di Paolo Brancè
Lorenzo Abstemius, pseudonimo di Lorenzo Bevilacqua, umanista italiano del XV secolo, ispirandosi alle favole di Esopo, scrisse questa breve favola del lupo che si traveste da pecora:
“Un lupo, vestito con una pelle di pecora, si mescolò con il gregge di pecore, uccidendone ogni giorno una. Il pastore, avendo notato quando stava accadendo, impiccò il lupo su un albero molto alto. Gli altri pastori, chiedendogli con meraviglia perché avesse impiccato una pecora, il pastore rispose: La pelle è quella di una pecora, ma le attività sono quelle di un lupo”.
Simpatica favola, anche se macabra. Essa vuole insegnare che le azioni di uomini malevoli tradiscono gli abili camuffamenti che essi riescono ad escogitare per confondersi tra la gente dabbene. È vero il famoso detto, “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Leggendo questa breve favola, non possiamo non accostarla all’accorato monito di Gesù rivolto ai discepoli di essere vigilanti e accorti di fronte a possibili mimetizzazioni di uomini che apparentemente condividono la stessa fede, ma che in realtà sono sostenitori di un altro evangelo (cfr. Gal. 1:6.-9): “Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci” (Matteo 7:15).
Dicendo Gesù ai discepoli di stare attenti dall’inserimento nel gruppo di sostenitori di altre dottrine, è evidente che ai suoi tempi circolavano uomini che facilmente potevano confondersi con i suoi discepoli. Il fenomeno dei falsi portatori di evangelo era già in auge nel Vecchio Testamento (cfr. Deut. 13:1-5; Ger.23:9-32) e presente in maniera preoccupante nella chiesa del Nuovo Testamento, all’interno della quale la profezia era altamente considerata (cfr. Atti 11:27-28; 21:9-11; 1^Cor.12:10,28; 14:1ss…). Noi possiamo avere maggiori informazioni intorno a questo preoccupante fenomeno di intrusioni di coloro che, sembrando cristiani, in realtà sono sostenitori di concezioni eterodosse da altri testi neotestamentari, come 2^ Pietro 2:1, 1^ Giov. 4:1-3, Ap. 2:20. Gesù stesso in Mat. 24:11,24 ritorna nello stesso argomento. Chi sono i falsi profeti? Sono coloro che formalmente sono ministri di Dio, ma di fatto annunciano concezioni antievangeliche. Geremia si esprimeva nel seguente modo: “Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano; essi vi nutrono di cose vane, vi espongono le visioni del proprio cuore e non ciò che proviene dalla bocca del Signore” (Ger.23:16). Certamente il Signore stava parlando dei farisei e dei sadducei, ossia di coloro che sedevano nella cattedra di Mosè, godendo della fiducia del popolo. Tuttavia, Gesù ammonisce i suoi discepoli che nelle chiese vi saranno predicatori di “cose piacevoli” (Is.30:10). Il linguaggio parabolico di Gesù è fortemente incisivo. Nel gregge del Buon Pastore si annidano feroci lupi travestiti da pecore, un po’ come nella favola di Lorenzo Bevilacqua. Noi impariamo dalla metafora che i falsi profeti sono estremamente pericolosi e ingannevoli. Nella Palestina del primo secolo d. C. il lupo era il nemico naturale delle pecore, che erano indifese contro esso. Il pastore, teso a difendere il suo gregge, sta in guardia deciso a difendere le sue pecore dagli attacchi dei lupi, mentre l’operaio prezzolato abbandona il gregge alla vista del lupo, lasciandolo in balia dei suoi attacchi mortali e disperdendolo.
Sembra che il gregge del Signore sia governato o dal buon pastore o da operai prezzolati o da lupi. Il pastore ama le pecore e le nutre, mentre il lupo lo divide introducendo falsi insegnamenti e l’opportunista pagato non fa niente, anzi lo abbandona ai falsi insegnanti. Paolo ammonisce gli Anziani di Efeso con le seguenti parole: “Io so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e anche tra di voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Perciò, vegliate” (Atti 20:29-31). Quali sono “le cose perverse” che disturbano e danneggiano la chiesa?
Una delle caratteristiche dell’insegnamento dei falsi profeti nel Vecchio Testamento era il lassismo morale. Geremia a proposito grida: “Essi curano alla leggera la piaga del mio popolo,; dicono: “pace, pace”, mentre pace non c’è. Essi saranno confusi perché commettono delle abominazioni; non si vergognano affatto, non sanno che cosa sia arrossire ; perciò cadranno fra quelli che cadono; quando io li visiterò saranno abbattuti , dice il Signore” (Ger. 8:11-12). Queste parole denunciano l’incuria dei ministri di Dio nell’insegnare maldestramente, e – oserei dire – malevolmente il dettato divino, inducendo il popolo a trascurare i propri peccati. Se “i cani e i porci” del v. 6 sono riconoscibili dal loro sudicio habitat, non è così con i “lupi” per il loro abile travestimento da pecore nel gregge. Spesso le chiese dimostrano preoccupante ingenuità nell’accoglierli. Purtroppo si rendono conto della loro vera natura dopo che i “lupi” hanno danneggiato il gregge. Come fa “il falso insegnante” ad ingannare la chiesa o le chiese? Spesso usa il linguaggio della pietà cristiana. “Egli conta di non essere svelato nella sua veste innocente.”(1), Inoltre, il “lupo” usa il linguaggio dell’ortodossia storica, e si nasconde dietro i blasonati titoli accademici che ha ottenuto. Il grido lancinante di Gesù raggiunge oggi la Sua Chiesa, mettendola sul chi va là: “State attenti!” Le chiese odierne devono stare molto attente, essere delle vere e proprie sentinelle, sia pregando per il discernimento sia usando le proprie facoltà critiche senza minimamente abbassare la guardia. Esse non devono essere abbagliate dalla fulgida luce degli onori accademici che contrassegnano il bagaglio culturale dei “lupi”: la veste esteriore del fascino, della buona educazione secolare ed ecclesiastica, non necessariamente coincidono con l’autenticità della fede formalmente professata dai falsi profeti. La chiesa nella sua totalità è chiamata a verificare, come diceva il pioniere del protobattismo John Smyth, la veridicità degli insegnamenti dei sedicenti accademici e vescovi, la loro autentica investitura di essere Ambasciatori di Cristo. I Cristiani sono responsabilmente chiamati a verificare se sotto il vello vi sia una pecora o un lupo. Ma è vero anche il contrario: vi sono famelici lupi, che predicano l’antintellettualismo, la semplice lettura della Bibbia, e che in realtà cercano di tiranneggiare sul gregge introducendo norme antisociali e lesive della dignità dell’uomo come i divieti di far sport, di vedere film, di far teatro, di leggere scritti secolari e dissociando le persone dal loro contesto familiare e affettivo, considerandoli come prodotti “demoniaci”, con conseguenze aberranti, causando nei credenti una disumana inadeguatezza sociale e un pericoloso sdoppiamento della personalità. Come nei primi tempi ai cristiani veniva talora predicata una totale astinenza sessuale, così anche oggi viene da alcuni insegnata una schizofrenica separazione dal mondo, che di fatto determina nei cristiani un inquietante disturbo della personalità.
Andando avanti nel testo, Gesù approfondisce la metafora della mimetizzazione parlando dell’albero che produce buoni frutti e quello che produce frutti cattivi. Se i lupi riescono a non farsi riconoscere, tuttavia, le loro azioni sono quelle che li smascherano (gli alberi dai frutti buoni e quelli dai frutti cattivi).
Le chiese possono commettere l’errore di non riconoscere il lupo dall’agnello, ma senz’altro non possono ignorare quello che sa produrre il lupo da quello che produce la pecora. Nella favola di Bevilacqua il pastore impiccò il lupo travestito da agnello perché stava facendo razzia del gregge. La chiesa è chiamata a saper distinguere quello che produce un buon pastore da quello che produce il mercenario.
Un vigneto non può produrre spine, né un albero di fichi rovi. Qui sta l’essenza dell’operato dei leaders della chiesa. Gesù enfatizza il suo insegnamento sulla infiltrazione nelle chiese di falsi insegnanti, sottolineando i risultati del loro insegnamento. Quali sono i frutti che i falsi profeti producono, che rivelano la loro vera identità ?
Nell’allegoria del vigneto che produce una raccolta di uva abbandonante, probabilmente sta il significato di una vita vissuta sotto il controllo dello Spirito Santo, che Paolo definisce i frutti dello Spirito Santo, ossia agape, pazienza, gentilezza, bontà, autocontrollo. Al contrario, se tali qualità mancano, prevalendo “l’opera della carne”, con impurità, inimicizia, gelosia, ira, sette e contese, la chiesa è giustificata nel sospettare che il profeta sia un impostore, e il suo insegnamento ingannevole.
Un ulteriore frutto è l’insegnamento del “profeta”. Giovanni, nei suoi scritti, aveva a che fare con gruppi che insegnavano il docetismo, oggi noi abbiamo a che fare con “insegnanti” che negano la divinità di Gesù, secondo la teologia liberaleggiante, o la resurrezione, tema appassionatamente affrontato da Paolo nella prima lettera canonica ai Corinzi. In aggiunta, l’attendibilità e la veridicità delle Scritture è messa in discussione dai neosadducei. Dunque, nell’esaminare le credenziali degli insegnanti è necessario appurare il la loro statura morale e il loro messaggio. Una solida dottrina e una vita santa sono i segni dei veri profeti. Si può dire che una terza caratteristica del falso profetismo è l’assimilazione del falso insegnamento dei cristiani. Oggi ,ad esempio, va di moda l’accoglienza indiscriminata del diverso, ossia conferire diritto di cittadinanza spirituale agli omosessuali. Essi vengono addirittura inseriti nelle chiese con apposite pratiche liturgiche. Il loro peccato è trasformato in una “naturale e innocente affezione omoaffettiva”. Sia il peccato che il peccatore vengono simultaneamente giustificati dall’errata concezione teologica che Dio è Amore e ama tutti e tutto compreso il peccato. La conseguenza di questa falsa teologia è devastante, perché molti credenti la assimilano acriticamente accettando il postulato degli pseudodottori secondo il quale la Bibbia è uno scritto che ha subito continui ritocchi.
Essa deve essere liberata da queste plurisecolari incrostazioni per arrivare alla ipsa vox Dei. La chiesa in questo caso ha abbassato la guardia, si è resa complice dello pseudo insegnamento dei nuovi sadducei. A Questa pseudo didattica cristiana si oppone Bonhoeffer enfatizzando la separazione dei cristiani dai cristiani nominali: “La separazione tra comunità e mondo è avvenuta. Ma la parola di Gesù ora avanza, giudicando e separando, nella comunità stessa. La separazione deve essere fatta sempre di nuovo tra gli stessi discepoli di Gesù. I discepoli non devono poter credere di sfuggire semplicemente il mondo e rimanere poi nella piccola schiera sulla via stretta, senza pericolo. Verranno in mezzo a loro dei profeti falsi e con la confusione aumenterà anche la solitudine. Ce n’è uno accanto a me, esteriormente un membro della comunità, c’è un profeta, un predicatore, in apparenza e a parole e a opere un cristiano, ma interiormente motivi oscuri lo spingono verso di noi, interiormente è un lupo rapace, la sua parola è menzogna e la sua opera inganno. Egli sa nascondere bene il suo segreto, ma in segreto egli compie la sua opera oscura. Egli si trova in mezzo a noi non perché ve lo abbia spinto la sua fede in Gesù Cristo, ma perché il diavolo lo spinge nella comunità. Forse egli cerca il potere e l’influenza, il denaro, la gloria, con i suoi propri pensieri e le sue profezie. Egli cerca il mondo, non il Signore Gesù Cristo. Egli nasconde i suoi malvagi progetti sotto una veste cristiana e sa che i cristiani sono un popolo credulone… e sa pure che ai cristiani è vietato giudicare e, a tempo debito, lo rammenterà loro. Nessun uomo può vedere nel cuore dell’altro. E così egli travia molti…
Ora, avvertimenti di questo genere da parte di Gesù possono suscitare nei suoi seguaci grande paura. Chi conosce l’altro? Chi sa se dietro le apparenze cristiane non si nasconde la menzogna e il traviamento? Potrebbe, così, penetrare nella comunità una profonda diffidenza, un osservarsi a vicenda con sospetto, uno spirito di giudizio dovuto a paura. Potrebbe farsi largo una dura condanna di ogni fratello. Ma Gesù libera i suoi da questo sospetto che necessariamente dividerebbe la comunità. Egli dice: l’albero marcio porta frutti cattivi. A suo tempo si farà conoscere da sé. Non occorre che guardiamo nel cuore degli altri. Dobbiamo attendere che l’albero porti frutto. Ai frutti si riconosceranno , a suo tempo, gli alberi. … Gesù si aspetta dai suoi discepoli che, in tali occasioni, sappiano distinguere nettamente le apparenze dalla realtà e sappiano separarsi dai cristiani di nome. … Perciò i discepoli sono invitati a rimanere in più stretta comunione con Gesù e a seguirlo più fedelmente. L’albero marcito verrà tagliato e gettato nel fuoco. Tutta la sua magnificenza non gli servirà a nulla.”(2)
Paolo Brancè
- Dietrich Bonhoeffer – Sequela – Queriniana ed., Bs, 1975, pag. 170
- Dietrich Bonhoeffer – Abstemius’ comment on the story follows the Biblical interpretation: ‘people should be judged not by their outward demeanor but by their works, for many in sheep’s clothing do the work of wolves’. [ 4 ]Op.Cit.- pag, 169-171
Lascia un commento