Nel rivedere tutti gli oltre mille articoli del nostro sito, per togliere intrusioni di qualche hacker, ne troviamo tanti molto interessanti. Invitiamo i lettori a navigare un po’ nel nostro sito, usando ad esempio l’ottima casella di ricerca. Intanto ripubblichiamo questo, del 18 aprile 2014, che troviamo particolarmente toccante.
Nell’articolo di Mauro Pons su Riforma di febbraio, un brano mi ha stupita particolarmente:
“Gli anni del ‘ritorno’ sono stati anni felici, tra nostalgia del “piccolo mondo antico valdese” che non c’è più – e da un certo punto di vista è bene che quel mondo sia finito! – e l’incapacità di collocarsi all’interno di una realtà che non si conosce più o – ma non fa grande differenza – in cui non ci si riconosce più; in cui non ti conoscono più (quanto sei e sono cambiati) o ça va sans dire, non ti riconoscono più come uno di loro (“straniero tra fratelli e sorelle”). Eppure, è proprio da questo senso di estraneazione-alienazione reciproca, che bisogna ripartire (…) Parti diverse e contrapposte di un “popolo” che non esiste più…”
In un certo senso capisco bene cosa significhi “collocati all’interno di una realtà che non si conosce più”; vivere in questo “senso di estraneazione-alienazione reciproca”!
Ma la “chiave” di un grave problema che aliena, che svuota dalla “personalità storica” un popolo, la individuo in quella frase: “nostalgia del piccolo mondo antico valdese che non c’è più”. Quel “piccolo mondo valdese” è precisamente quella nostra identità, “radice storica”, alla quale pensiamo non valga più la pena aggrapparsi perché “improvvisamente è diventata una prigione all’interno della quale non vuoi essere rinchiuso”, e proprio perché dall’animo della “banda di piccoli valdesi che giocavano alle battaglie di Arnaud” è stato strappato, io direi con una sorta di imposizione storica che esclude la fede dei padri, è stata strappata la realtà di vicende impregnate da atti di vera fede, facendo credere che quel mondo fosse solo nella “mitologia narrativa” del popolo, e che tutta la nostra eredità si esemplificasse a un’appartenenza “alle valli valdesi come territorio in cui eravamo nati” e potenziando tale convinzione, cercando banalmente di raggiungere la priorità di valorizzare il territorio paesaggisticamente, storicamente e culturalmente, come se questo fosse tutto ciò che è rimasto a noi valdesi delle valli!
Il credere dunque che il “piccolo mondo valdese non c’è più” è sintomo di una malattia alienante, che ci rende estraniati dalla nostra identità storica segnata nei secoli… nascondendola; e noi siamo stati capaci di lasciarcela portare via facendola passare per “mitologia narrativa”, e per di più, credendo che sia tale.
Ma i fatti storici della valdesità rimangono scolpiti sulle pietre e rocce della valle, dove il sangue della fede dei padri è stato versato segnandole in profondità, e per sempre, nella radice della storia, dalla quale è impossibile cancellarle per via delle testimonianze e Confessioni di fede, cioè delle prese di posizione che non si possono ignorare.
Dunque “sdoppiamento di identità storica” causata dal far diventare “mitologia popolare” quella storia che è possibile riscoprire semplicemente leggendo qualche antico libro o consultando anche solo alcuni documenti storici.
C’è dunque qualcuno che pubblicamente afferma che “il piccolo mondo valdese non c’è più e che da certi punti di vista è un bene che quel mondo sia finito”! Sì! Quel mondo è finito per chi (secondo la mia lettura biblica di Ezechiele) non regola bene la sua condotta…, ma la via del Signore è ben regolata! (vedi:Ezechiele 33: 17;20). E quella via nessuno può annullarla, perché è un sentiero di giustizia eterno per coloro che desiderano camminare secondo il diritto e la giustizia.
Chi crede che il sentiero ben tracciato attraverso la storia del popolo della fede sia finito, e ritiene che questo, sotto certi punti di vista, sia un bene, è il più grande degli illusi, visto che nessuno può annullare il consiglio di Dio che riguarda il suo proposito di riunire in uno i figli di Dio, aumentandone così il numero fino a che l’ultimo eletto raggiunga i “suoi”.
Ecco dunque ciò che io credo: “Un popolo che non esiste più se non nella mitologia narrativa” è solo nella fantasia di chi non vede la realtà stabilita dal Dio sovrano, attraverso Cristo Gesù che riunisce il suo “popolo” ancora oggi, sotto il naso di chi dichiara pubblicamente la fine di un popolo che non avrà mai fine!
Lascia un commento