PRIMA PARTE
Nuove sorprese dalla Bibbia, con tanti saluti ai suoi odiatori
Fin “dal principio”…
Mentre molti “teologi” si ingegnano ad affossare in ogni modo l’autorevolezza, la dignità e l’importanza della Bibbia, c’è chi invece – prendendola sul serio – fa scoperte straordinarie.
I primi cinque libri della Bibbia sono generalmente chiamati con il termine greco “Pentateuco”, che significa “i cinque contenitori”, “i cinque rotoli”, ma il nome ebraico è “torah”, che si pronuncia “torà”, e significa “insegnamento, dottrina” più che “legge” come alcuni traducono. Il Pentateuco stesso, altri testi dell’Antico Testamento e Gesù stesso attribuiscono questi 5 libri a Mosè, ma – naturalmente – la cosiddetta critica moderna la pensa diversamente, e spesso concordano con essa anche “teologi” pagati da chiese cristiane (ovviamente anche valdesi) per dare torto
a Gesù. L’Enciclopedia Treccani, massimo repertorio di autorità culturale italiana spiega: “Si concorda dunque nel ritenere che la composizione dei libri del Pentateuco avvenne per epoche successive, sovrapponendo e mescolando materiale di stile e mentalità diversi, ma improntato a una sostanziale continuità culturale”. Notevole il “si concorda”, dove, pur nell’ambiguità del verbo impersonale, si dà ad intendere che sono tutti d’accordo sull’eterogeneità dei cinque libri.
Troverete in giro grandi ragionamenti sul fatto che i termini con cui ci si riferisce a Dio sono diversi nelle varie parti del Pentateuco, il che dimostrerebbe che queste non possono essere state scritte dalla stessa persona. Argomento davvero pregevole perché consente di farsi una bella risata, cosa sempre apprezzabile e che fa bene alla salute. Prendiamo un verso della Commedia di Dante:
“fecemi la divina potestate, la somma sapienza e il primo amore” (Inferno, III, 5)
È la scritta sopra la porta dell’Inferno, dove è la porta stessa a parlare e a dire chi l’ha fatta. È evidente che le tre espressioni, “la divina potestate”, “la somma sapienza” e “il primo amore” indicano tutte Dio. Dobbiamo dunque concludere che quel singolo verso è stato scritto da tre persone diverse? Ovviamente nessuna persona sana di mente o in buona fede direbbe una stupidaggine del genere, che – a parte l’assodata certezza che l’autore dell’opera (figurarsi di un singolo verso) è uno solo – è assurda già nel concetto astratto e si scontra con un dato di fatto tecnico, e cioè che le tre espressioni contribuiscono a creare un verso di undici sillabe, come tutti i versi della Commedia. Insomma: grazie per il buon umore.
Si dirà che per il Pentateuco non abbiamo prove come quella appena citata sul verso di Dante. Davvero? Vedremo.
Prendiamo il testo ebraico dei primi versi della Genesi, ricordando che l’ebraico si legge da destra a sinistra. Cerchiamo la prima ת, cioè “t”: la troviamo già alla fine della
prima parola, che significa “nel principio”. Poi saltiamo 49 lettere e troviamo una ו, cioè “o”. Ne saltiamo altre 49 e troviamo una ר, cioè “r”. Saltiamo altre 49 lettere e
troviamo una ה, cioè “ah”. Risultato: “torah”! Dunque, la parola “torah” è nella Torah, e proprio all’inizio.
Per oggi chiudiamo qui e diamo tempo ai detrattori della Bibbia di provare a spiegare che si tratta di una coincidenza fortuita, che non significa nulla, che è già stato dimostrato che questo tipo di ricerca dà risultati casuali del tutto inattendibili, che con questo sistema si trova qualunque cosa ecc. ecc. Torniamo presto con delle sorprese.
SECONDA PARTE
Semplici “coincidenze”?
Nella prima parte abbiamo visto che nei primi cinque versetti della Bibbia, che sono ovviamente i primi cinque versetti del Pentateuco, chiamato “torah” dagli Ebrei, partendo dalla prima “t” e saltando 49 lettere, poi altre 49 e ancora 49 si trova proprio la parola “torah”.
Coincidenza fortuita? Potrebbe effettivamente essere una coincidenza fortuita. Ma quanto fortuita? Il primo capitolo della Genesi comprende all’incirca 930 lettere. Sono dunque possibili ben 142.758 sequenze di quattro lettere come quella di Torah: 924 sequenze saltando una sola lettera, 921 saltandone due, 918 saltandone tre e poi via via a scendere, fino a 6 sequenze separate da 307 lettere e 3 separate da 308 lettere. Quante sono le probabilità di scrivere una parola di quattro lettere (come “torah”, che in ebraico ha quattro lettere), partendo da dove casualmente si incontra la prima? L’alfabeto ebraico ha 22 lettere, dunque, dopo la “t”, c’è una probabilità su 22 di incontrare la “o”, una su 484 (22×22) di incontrare successivamente anche la “r“, una su 10.684 (484×22) di completare la parola con la lettera “h” (traslitterata in “ah”). Dunque è perfettamente normale che su 142mila combinazioni la cosa si verifichi. Anzi, dovrebbe verificarsi circa 14 volte! “Dunque, niente!” potranno gioire i nemici della Bibbia.
Il fatto però è che questa “coincidenza” è molto più circoscritta. Perché la sequenza non parte da qualunque punto del capitolo, ma dalla prima “t”, che guarda caso è l’ultima della parola che significa “in principio”. Cioè il modo più esplicito e univoco di “mandare un messaggio”. Questo riduce enormemente le combinazioni possibili: da 142.758 a sole 307: una dove si salta una lettera, una dove se ne saltano 2, e così via fino alla sequenza dove si saltano 308 lettere. Dunque c’è solo una probabilità su 34 che una sequenza, partendo dalla prima “t”, componga la parola “torah” (cioè le 10.684 combinazioni delle altre tre lettere diviso le 307 possibilità di realizzare la sequenza stessa).
Va poi aggiunto che l’intervallo di 49 lettere non è un intervallo qualsiasi, poiché 49 è uguale a sette volte sette. E sette è un numero importantissimo nella Bibbia: dai sette giorni della creazione alle sette chiese dell’Apocalisse, sono sette i giorni che passano dall’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme alla sua risurrezione. Il numero 7 ricorre oltre trecento volte nella Bibbia, molto più di qualunque altro numero superiore al tre. Solo il 2 e il 3, di poco, ricorrono più volte, ma per motivi pratici. Non è come se la sequenza fosse stata sulle 19 o sulle 132 lettere. Possiamo ammettere che, oltre all’intervallo di 49, anche quello di 3, oppure 9 (in quanto 3 volte 3) o 7 o 12 sarebbe stato significativo. Dunque: possiamo dire che ci sono solo 4 possibilità su 10.684, come dire 1 su 2137, che partendo dalla prima “t” e saltando un numero simbolicamente importante di lettere (3 o 7 o 9 o 12 o 49) si formi la parola “torah”. Insomma, è già una bella coincidenza.
Ancora però dobbiamo rispondere alle obiezioni dei nemici della Bibbia, con cui abbiamo concluso la prima parte. Lo faremo.
TERZA PARTE
In Genesi e Esodo c’è la parola “Torah”, criptata nell’identico modo
Abbiamo dunque visto che all’inizio della Genesi c’è la parola “torah”, che significa “insegnamento” ed è il nome con cui fin da tempi antichissimi gli Ebrei chiamano il Pentateuco, di cui quei versetti sono l’inizio. La parola, che in ebraico è formata da quattro lettere, si trova partendo dalla prima “t” che si incontra e poi saltando “sette volte sette” lettere ogni volta. Abbiamo visto che c’è una possibilità su 2137 che si tratti di un caso, ma può essere un caso, tanto quanto vincere il primo premio alla lotteria di paese. Fin qui nulla di particolarmente rilevante, solo una curiosità.
Ma, a proposito di curiosità, andiamo a vedere se nel libro dell’Esodo accade qualcosa di simile.
La prima ת, cioè “t”, diversamente da quel che accade in Genesi, la troviamo non nella prima parola, ma nella seconda, “shemot”, che però non solo è il primo sostantivo, come in Genesi, ma è anche, come in Genesi, la parola con cui gli Ebrei chiamano il libro. Essi infatti chiamano le parti del Pentateuco con la prima o una delle prime parole del libro. L’Esodo, che è parola greca, lo chiamano “Shemot”, cioè “i nomi”: “Or questi sono i nomi dei figli d’Israele che vennero in Egitto con Giacobbe”. Saltiamo 49 lettere e troviamo – sorpresa ! – una ו, cioè “o”. Precisiamo: si tratta della lettera ebraica vav che, in ebraico può valere per il suono “o”, ma anche per “u” oppure – come in questo caso – per “v”. Sta di fatto che per scrivere “torah” ci vuole una vav e qui, nella stessa posizione che abbiamo visto nella Genesi, c’è appunto una vav, nella parola “viyehudah”, che significa “e Giuda”. Saltiamo 49 lettere e troviamo una ר, cioè “r”, nella parola “yerech”, cioè “lombi”, i lombi di Giacobbe da cui uscirono i suoi discendenti. Altre 49 lettere e arriviamo – nella parola “hahu”, che significa “quello” riferita a “generazione” che in ebraico è maschile ma viene tradotto “quella” – alla lettera he, una ה, cioè “ah”, che completa la parola “torah”.
Diremmo che la casualità è a questo punto esclusa. Partivamo da quella una probabilità su 2137 che il fenomeno si verificasse una volta in Genesi: c’è una probabilità su 47.014 (2137×22, il numero delle lettere dell’alfabeto ebraico) che, in aggiunta, anche alla prima “t” dell’Esodo segua una “o”. E poi la stessa cosa si verifica per la terza e la quarta lettera della parola “torah”. Facendo 47.014x22x22 arriviamo a una possibilità su 22 milioni (precisamente 1 su 22.754.776). Insomma, è più facile vincere il primo premio alla Lotteria nazionale di Capodanno comprando un solo biglietto. Chiariamo: è tanto facile che questo accada per caso, quanto il fatto che tu che leggi queste righe vinca quest’anno la lotteria nazionale, comprando un solo biglietto. Oppure è come lanciare un dado da gioco dieci volte e avere sempre lo stesso numero. E – per capire meglio – ricordiamo che, a differenza dei biglietti della lotteria e dei dadi da gioco, di Bibbia ne abbiamo una sola.
Viene naturale, a questo punto, andare al terzo libro del Pentateuco, il Levitico, per vedere se la cosa si ripete. Ebbene: la cosa NON si ripete. Né si verifica negli altri due libri, Numeri e Deuteronomio. Noi siamo un po’ delusi, mentre gli odiatori della Bibbia gioiranno, diranno che abbiamo giusto giusto rilevato una stranezza, una curiosità, ma non significa nulla. Ma voi, lettori di entrambe le fazioni, non perdete la prossima parte, perché riserva sorprese più grandi di queste prime tre.
QUARTA PARTE
Anche in Numeri c’è la parola “Torah”, ma…
Nelle parti precedenti abbiamo visto che partendo dalla prima “t” del libro della Genesi e dalla prima “t” dell’Esodo, saltando 49 lettere ogni volta si trovano le altre tre lettere che formano la parola “torah” che – per l’appunto – è il nome ebraico del Pentateuco. Abbiamo visto che c’è una possibilità su 22 milioni (precisamente 1 su 22.754.776) che si tratti di un caso.
Ora, lasciamo da parte il Levitico, dove questo non accade, e andiamo a vedere il quarto libro del Pentateuco, Numeri. Neanche qui si trova – in quel modo – la parola “torah”, ma qualcuno non si è perso d’animo e ha provato a cercarlo scritto all’incontrario, cioè “ah-rot” (“ah” si scrive in ebraico con una sola lettera, cioè ה, che si chiama “he”. In ebraico: הרות anziché תורה. Con la prima lettera ה non si trova nulla, ma con la quarta lettera ה ci siamo davvero:
I primi tre versetti del libro dei Numeri. Nel rettangolo verde la parola “bemidbar”, il nome ebraico del libro. Nei quadrati gialli le lettere “he” del primo versetto, da cui non si compone la
parola “torah”. Nei cerchietti rossi le quattro lettere che formano, saltando 49 lettere dall’una all’altra, la parola “torah”, al contrario.
saltando ogni volta 49 lettere troviamo nuovamente la parola “torah” sia pure scritta a rovescio. Perché, mentre questa particolarità in Genesi e Esodo si verifica alla prima lettera, in Numeri la troviamo alla quarta? Non lo sappiamo. Forse perché, visto che la Torah è “insegnamento”, l’insegnamento è che si deve cercare a fondo, “addirittura” più di tre volte, tenendo presente che il numero 3 nella Bibbia è spesso segno di completezza.
Il punto è: può essere un caso che all’inizio di Numeri di trova la parola “torah”, sia pure a rovescio, partendo da una delle “he” del primo versetto? Vediamo: che da una delle 6 lettere “he” del primo versetto, saltando le solite 49 lettere, si trovi una “r”, c’è una probabilità su 3 e 2/3. Molto poco: potrebbe facilmente essere del tutto casuale. Però, le probabilità che, oltre a questo, dopo altre 49 lettere ci sia una lettera “o”, sono solo una su 80, e che poi, dopo altre 49 lettere ci sia proprio la “t”, fino a formare la parola “torah”, sono solo una su 1774. Un fatto notevole, non eccezionale. Ma che questo avvenga casualmente dopo che è già successo in Genesi e Esodo ha una probabilità pari a 1 su 38 miliardi, numero che possiamo dimezzare visto che, considerando la parola “torah” sia scritta nel modo normale, sia all’incontrario. Insomma una probabilità su 19 miliardi. All’incirca le stesse probabilità che al Superenalotto vengano estratti gli stessi 6 numeri, nello stesso ordine, per due volte di seguito.
QUINTA PARTE
Dopo aver trovato la parola “torah” criptata, saltando 49 lettere ogni volta, nei libri di Genesi (prima e seconda parte) e Esodo e poi, sempre con l’intervallo di 49 lettere ma all’incontrario, anche in
Numeri, è ora naturale andare a vedere che succede all’inizio del libro del Deuteronomio, il quinto e ultimo del Pentateuco, della Torah. Innanzitutto, partendo dalla prima “t” e saltando 49 lettere non si ottiene la parola “torah”, né nel normale ordine delle lettere, né in quello inverso. Ma, saltandone 48, e dunque usando la quarantanovesima, questo accade, di nuovo con la parola scritta al
contrario, come in Numeri. Ma questo non accade partendo dalla prima lettera “he” ma dalla diciannovesima, che si trova al versetto 5.
Viene allora da chiedersi se tale occorrenza possa essersi verificata per caso.
Vediamo. Di lettere “he”, nei primi dieci versetti (diciamo dieci perché parliamo del versetto 5, dunque raddoppiamo l’ambito della ricerca per avere un margine adeguato) ce ne sono 38. È dunque normale che, a una certa distanza da questa “he” si trovi una “r”: è più probabile che ciò succeda anziché no: ci sono 38 possibilità su 22 lettere. Se poi aggiungiamo che il numero di lettere da saltare non è quello che abbiamo verificato in Genesi, Esodo e Numeri, ma uno in meno, le possibilità si triplicano, perché poteva essere lo stesso numero, uno in più o uno in meno. Abbiamo così 114 possibilità su 22 lettere: dunque è del tutto normale che questo accada. Ma il fatto è che, dopo altrettante lettere troviamo la “o” e dopo altre 48 lettere troviamo la “t”. Fatti i conti, verifichiamo che c’è una sola possibilità su 93 che, partendo da una delle 38 “he” dei primi dieci versetti e saltando o 48, o 49 o 50 lettere si arrivi a formare la parola “torah”. Dunque tutt’altro che scontato. Ma le probabilità che questo accada insieme, cioè nella stessa Bibbia nella quale si è verificato quanto abbiamo letto a proposito di Genesi, Esodo e Deuteronomio, sono solo 1 su 1 trilione e 775 miliardi. Pensiamo che ogni giorno affidiamo la sicurezza della nostra carta Bancomat a un codice di sicurezza di cinque cifre, con tre tentativi a disposizione. Ebbene, ci sono le stesse probabilità di indovinare il PIN di tre Bancomat di seguito rispetto a questa serie di “coincidenze”.
In realtà, però, la “he” del quinto versetto da cui si parte, è tutt’altro una “he” qualsiasi. Si tratta dell’articolo (che in ebraico è composto di una sola lettera, una “he” appunto) di quale parola? Della parola “torah”, per di più: “Di là dal Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare questa torah, dicendo…”. In pratica è il titolo del Pentateuco! Quanto al passaggio dal salto di 49 lettere al salto di 48 lettere, si può dire che corrisponde ad utilizzare la 50a e la 49a lettera. Due numeri contenuti nel precetto del giubileo: passano sette “settimane” di anni (in ebraico “settimana” si dice “shavua”, una variazione del numero sette, “sheva”, senza quel concetto di giorni, “-mane”, contenuto nella parola italiana), cioè 49, e poi il 50° è l’anno giubilare. Queste considerazioni aumenterebbero di un centinaio di volte l’improbabilità che tutto questo sia casuale. Ma noi ci accontentiamo che ci sia 1 probabilità su 1,8 trilioni, in attesa di vedere la cosa più straordinaria: quella che si verifica nel Levitico, il libro centrale della Torah.
SESTA PARTE
Come abbiamo detto nelle parti precedenti, esattamente all’inizio di Genesi e Esodo si trova la parola תורה , cioè “torah”, nome ebraico del Pentateuco, scritto nel modo normale, cioè da destra a sinistra, saltando 49 lettere dalla prima “t”, e – molto vicino all’inizio di Numeri e Deuteronomio, la si trova scritta a rovescio, saltando rispettivamente 49 e poi 48 lettere. Come avevamo già anticipato, in Levitico non si osserva questo fenomeno. Ma qualcuno ha cercato e cercato, ha “investigato le scritture” (Giovanni 5:39), e nel terzo libro del Pentateuco ha trovato qualcos’altro. Ha trovato il nome di Dio nell’Antico Testamento, il “quadrilittero sacro”, quella parola, che si scrive יהוה , che gli Ebrei non leggono, dicendo invece “Adonai”, cioè “il mio signore” quando la
incontrano. Se pronunciata come si scrive dovrebbe essere “yahwe”, la stessa parola da cui i Testimoni di Geova prendono il nome, con una vocalizzazione errata. E dove si trova questa parola? Partendo dalla prima י, “yod”, pronunciata “y” del primo capitolo, poi saltando sette lettere ogni volta fino ad arrivare a alle quattro lettere della parola, come si vede nell’immagine qui a fianco. È evidente che l’intervallo di sette lettere è molto significativo. Sette è il numero biblico per eccellenza e 49, l’intervallo che si è riscontrato in Genesi, Esodo e Numeri, è sette volte sette. In Deuteronomio troviamo un intervallo di 48 lettere, ma questo vuol dire che ogni volta si deve leggere la quarantanovesima (7 volte 7).
Il messaggio è fortissimo: come proviamo a evidenziare nella figura qui a fianco, quattro dei cinque libri del Pentateuco convergono a indicare quello centrale. In altre parole al centro dell’insegnamento (questo è il significato proprio di “torah”, che molti traduttori rendono con “legge”; in entrambi i casi la cosa funziona benissimo), c’è Dio.
Vediamo quante probabilità ci sono che si tratti di un’ulteriore coincidenza. Proviamo ad essere il più severi possibile e diciamo che la parola “yahwe” che si trova in Levitico non è l’unica che possiamo immaginare, in quella posizione, anche se è difficile pensarne una più appropriata. Potrebbe forse esserci “elohim”, altra parola usata per indicare Dio, o un’altra parola ancora. E aggiungiamo che l’intervallo di 7 lettere è una possibilità in più rispetto a 49: in altre parole, se l’intervallo fosse stato di 49 lettere l’avremmo considerato lo stesso significativo. Nonostante questo, la probabilità che si verifichino le quattro particolarità che abbiamo visto nei precedenti capitoli in Genesi, Esodo, Numeri e Deuteronomio, e in più quella illustrata in questa parte a proposito del Levitico, è una su 3200 trilioni (una su 3.200.000.000.000.000). Che tu compri un solo biglietto della Lotteria d’Italia e vinca, e poi tu faccia la stessa cosa l’anno prossimo è 12 volte più probabile che accada rispetto a questo.
Insomma: NON È UN CASO. È chiaramente un fatto voluto. Rimasto nascosto migliaia di anni, finché un gruppo di studiosi l’ha scoperto circa 70 anni fa.
Nella prossima e ultima parte vedremo quali sono le implicazioni di questo.
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