Il settimanale “Riforma” è in difficoltà economiche

Però rifiuta le inserzioni

Il 7 giugno Riforma pubblica un articolo in cui il pastore Giorgio Tourn conferma, dopo un articolo di Marco Rostan pubblicato a maggio, che il settimanale stesso è in difficoltà economiche: “nell’incontro tenutosi a Pinerolo il 19 aprile il direttore ha fornito dei dati preoccupanti, che lasciano prevedere una riduzione e l’eventualità di passare dalla periodicità settimanale a quella quindicinale o mensile“.

Le difficoltà di Riforma non sono una novità: anni fa il settimanale aveva annunciato un incontro aperto a redattori, lettori e abbinati per parlarne. Ma l’incontro non si tenne o si tenne a porte chiuse. Da anni somme, per la verità limitate, di denaro vengono dall’8 per mille. L’ultimo anno circa 41mila euro, di cui 22.500 per “abbonamenti gratuiti”, insomma, una sovvenzione. Eppure, nel 2011 rifiutò una nostra reiterata richiesta di pubblicare inserzioni a pagamento.

La storia cominciò con la lettera inviata il 1° aprile Riforma da uno di noi  in cui si sottolineavano importanti dichiarazioni di un pastore, rilasciate durante un programma televisivo della Rai, ma mai riportate dal settimanale e si chiedeva quali conseguenze esse dovevano avere sulle posizioni dell’Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, anche tenuto conto degli importanti incarichi dell’autore delle dichiarazioni, all’epoca docente alla facoltà di Teologia e vice presidente della Fcei.

In mancanza di risposta, il 18 aprile veniva sollecitata, richiedendo, in caso di rifiuto, un preventivo per pubblicarla come inserzione a pagamento.

Il 22 aprile, il direttore di Riforma, rifiutava l’ipotesi della pubblicazione a pagamento. Proponeva di pubblicare la lettera solo a condizione di “smussare i toni dell’attacco personale” al pastore in questione (che però consisteva solo nel riportare testualmente le sue parole, peraltro già trasmesse dalla RAI, che citavano esse sì fatti privati ma presentandoli come un esempio di ciò che significa essere valdese; e si domandava quali conseguenze si dovevano trarre da esse per i valdesi in generale), chiedeva – con una certa supponenza – di “alzare il livello” della lettera e di omettere parti dello scritto, oltre a negare la veridicità dell’affermazione “oltre il 40% dei deputati non ha votato l’ordine del giorno” sulle benedizioni alle coppie dello stesso sesso, che è un fatto appurato.

Di fronte a queste irragionevoli opposizioni e al rifiuto dell’inserzione con il testo della lettera, il 3 maggio lo stesso lettore chiese, a nome di valdesi.eu “le condizioni economiche e di contenuto per pubblicare piccole inserzioni… per segnalare l’esistenza del sito www.valdesi.eu”, precisando che restava facoltà del Direttore considerare “nel concreto il contenuto”. Il direttore di Riforma rispondeva di aver passato tale richiesta al “consiglio d’amministrazione”.

In mancanza di risposte, il 23 e il 25 maggio si tentava di contattare il fantomatico consiglio, ma da esso (della cui composizione non è possibile avere notizie) non è mai giunta alcuna risposta, né dal settimanale Riforma.

Ancora il 17 agosto 2011 si tentava inutilmente di ottenere una risposta da Riforma e dal suo direttore allegando uno schema di inserzione.

Ad aggiungere tracotanza a tracotanza, essendoci rassegnati a pubblicare l’inserzione su altri organi di informazione, la cosa fu tratta a pretesto per la condanna votata in tutta fretta dal sinodo di quell’anno, dove, tra l’altro, si “deplora la pubblicazione… di pubblicità a pagamento su organi di stampa che denunciano ‘censure’ nell’informazione sul dibattito interno alla Chiesa”. Non solo censurano, ma ti condannano se dici che censurano!

Ricordiamo anche la pessima esperienza dell’Appello per la fedeltà alla Confessione di Fede, la cui pubblicazione a pagamento fu accettata, ma affiancata da un articolo dove si diceva che l’appello conteneva notizia false (ma non era vero)! Nonostante questo l’anno dopo tentammo nuovamente di dare dei soldi a Riforma per delle inserzioni, ma – come detto – neppure ci diedero una risposta.

Ricordiamo numerosi altri casi di lettere non pubblicate perché non allineate al pensiero unico imposto dall’autoreferenziale élite della chiesa. Non ci stupiamo perciò molto del calo degli abbonati e delle difficoltà economiche di Riforma. Fatti che ci rattristano, ma ci rattrista di più di un settimanale che dovrebbe essere di tutti, che un tempo si chiamava “la Luce”, che è invece usato come organo di parte, e dove la luce scarseggia.

A proposito di scarsa luce: come in tutte le altre crisi finanziarie degli istituti della chiesa (ricordiamo lo spaventoso debito degli ospedali che rischiò di travolgere l’intero patrimonio materiale della Chiesa), non c’è verso di conoscere neppure una cifra. Mistero sul numero di abbonati, di copie, di collaboratori (che sappiamo sono in gran parte volontari), di ricavi dalle inserzioni. Nulla. Sui soldi si chiedono sempre “atti di fede”. Mentre sulle questioni di Fede si è invece molto flessibili, come sulla Confessione che – come ha detto un pastore – firmano ma non condividono e non applicano.

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