Quando nel 1532 i Valdesi aderirono alla Riforma protestante, le persecuzioni li avevano ormai ridotti quasi esclusivamente ridotti all’area delle Valli Valdesi. In precedenza, però, la parola “Valdese” poteva indicare realtà piuttosto varie: da un francescano spirituale perseguitato dalla Chiesa di Roma e dai suoi “confratelli” conventuali a un cataro che si voleva un po’ mimetizzare, oltre naturalmente a un “barba” istruito a Pra del Torno che andava a diffondere l’Evangelo.
Se poi c’erano Valdesi già prima di Valdo di Lione, essi probabilmente intendevano se stessi come coloro che seguivano la pura dottrina degli apostoli e non sentivano un vincolo di obbedienza nei confronti del vescovo di Roma. Claudio, vescovo di Torino nel IX secolo, ne è un esempio insigne.
Perciò, legati come ogni valdese è, alle Valli e a quella realtà unica e straordinaria, non possiamo dimenticare la missione molto più ampia nella quale i nostri predecessori si erano lanciati in precedenza. La piccola realtà delle Valli, forse davvero erede di una tradizione antichissima, restò l’unica realtà valdese solo perché la violenza aveva cancellato le altre (e, tra l’altro, la roccaforte delle Valli resistette perchè quei Valdesi usaronole armi e anche bene).
Per questo Charles Beckwith disse: “O sarete missionari o non sarete nulla”.
Cessate le persecuzioni, usciti dal ghetto, i Valdesi non devono né disperdersi né pensare di essere ormai utili tutt’al più come reperto storico, ma ricordare ciò che erano stati quando – come oggi – la predicazione del Buon Annuncio nella sua purezza non erano resi impossibili dall’altrui fanatismo.
Per questo, piace che l’indirizzo di questo sito sia lo stesso che avrebbe avuto ottocento o anche mille anni fa, se ci fosse stato internet: valdesi.eu
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