“I profeti profetano bugiardamente; i sacerdoti governano agli ordini dei profeti; e il popolo ha piacere che sia così” (Geremia 5:31)

Ritrovarsi a sedersi… a sedersi solitari; piangere, piangere durante la notte. Lasciare che le lacrime righino le guance; essere traditi dagli amici, trovarsi in esilio, vittima di oppressione e non trovar riposo. Essere nell’angoscia perché non ci sono più solenni convocazioni, le porte sono deserte, i sacerdoti sospirano. Il sentimento dell’amarezza avvolge, mentre gli avversari prendono il sopravvento e i nemici prosperano perché il Signore affligge per gli innumerevoli peccati

Questi sono alcuni accenni dei sentimenti nei primi versetti del libro delle Lamentazioni di Geremia, profeta non amato perché Dio l’aveva stabilito “come una città fortificata, come una colonna di ferro e come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda, contro i suoi principi, contro i suoi sacerdoti e contro il popolo del paese” (Geremia 1:18)

Mentre questo grido echeggia, intorno, il panorama non è in armonia con questi sentimenti, ma li contraddice proprio come “una gabbia è piena di uccelli, così le loro case sono piene di frode; perciò diventano grandi e si arricchiscono, ingrassano hanno il volto lucido mentre oltrepassano ogni limite di male”.

Nel bel mezzo della frode, ci si ingrassa, ci si arricchisce, ogni cosa luccica pure il volto nella soddisfazione dell’inganno! La lamentazione per il peccato è lontana e giunge fino ai nostri giorni con la stessa inalterata impressione negativa della religiosità senza Dio che preferisce far finta di nulla, avere incontri informali gioiosi e danzanti, modelli di evangelizzazione non moralista né colpevolizzante, nell’illusione di poter vivere nella libertà…nella libertà di pensiero, di parola, di stampa, di professione, di scelta affettiva, di religione!

Il grido di “Lamentazioni” si fa udire attraverso i secoli: “I profeti profetano bugiardamente; i sacerdoti governano agli ordini dei profeti; e il popolo ha piacere che sia così”  (Geremia 5:31).

Le false profezie odierne sono quelle che invitano a compiere un cammino dentro noi stessi, ponendoci domande, riflettendo, elaborando interiormente ciò che viviamo fuori. False profezie che conducono sul sentiero dell’interiorizzazione credendo di avere la  possibilità di raggiungere la conoscenza di sé allo scopo di diventare soggetti delle nostre vite e non lasciarci vivere.

False profezie che richiedono la verità su noi stessi (come se noi potessimo giungervi senza la rivelazione dello Spirito Santo attraverso la Parola) per giungere alla libertà, ma a quella libertà tesa a tranquillizzarci e a riconoscere i nostri limiti umani. Quando si insegna che non si è mai tanto liberi come quando si ama, quando questo è tutto ciò che basta allora le radici della libertà sono quelle dell’inganno che non affondano più nella lamentazione per le visioni vane e illusorie, per oracoli vani e seduttori, per l’iniquità e il peccato.

Quando Dio sbarra la via con blocchi di pietra, quando sconvolge i sentieri (Lamentazioni: 3:9) quando circonda di un muro per non farci uscire, quando carica di pesanti catene (Lam. 3:7) senz’altro è meglio fermarsi ed “esaminare la nostra condotta, valutiamola e torniamo al Signore! Eleviamo le nostre mani e i nostri cuori a Dio nei cieli!

“Noi abbiamo peccato, siamo stati ribelli, e tu non hai perdonato (Lam. 3:40;42).

“FACCI TORNARE A TE, O SIGNORE, E NOI TORNEREMO!

RIDONACI DEI GIORNI COME QUELLI DI UN TEMPO! (Lamentazioni 5:21)

 

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