La divinizzazione del pensiero umano. Sempre di moda in certi ambienti, ma…
Anche per chi voglia ignorarlo Karl Barth rimane un teologo di primo piano che ha esercitato una grande influenza sugli sviluppi della teologia del XX secolo. Karl Barth rimane un inquietante “gigante” della teologia del moderno valdismo, che considera spesso la teologia di Barth “una lettura biblica che si richiama direttamente a quella dei riformatori, ma anche dei padri della chiesa antica”.
L’audacia con cui Barth pone l’accento sul valore della Scrittura ha indotto alcuni a considerarlo un continuatore della tradizione riformata classica, ma la Parola che risuona con Barth di fatto non è quella che risuonava ai tempi di Calvino. Tale Parola si afferma nella trascendenza e nella discontinuità per l’infinita differenza qualitativa fra tempo ed eternità. Non è più una rivelazione diretta, ma indiretta; non è più una realtà presente, ma “un avvenimento”. Non fornisce un’ autentica attestazione d’unità tra divino e umano, ma rimane una testimonianza umana e fallibile. Barth stesso ha riconosciuto una profonda distanza tra la concezione riformata classica o il calvinismo storico e la teologia riformata da lui insegnata.
L’ oscillazione tra l’indipendenza di Dio nei confronti dell’incarnazione e l’accento cristocentrico colloca il rapporto con la Scrittura nell’ambito di un avvenimento. In tal modo sfuma l’apparente oggettività della rivelazione che si colloca di un certo soggettivismo. Il peccato dell’uomo non è quindi solo qualcosa di misterioso e ontologicamente impossibile, quasi un’apparenza rispetto al primo assunto che, secondo Barth, sarebbe la grazia di Dio, ma una rottura dell’alleanza che si colloca in un tempo storico. La questione non è infatti di carattere ontologico, quella dell’unione del divino e dell’umano in Gesù Cristo, bensì storico.
Per la Scrittura non si tratta di far coesistere Creatore e creatura, ma di affrontare la questione del peccato della colpa e della condanna. A salvare l’uomo non è quindi l’incarnazione in quanto tale, ma l’opera dell’ Incarnato, l’espiazione del peccato da parte del Signore Gesù.
Sebbene la teologia di Barth si contrapponga criticamente al liberalismo protestante tedesco, la sua teologia non ha generalmente trovato favore all’altra estremità del ventaglio teologico: coloro che si attengono alle confessioni di fede protestanti classiche e gli evangelicali.
La sua dottrina della Parola di Dio, per esempio, non procede dall’affermazione o dalla proclamazione che la Bibbia sia uniformemente accurata dal punto di vista storico e scientifico, per poi stabilire altre affermazioni teologiche su quel fondamento.
Alcuni critici evangelicali spesso si riferiscono alle concezioni di Barth come “neo-ortodossia”, perché, sebbene la sua teologia conservi la maggior parte dei concetti della teologia cristiana ortodossa, si rileva come egli respinga il presupposto di base del loro sistema teologico, cioè quello dell’inerranza biblica. È soprattutto per questo che Barth è stato criticato duramente dal teologo evangelico conservatore Francis Schaeffer, studente di un altro grande avversario di Barth, Cornelius Van Til. Questi critici sostengono che proclamare una teologia cristiana rigorosa su un testo biblico di supporto che non sia considerato storicamente accurato, significa separare la verità teologica dalla verità storica. I barthiani rispondono a questo dicendo che affermare come il fondamento della teologia sia l’inerranza biblica, significa, di fatto, far uso di un fondamento diverso da Gesù Cristo, e che la nostra comprensione dell’accuratezza ed il valore delle Scritture può solo emergere propriamente dal considerare ciò che significa per esse essere vere testimonianze alla Parola incarnata, Gesù Cristo. In quale altro Cristo, però, credere se non in quello che ci parla nelle Sacre Scritture? E’ proprio, infatti, in un “Cristo astratto” che credono molti cristiani moderni.
Il rapporto fra Barth, il liberalismo ed il fondamentalismo, però, va molto oltre alla questione dell’inerranza. Dalla prospettiva di Karl Barth, il liberalismo, come era compreso nel 19mo secolo da Friedrich Schleiermacher e Hegel (suoi esponenti principali) e non necessariamente come espresso da una qualsiasi ideologia politica, non è altro che divinizzazione del pensiero umano. Questo, per Barth, conduce inevitabilmente ad uno o più concetti filosofici che diventano un falso Dio, bloccando, così, la vera voce dell’Iddio vivente. Questo, a sua volta, conduce la teologia a diventare prigioniera delle ideologie umane, Nella teologia di Barth, egli mette sempre in evidenza come concetti umani di qualsiasi tipo – non importa quanto larghi o stretti – non possano mai essere considerati identici alla rivelazione di Dio. Sotto questo aspetto, anche la Scrittura è considerata linguaggio umano che esprime concetti umani.
Per approfondire, vedasi: https://www.cristoregna.it/risorse/karl-barth/
Lascia un commento