Quanti titoli a dir poco “entusiastici”! “Per la prima volta nella storia millenaria della Basilica – un pastore della Chiesa valdese ha parlato nella Basilica di San Pietro”. “Paolo Ricca ha partecipato ad una ‘Lectio Petri’, ciclo di lezioni sulla figura di San Pietro; l’apostolo nella storia, nella teologia, nelle arti, e nella cultura”.
Paolo Ricca ha parlato dell’interpretazione del versetto biblico: “su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Ci chiediamo, però, perplessi: è l’uomo Pietro, “l’uomo” al centro dell’analisi teologica?
Paolo Ricca dice: “Ora ti chiamerai Pietro perché sei roccia e su questa roccia voglio costruire la mia chiesa. Pietro è roccia con le sue contraddizioni, come noi con le nostre contraddizioni siamo chiamati a un compito più grande di noi, come quello di Pietro”. L’analisi, lo studio dell’uomo continua: “Pietro è il primo ma non è l’unico. E io mi chiedo se Gesù non voglia fare anche di noi dei tanti piccoli Pietro, delle rocce domestiche, sulle quali lui, Gesù, vuole costruire la sua casa.”
Perciò, la roccia, il fondamento, la base sulla quale Gesù vuole costruire la sua casa sarebbe Pietro e noi, l’uomo al centro, l’uomo come fondamento della chiesa. Questa non è “theologia” (dal greco, che è composto da due parole che fondamentalmente vuol dire “un resoconto di o discorso su Dio”), ma questa è bensì, una sorta di antropologia: studio dell’uomo, studio dell’essere umano sotto diverse prospettive indagando i suoi vari comportamenti all’interno della società. Questa antropologia si camuffa da teologia, perché non è più Dio il centro dell’analisi teologica, ma l’uomo, in questo caso di Pietro e noi che siamo dei piccoli Pietro.
Considerare Pietro semplicemente come il rappresentante di tutta una serie di piccoli Pietro, significa svuotare del suo contenuto l’intero contesto nel quale questo versetto è inserito.
Considerare noi come “successori” di Pietro tende a far trapelare l’idea che sia lecito pensare che ci possano essere tanti Pietro; certo, non tanti papi, ma quasi… quasi… il concetto può essere accolto nella mente come rappacificatore fra valdesi e cattolici. Non era certo così per i martiri valdesi di lingua francese che, per non contaminarsi nemmeno con l’idea di andare a braccetto con le funzioni cattoliche morirono, come martiri:
Jordan Tertian fu bruciato vivo a Susa. Hippolyte Roussier fu bruciato a Torino. Villermin Ambroise fu impiccato sul Colle di Méne. Ugon Chiamps di Fenestelle fu preso a Susa e condotto a Torino, dove gli vennero strappate le interiora che furono svuotate in una bacinella, senza aspettare che i suoi supplizi atroci terminassero il suo martirio. Pierre Geymonat di Bobbio perì a Luserna con un gatto vivo nel corpo. Mariella Romain fu seppellita viva a Roche-Plate. Madalene Fontane subì la medesima sorte a San Giovanni. Michel Gonnet, quasi centenario, fu bruciato vivo alla Sarcena. Susanna Michelin, nello stesso luogo, fu lasciata morire sulla neve. Barthélemi Frache, tagliato a colpi di sciabola ebbe le piaghe riempite di calce viva e spirò così a Fenile. Daniel Michelin ebbe la lingua tagliata a Bobbio, per aver lodato Dio. Jacque Baridon perì, coperto di stoppini di zolfo fra le dita, le labbra, le narici e tutte le parti del corpo. Daniel Revel ebbe la bocca riempita di polvere da sparo alla quale si diede fuoco, di cui l’esplosione fece saltare la sua testa con un forte scoppio. Mariella Mounin fu presa nella Comba del Liousa, gli fu tolta la carne delle guance e del mento, in modo che la mascella fosse nuda e la lasciarono perire così. Paul Garnier fu triturato lentamente a Rorà. Thomas Marguet mutilato in maniera inaudita al forte del Mirabouc. Susanna Jaquin tagliata a pezzi a Torre. A Sara Rostagnol fu diviso il corpo da vivente e lasciata moribonda sulla strada degli Airali a Luserna. Anne Charbonnier fu impalata e portata come una bandiera da San Giovanno a Torre. Daniel Rabaud, a Paesana, ebbe le unghie strappate, poi le dita tagliate, poi i piedi e le mani e infine, furono separati dal corpo a colpi di ascia, le braccia, le gambe ad ogni rifiuto che faceva di abiura all’ Evangelo.
Non vi è roccia, nelle valli valdesi, che non sia un monumento di morte, non vi è un prato dove non avvenne qualche supplizio, non vi è villaggio che non ebbe i suoi martiri. Perché? Non per sostenere presunti successori di Pietro (uno o molti che siano), ma per dare gloria a Dio.
Daniela Michelin Salomon
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