. Adorazione biblicamente informata
I cattolici riformati affermano la loro dedizione ad una forma d’adorazione centrata su Dio. L’adorazione non esiste in primo luogo per la benedizione dell’uomo, ma prima di tutto per glorificare Dio. Respingiamo quindi gran parte di ciò che oggi si fa passare per adorazione, con il suo ethos centrato sull’uomo e che mira a stimolare ed intrattenere gli “adoratori” in modo che possano sentirsi bene e benedetti. In modo specifico respingiamo lo spettacolo soggettivo e spesso disordinato dell’adorazione stile carismatico, con tutte le relative pratiche, come il presunto parlare in lingue, le profezie, le “uccisioni nello Spirito”, ecc. Affermiamo che in ogni cosa che facciamo nell’adorazione – le nostre preghiere e le nostre lodi, il nostro ascolto della Parola di Dio, la nostra partecipazione nella cena del Signore – il nostro scopo primario deve essere di riconoscere la gloria di Dio, a prescindere dal fatto che ci faccia sentire bene o meno.
Dicendo questo, sosteniamo anche che il Dio sul quale l’adorazione va centrata dev’essere il vero Dio delle Scritture – la Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone distinte in un’essenza. Pensiamo che sia ora di smettere di trattare la Trinità come un pezzo di teologia astratta, e invece permettere in modo consapevole alla realtà della Trinità di formare la nostra pratica dell’adorazione – informare le nostre preghiere, le nostre lodi, ed il nostro insegnamento. Non adoriamo qualche Dio unitario, o Gesù da solo; adoriamo Dio Padre, Dio Figlio, e Dio Spirito Santo, la santa Trinità, al di fuori di cui non c’è dio. La vera adorazione è e deve essere adorazione trinitaria.
Un’adorazione centrata su Dio sarà guidata da ciò che Dio dice nella sua Parola. Affermiamo quindi che un approccio biblico all’adorazione comporterà certi eventi specifici con una certa sequenza naturale. Questa struttura richiederà la confessione del peccato all’inizio del culto, mentre prendiamo coscienza della santità di Dio, e sarà accompagnata dalla rassicurazione del suo perdono; il canto dei salmi e degli inni con melodie riverenti; letture estese delle Scritture (preferibilmente tratte da entrambi i Testamenti) come un atto di adorazione in sé; esposizione biblica; preghiere di intercessione, e benedizioni. La cena del Signore è il modo più appropriato per concludere questo tempo di adorazione [7]. Affermiamo che sia desiderabile celebrare la cena del Signore frequentemente, e cioè settimanalmente, perché contribuisce alla completezza dell’adorazione biblica, e abbracciamo la storica convinzione riformata che la cena sia un mezzo di grazia per il quale il Cristo risorto pasce il suo popolo per lo Spirito Santo.
Affermiamo infine che la nostra adorazione deve trovare i modi per esprimere il principio del sacerdozio di tutti i credenti. Non veniamo al culto per guardare e ascoltare il ministro che adora al nostro posto, ma per offrire attivamente ed unitariamente la nostra adorazione a Dio quale popolo sacerdotale. I primi Padri della chiesa e i Riformatori espressero questo principio coinvolgendo i membri di chiesa nelle liturgie, e queste includevano elementi come la recita o il canto collettivi della preghiera del Signore e del Credo apostolico o niceno. Affermiamo che, nell’esercizio della loro libertà cristiana, le chiese oggi sono libere (benché non obbligate) a seguire questo stesso modello.
Invitiamo perciò gli evangelici ad abbracciare una teologia dell’adorazione che incoraggi l’organizzazione dei culti secondo una struttura fondata teologicamente e biblicamente e centrata sulla Trinità.
4. La signoria di Cristo
I cattolici riformati affermano la signoria di Cristo sull’intera vita umana e su tutta la cultura. Sebbene sia giusto separarsi dall’eresia e dall’incredulità nella vita della chiesa, respingiamo un atteggiamento sconsiderato di separatismo nei confronti del contesto sociale nel quale Dio ci ha posti. Il cristianesimo è molto di più della pia coltivazione della propria vita interiore. Cristo ha delle pretese non solo sugli affari privati dell’anima individuale, ma anche sugli affari pubblici della comunità, della nazione, e del mondo. In particolare, lamentiamo l’influenza fra gli evangelici di un dispensazionalismo pietista secondo il quale il mondo viene considerato irrimediabilmente malvagio (e quindi non meritevole dei nostri sforzi per influenzarlo), e secondo il quale l’unica speranza dovrebbe essere l’imminente rapimento dei santi.
Inoltre, affermiamo la necessità di un approccio cristocentrico e biblico verso ogni aspetto della vita umana, es. la politica, l’economia, la scienza, le arti. I cristiani devono essere come il sale e la luce nel mondo. Sosteniamo quindi la posizione che i cristiani devono sfidare e trasformare la società. Ciononostante, respingiamo ogni forma di legalismo secondo i quali la volontà di Cristo per le nazioni viene identificata in modo semplicistico con l’imposizione degli aspetti non-rituali della legge mosaica dell’Antico Testamento [8].
Invitiamo perciò gli evangelici nella nostra epoca pluralista a rendere testimonianza pubblica al diritto esclusivo di Cristo all’autorità su tutti gli aspetti della vita. Invitiamo gli evangelici a proclamare che tutte le persone e tutte le istituzioni devono piegare il ginocchio davanti a Lui.
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