Il “Documento sulle famiglie Sinodo Valdese 2015 (3) – Frange cattoliche punto di riferimento per il Sinodo – Strumentalizzata la violenza sulle donne

Proseguiamo l’analisi del Documento sulle famiglie del Sinodo Valdese 2005. Qui potete trovare le altre parti.

Ancora nella densissima prima pagina, troviamo un ampio riferimento al “Sinodo straordinario sulla famiglia in ambito cattolico romano, in cui ha fatto irruzione la vita concreta dei credenti incoraggiando una riflessione che non fosse solo di principio e teorica”. A stento gli estensori del documento trattengono l’entusiasmo, affermando che quel consesso “ha aperto porte che difficilmente verranno chiuse in vista di una riforma che non può che vederci in un cammino ecumenico convergente”. È difficile credere che dal classico – a volte persino pedante – anti-cattolicesimo, si sia passati così rapidamente a una adesione sfrenata a una riunione di vescovi e alla linea che Papa Francesco pare stia tentando di imporre alla chiesa romana: un’adesione così impetuosa da far dimenticare che il Sinodo dei vescovi ha in gran parte respinto le tesi più innovative sostenute da alcuni prelati.

Insomma: è bastato che Bergoglio ci provasse per arrivare quasi al “santo subito” in salsa post-valdese! Il documento del Sinodo valdese cerca di attutire lo slancio papalino menzionando le “divergenze che permangono a livello dottrinale nel concetto di matrimonio e di famiglia nelle rispettive confessioni cristiane”. Ma, notate bene: non si ritiene di menzionare la vera divergenza che dovremmo avere con i Cattolici, cioè che noi ci basiamo sulla Sola Scriptura (con tutto quel che segue), ma si parla solo del concetto di matrimonio e nozze, e non per ricordare che a differenza dei cattolici per noi il matrimonio non è sacramento, ma perché per noi il matrimonio parrebbe essere qualsiasi aggregazione sociale “basata su un legame di solidarietà”, come sentiamo tante volte ripetere. Orbene, poiché mai la Scrittura dice né suggerisce questo, mentre sono ben chiare le sue parole contro l’omosessualità, la “colpa” dei cattolici –in questo caso – sarebbe quella di attenersi maggiormente alla Scrittura! Ma, per la gioia dei bergogliani “valdesi”, anche in ambito cattolico emerge chi ha più a cuore seguire le mode politico-culturali che non la Parola di Dio: dunque, avanti con il “cammino ecumenico convergente”!

In questo slancio di ecumenismo viene citato come una grande vittoria “l’appello alle Chiese cristiane in Italia, «contro la violenza sulle donne»: l’appello non si limita alla denuncia bensì promuove un impegno per una cultura che combatta la violenza, rispetti la diversità di genere, sia orientata all’accoglienza che è al cuore della testimonianza cristiana”. Da parecchio sospettavamo la strumentalità questo appello, che peraltro non si capisce perché è alle chiese cristiane non delle chiese cristiane, come se le chiese fossero le principali colpevoli della violenza sulle donne. Appello preso molto sul serio in ambito “valdese”, tanto che in molti templi sono comparse sedie con sopra una borsetta e una maglia rosse e ai piedi della sedia un paio di scarpe con i tacchi a spillo, rosse anch’esse, a simboleggiare le donne vittime di violenza. In una chiesa cattolica si tratta di una macchia di colore in più tra statue, quadri, affreschi e stucchi dorati. In un tempio valdese sembra un incongruo oggetto di culto. Ma ora, con questo documento, abbiamo la prova, poiché all’appello vengono attribuite parole e concetti che nell’appello vero non ci sono: “la diversità di genere” e “l’accoglienza” che sarebbe cuore della testimonianza cristiana. “Diversità di genere” è un’insidiosa espressione per introdurre il concetto di “genere”, categoria del tutto diversa dal sesso, in base alla teoria che gli esseri umani, tutti gli esseri umani, hanno due cose ben distinte: il sesso, determinato dalla natura, e il “genere”, che è come uno si sente a proposito di identità e orientamento sessuale. Per cui il maschio potrà forse essere attratto da una donna ma, con altrettante probabilità, da un uomo, dunque non bisogna “condizionare” i bambini dicendo ai maschi che sposeranno “una principessa” o alle femmine che troveranno “il loro principe”, bensì indurre in loro il dubbio e forse la speranza che in realtà “sono omosessuali”. Si tratta insomma di assumere il comportamento omosessuale come modello di base, e considerare una eccezione quello eterosessuale, senza il quale l’umanità di estinguerebbe in una sola generazione. Quanto al concetto di “accoglienza”, sappiamo bene come è stato usato: per benedire liturgicamente le coppie omosessuali.

Vediamo dunque che un appello per “la dignità della donna, i suoi diritti e il suo ruolo nel privato delle relazioni sentimentali e di famiglia, nell’ambito della comunità cristiana, così come nei luoghi di lavoro e più in generale nella società” viene usato per l’ormai immancabile propaganda omosessualista, adulterandone il contenuto. Si evidenzia così che attraverso quell’appello la chiesa “valdese” insieme ad altre, tenta si spacciare le proprie posizione omosessualiste come in qualche modo condivise anche con i cattolici e altri cristiani, dei quali ci si rammarica tuttavia per gli “approcci diversi al tema della famiglia”.

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*