Grazie al Tweet di un deputato siciliano, apprendiamo che il Sinodo (per la quinta volta a porte chiuse, in plateale violazione dell’articolo 9 del regolamento) ha approvato un atto “per la piena integrazione dei fratelli e delle sorelle omosessuali, invita le chiese a intraprendere e proseguire il cammino fin qui svolto, esprime preoccupazione perché ancora settori ampi, benché minoritari, dell’opinione pubblica italiana mantengono atteggiamenti di chiusura e di discriminazione omofobica, talvolta invocando a sostegno delle proprie posizioni anche una visione distorta dell’Evangelo, invita le Chiese a contrastare con forza ogni forma di discriminazione verso i fratelli e le sorelle omosessuali nonché di strumentalizzazione della Parola di Dio a questi fini”.
In cinque anni si è passati dall’ordine del giorno che affidava alle chiese locali (peraltro contro l’ordinamento valdese) la decisione se praticare o meno le benedizioni alle coppie dello stesso sesso, a un documento in cui si stigmatizza “ogni forma di discriminazione” verso gli omosessuali. Con la solita trasandatezza e approssimatività, o forse studiata ambiguità, non è che si è abrogato o modificato l’atto del 2010, per cui, formalmente, le chiese sono ancora libere di dire di no (qualcuna l’ha fatto, ma non se ne è avuta notizia negli organi di informazione ufficiali), ma contemporaneamente si prendono l’accusa, anzi il marchio di “omofobia” e “strumentalizzazione della Parola di Dio”.
Sembra anche chiaro che definire l’omosessualità “peccato” sia parimenti ritenuto “strumentalizzazione della Parola di Dio”, nonché “visione distorta dell’Evangelo”, accusa pesante nelle intenzioni, ambigua nei suoi dettagli. Sembra però chiaro che l’apostolo Paolo ricade nella fatwa sinodale.
Si compie così quanto scritto nel 1999 dalla pastora valdese Gabriella Lettini, nel libro “Omosessualità” pubbicato dalla casa editrice valdese Claudiana: “Chi proclama che uomini e donne omosessuali sono malati o peccatori ha il diritto di esprimere la propria opinione con lo stesso ‘diritto’ dei razzisti di disprezzare le persone che non appartengono alla razza bianca, o dei naziskin di insultare gli ebrei… La tradizione cristiana è complice in ogni episodio di violenza e discriminazione nei confronti di uomini e donne omosessuali. Finché i cristiani non diventeranno parte della soluzione a questo stato di cose, il cristianesimo sarà parte del problema.” Si è fatto persino di più di quanto la Lettini “profeticamente” chiedeva: il sedicente cristianesimo è diventato parte della soluzione, ma – visto che era parte del problema – si è eliminato il cristianesimo. Infatti, specialmente per noi riformati, se si rifiuta la Bibbia, che cristianesimo è? Qualcuno dira: “Seguiamo Cristo e basta”. Ma chi sa chi è e cosa diceva Cristo senza la Bibbia? Forse che a qualche teologo Egli è comparso in una sorta di Medjugorje?
Del resto, due anni fa un pastore, non certo fra gli estremisti (se è ancora possibile una distinzione), ha parlato di “brani biblici affetti da omofobia” citando il primo capitolo della lettera ai Romani, scritta appunto dall’apostolo Paolo. Poiché è chiaro che noi di Sentieri Antichi Valdesi rientriamo anche tra i bersagli della fatwa possiamo dire di essere in ottima compagnia.
Di fronte a questo passo estremo, nessun membro di chiesa, nessun valdese (abbiamo visto che non è detto che le due cose coincidano) può far finta di niente. O si adegua a una chiesa che dal Sola Scriptura è passata al Contra Scripturam o decide di fare qualcos’altro.
Non è più tempo di attendere.
Assolutamente, non è più tempo di attendere. Questa gente sta sovvertendo ormai ogni cosa. E’ il mondo che si è impadronito di una chiesa e che pretende di parlare a nome di essa, infangando non solo il nome di Valdo e della Riforma, ma soprattutto il nome del Cristo delle Scritture (l’unico vero). Falsi profeti, falsi dottori, servi dell’anticristo, maestri di inganno che manipolano e sovvertono la verità rivelata come tramandata dal popolo di Dio attraverso i secoli. “«Uscite da essa, o popolo mio, affinché non siate complici dei suoi peccati e non siate coinvolti nei suoi castighi” (Apocalisse 18:4).
Preghiamo che l’Eterno mantenga ognuno di noi fedele alla Sacra. Scrittura. E preghiamo ancora di più perché riconduca sul sentiero antico i nostri fratelli e le nostre sorelle.
È chiara l’intenzione del Sinodo valdese: andare al di là della sacra Parola di Dio.
Discriminazione degli omosessuali è “visione distorta dell’Evangelo”? A me sembra che siano loro a distorcere il sacro Vangelo di Cristo! Quindi Gesù, Paolo, Dio stesso avevano una “visione distorta dell’Evangelo”? E vogliono insegnarlo loro al Signore qual è la “corretta visione del Vangelo”? Sono più saggi di Dio? Oltretutto, definiscano “discriminazione”. Definire l’omosessualità “peccato” – in accordo con la testimonianza delle Scritture – non è “discriminazione”. Nessuno impedisce ad un gay di entrare in chiesa e di ascoltare la predicazione della Parola di Dio, però non possiamo neanche, per la sua salvezza, dirgli: “Continua così!” Il Signore è chiaro: gli omosessuali non erediteranno il Regno (cfr. 1Cor 6:9, 10).
Io non sono valdese, però sono comunque sdegnato dal fatto che una Chiesa che si definisce “protestante” e fedele ai principi della Parola di Dio, si sia allontanata così tanto – per amore del mondo – dalla fede che professa, oltretutto, senza nemmeno (forse) accorgersene!