Nel 2003 sulla Chiesa Valdese, il cui bilancio annuale è di pochi milioni di euro (il dato è curiosamente non pubblicato sul sito ma noto), gravava un debito di decine di milioni di euro prodotto dagli ospedali di Torino, Torre Pellice e Pomaretto. Alla fine si è trattato di circa 60 milioni, rispetto al quale un precedente moderatore aveva presentato alle banche come garanzia l’intero patrimonio immobiliare della Chiesa.
Il moderatore del 2003, Gianni Genre, di fronte alla totale mancanza di prospettive di rientro da quel debito colossale, era a sul di presentare i libri contabili in tribunale per la procedura fallimentare. Se l’avesse fatto, e la legge glielo imponeva:
– il patrimonio immobiliare dell’Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste sarebbe passato per intero in mano alle banche creditrici, dalla Casa Valdese di Torre Pellice a tutti i templi, ai siti storici valdesi, se di proprietà, oltre naturalmente agli ospedali; si sarebbe salvato qualcosa solo se il valore complessivo, a giudizio delle banche stesse, fosse stato superiore all’enorme debito, e c’è parecchio da dubitarne; i caso contrario, oltre a perdere gli immobili, ci saremmo trovati anche gravati da qualche milione di debiti residui;
– i 550 dipendenti sarebbero rimasti senza lavoro;
– gli istituti sarebbero stati chiusi.
Tutto questo non accadde perché, dopo una trattativa tra Chiesa e Regione, mediata da Giorgio Mathieu, dal senatore Lucio Malan e dall’allora consigliere regionale Emilio Bolla, che avevano buoni rapporti con il presidente della Giunta Regionale, Enzo Ghigo, ci fu da parte di quest’ultimo l’impegno ad ottenere l’approvazione di una legge regionale che accollasse l’intero debito alla Regione e assorbisse strutture e personale nella sanità pubblica. Le banche, sulla sola parola di Ghigo, allentarono la presa, vedendo prospettive concrete di veder rientrare i soldi da loro prestati, e andò esattamente come il presidente Ghigo aveva promesso. La legge regionale, alla fine, fu votata da tutte le forze politiche, anche quelle che parlavano di “accordo avvelenato”e il moderatore Genre le ringraziò pubblicamente tutte.
Sulla questione ci furono due visioni contrapposte.
Molti, anche sul settimanale Riforma, criticarono aspramente l’accordo e in particolare la Regione, Mathieu, Malan e Bolla, rei di aver privato la Chiesa dei suoi ospedali, le cui difficoltà economiche – sostenevano – erano dovute proprio alla Regione che negli anni precedenti non avrebbe pagato il giusto. I Democratici di Sinistra della Valle affissero manifesti che denunciavano “l’accordo avvelenato”.
Altri, principalmente Mathieu e Malan, sostennero che invece l’amministrazione degli ospedali era stata quanto meno carente e che la Regione, che tutt’al più aveva fatto resistenza alla richiesta di innalzamento di certe tariffe, ma, ben lungi dall’essere causa dei guai, aveva salvato la Chiesa da un disastro prodotto da altri. Chiesero con insistenza che fosse fatta chiarezza sull’accaduto con una inchiesta che accertasse la verità, affinché ciascuno si assumesse le sue responsabilità, alla luce dei fatti, della progressione del debito, non certo nato nel 2003, della congruità o meno delle tariffe, dell’appropriatezza o meno delle numerose assunzioni e dei contratti con i services privati. La cosa certa, dicevano, era che si era sfiorato la perdita di ogni bene materiale della Chiesa, per cui era indispensabile sapere la verità.
Il tutto finì nella relazione di una commissione sinodale, presieduta dal pastore Giorgio Tourn, nella quale – come ebbe a dire Lucio Malan – l’unica cifra presente era la data. Un po’ strano visto che il problema era di soldi, di assunzioni, di debiti, di condizioni contrattuali.
Vorremmo, con l’aiuto di tutti coloro che vorranno prestarcelo, fare un po’ di chiarezza, apertissimi a tutti coloro che hanno elementi concreti di chiarezza, qualunque sia la conclusione alla quale essi portano. Per secoli i nostri padri e le nostre madri hanno salvaguardato anche materialmente la Chiesa, in situazioni tra il difficile e il disperato. Con il disastro amministrativo degli ospedali si è rischiato di distruggere tutto in pochi anni. Occorre sapere la verità.
1997-1998 – Un buco grande come la Chiesa
L’Ospedale Valdese di Torre Pellice nacque nel 1826 grazie alla determinazione e alla generosità dei valdesi dell’epoca, ma fu decisiva una donazione di 6000 franchi di Alessandro I Zar delle Russie.
Quasi duecento anni dopo, la chiesa fu costretta a rinunciare agli ospedali per un debito di circa 60 milioni di euro, una somma circa 1500 volte superiore a quella donata dallo Zar. Questo debito non nacque d’un botto, ma fu accumulato negli anni, senza che nessuno desse l’allarme. L’anno 1997 si chiuse con un deficit superiore a 11 miliardi di lire, equivalenti a circa 8 milioni di euro del 2013, già superiore all’intero bilancio della Chiesa. Per un terzo circa, l’ammanco era dovuto agli ospedali di Torre Pellice e Pomaretto e per il resto a quello di Torino.
La cosa avrebbe dovuto suscitare forte allarme tra tutti i responsabili. Ma non fu così! La CIOV (Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi) che gestiva Torre Pellice e Pomaretto e la OEV (Torino) non fecero appelli, non dissero nulla al Sinodo. Pare che nella relazione al Sinodo si limitassero ad esprimere generica “preoccupazione”, ma storicamente le opere della chiesa hanno una situazione che “desta preoccupazione”! Soprattutto, non menzionarono cifre, non citarono le cause del deficit , non proposero rimedi, che infatti non furono posti in atto. La Commissione Sinodale per la Diaconia (CSD) per statuto aveva la responsabilità di “controllo e supervisione” sugli ospedali, nominava i membri di CIOV e OEV, partecipava con due membri propri a tutte le loro riunioni. Eppure non disse e non fece nulla.
La Tavola Valdese era in teoria esentata da una responsabilità diretta poiché la questione ospedali era demandata alla CSD. In realtà non poteva ignorare un debito così grande. Gli ospedali infatti erano di gran lunga l’opera più grossa della Chiesa, molto più grossa della Chiesa stessa!
Il Sinodo 1998, che doveva analizzare la situazione del 1997, non disse e non fece nulla, salvo accettare le relazoni della OEV nella CIOV. Ovviamente non si può attribuire la responsabilità ai singoli deputati o pastori. Toccava alla Commissione d’Esame sollevare il problema. Ma nella sua relazione si limitò ad affermare: “La CSD dovrà sostenere in ogni modo la nuova CIOV perché riesca a portare a termine positivamente ciò che si è iniziato in questi anni”. È incredibile che nulla sia stato detto sul già terrificante debito, inevitabilmente destinato ad aumentare nello stesso 1998 poiché nulla era stato modificato nella gestione!
Purtroppo non è facile reperire i nomi e i cognomi che stanno dietro a questi numerosi organismi, poiché – come abbiamo rilevato – la Chiesa Valdese non pubblica neppure i nomi dei membri della Tavola in carica. Figurarsi quelli del passato o quelli degli altri organismi meno importanti. Un piccolo elemento, riscostruito a memoria, ci è dato sul Moderatore della Tavola dell’epoca. In esclusiva su valdesi.eu (sia chiara l’ironia), infatti, abbiamo quelli degli ultimi 50 anni.
1998-1999 – Il buco raddoppia, la Tavola rilascia fidejussioni senza dirlo
Dopo che nessuno aveva reagito per gli undici miliardi di lire di deficit del 1997, non c’è da stupirsi che nel 1998 il deficit sia all’incirca della stessa entità: poco meno di 11 miliardi. Si accentua però il ruolo negativo dell’ospedale di Torino che da solo determina un buco di poco meno di 8 miliardi.
Supponendo che prima del 1997 non ci fossero debiti, alla fine del 1998 il debito complessivamente accumulato è di circa 22 miliardi, equivalenti a 30 milioni di euro di oggi. Una cifra impressionante. I tagli alla sanità in Piemonte nel 2011, che tanto hanno fatto discutere e protestare anche durante il Sinodo, ammontavano a 135 milioni, ma sui 4,3 milioni di cittadini piemontesi, non sui circa ventimila che abitano nel bacino di utenza di Torre Pellice e Pomaretto, cui vanno sommati un potenziale di 50mila per Torino. Insomma il taglio alla sanità piemontese è stato di 31 euro per ogni cittadino, il debito degli ospedali valdesi nel 1997-1998 circa 320 euro per ogni cittadino del loro bacino di utenza.
Ma la CIOV non si fece per nulla impressionare! Nella sua relazione al Sinodo del 1999 riuscì anzi a parlare di un ammanco di “soli” 4 miliardi, poiché con un artificio passò sotto silenzio quello accumulato a Torino da gennaio a settembre. In ogni caso si trattava di una cifra altissima, superiore alle contribuzioni di tutte le chiese valdesi d’Europa. È anche singolare che, prendendo per buona la cifra di 4 miliardi, nessuno si sia chiesto come si è potuto scendere a tale ammontare dagli 11 del 1997. Ciò detto, nessun allarme, nessuna ricerca delle cause di questa emorragia, nessuna proposta per frenarla.
La Commissione Sinodale per la Diaconia (CSD), nella sua relazione al Sinodo, ha un passaggio di involontario umorismo quando afferma che la gestione degli ospedali “richiede veramente molto impegno e una certa lungimiranza da parte di tutti”, notando di passaggio che nonostante la fusione delle gestioni dei tre stabilimenti essi “sono ancora lontani dalla loro piena integrazione funzionale”.
La Commissione sinodale d’Esame sull’operato della CSD lamenta che la relazione di quest’ultima “è assolutamente carente e non chiara” e che i dati in essa contenuti “non possono non dar luogo a preoccupazioni”.
Nonostante questo segnale d’allarme, il Sinodo del 1999 di fatto non affronta l’argomento, anche perché in quell’anno si sperimenta il lavoro a gruppi, pertanto – di fatto – degli ospedali si occupa solo una parte dei deputati e pastori e la loro relazione alla seduta plenaria è vaga e inconcludente.
L’elemento particolarmente inquietante di questo periodo è che – prima del Sinodo 1999 – vengono rilasciate, si suppone dalla Tavola, garanzie fidejussorie per ben 14 miliardi, senza le quali le banche non concederebbero quel credito multi miliardario. Ma –incredibile a dirsi e a udirsi – ciò non viene menzionato in alcuna relazione e il Sinodo ne viene tenuto del tutto all’oscuro. Fatte le dovute proporzioni, sarebbe come se il Governo italiano oggi si indebitasse, in un solo anno, di una cifra pari all’attuale debito pubblico (duemila miliardi di euro) senza neppure dirlo al Parlamento, e meno ancora ai cittadini! Nella ricostruzione dei fatti sembra chiaro che tali garanzie fidejussorie, che la CIOV non poteva concedere, siano state rilasciate dalla Tavola, il cui legale rappresentante è il Moderatore (vedi lista dei moderatori per sapere chi rivestiva tale carica all’epoca).
Anche qui, sarebbe bello sapere chi faceva parte della CIOV, della CSD, della Tavola e così via. Se qualcuno ha queste notizie o altre, o che smentiscono la ricostruzione dei fatti qui pubblicata, saremo ben felici di ricevere e pubblicarne i contributi.
Lascia un commento