Il Glorioso Rimpatrio nel 1689 dei Valdesi nelle Valli, seguito dagli eventi bellici del 1690, fu definito da Napoleone una delle più notevoli imprese militari di ogni epoca.
Ogni anno, dal 1975, il Glorioso Rimpatrio viene celebrato da un festival ricco di eventi di varia natura, tra i quali una gara di corsa, un torneo di bocce e soprattutto dalla rappresentazione teatrale “Da questo giorno in poi” che ricorda quei fatti, la perseveranza nella fede dei Valdesi di quell’epoca e le loro vicende succesive.
Tutto questo si svolge a oltre 7000 chilometri dai luoghi della vicenda storica, nella cittadina di Valdese, Noth Carolina. Naturalmente l’incresciosa notizia non pare sia mai giunta ai Valdesi italiani tramite i loro organi di informazione ufficiali, troppo impegnati su altri fronti come il gay pride, il connubio con Papa Bergoglio, l’Otto per Mille e così via.
Del resto, si sa che il Glorioso Rimpatrio è un ricordo imbarazzante per il pacifismo dei nostri tempi e ai pochi giovani che frequentano la scuola domenicale o il catechismo si preferisce far capire sia stato una sorta di marcia della pace in salsa alpina.
Certo, il Waldensian Festival di Valdese ha molti aspetti di una qualsiasi festa di paese americana, ma fa percepire, specialmente con la rappresentazione teatrale, un’identità, una storia, la cui base è una sola: la fede.
Il Sinodo di Torre Pellice è certamente molto più sobrio, ma di certo da esso vengono messaggi – nella migliore delle ipotesi – assai meno chiari, come la “Confessione di Fede post-apostolica”, in realtà post-cristiana, solennemente letta dal pulpito e ascoltata dall’assemblea in piedi, che dà esattamente il segnale opposto: che la fede è mutevole, oggi si crede in questo, domani in quello, di certo nulla a che fare con la fede dei padri, nulla per cui valga la pena darsi tanto da fare. Altro che imprese come il Glorioso Rimpatrio!
Ricordando. Anche il ricordo, però sembra qui svanire. Forse perché non ci si riconosce più nella fede antica, ed anche perché svanisce pure la coscienza per i valdesi di essere un popolo. Che ci si poteva aspettare, per altro, dalla globalizzazione e in un tempo in cui di fa persino l’equazione nazionalismo/particolarismo=razzismo?
Ben detto e ben scritto Paolo