Epifania: i Magi conoscevano un’antica profezia biblica?

Il prpfeta Daniele come raffigurato da Michelangelo nella Cappella Sistina

(segue dalla prima parte)

Dicevamo dei Magi, “rivali” della Befana, quest’ultima miscuglio tra benevoli divinità pagane romane femminili minori, meno benevole divinità nordiche e caricature di streghe. Per inciso, nell’Antica Roma, dodici giorni dopo la festa del Sol Invictus, cioè la nascita del Sole dopo il solstizio, si celebrava la rinascita di Madre Natura ovvero Madre Terra. Le due date corrispondono al 25 dicembre e al 6 gennaio. La Befana, peraltro, è figura solo italiana e questo spinse Benito Mussolini a celebrarla laicamente come Befana Fascista, definizione che oggi suona piuttosto buffa.

Assai più interessanti i Magi. I Magi (in greco “magoi” o “maghi”), presso gli antichi Persiani erano una classe elevata di uomini istruiti, spesso sacerdoti zoroastriani e astronomi, il che si attaglia al racconto di Matteo che implica un’attenzione ai fenomeni celesti. Difficile capire di quale fenomeno di tratti, specialmente alla luce di Matteo 2:9: “Ed essi, udito il re, partirono; ed ecco, la stella che avevano veduta in oriente andava davanti a loro finché, giunta sul luogo dov’era il bambino, vi si fermò.” Non si capisce come una stella, cometa o meno, possa indicare un luogo preciso, posto che l’indicazione di Betlemme venne loro data dai “capi dei sacerdoti e degli scribi” (versetto 4). Più facile pensare a qualcosa di non astronomico come la colonna di fuoco di Esodo 13:21. Peraltro il termine greco “aster” può sì indicare una stella, ma anche un qualsiasi fenomeno del cielo.

La cosa più interessante dei Magi è che il re Nabukanetsar nominò il profeta Daniele (2:48) “capo supremo di tutti i savi di Babilonia”, carica che si presume abbia mantenuto anche sotto i re persiani. Il capo di tutti i savi di Persia era dunque a capo dei Magi, parola che la maggior parte delle bibbie inglesi traduce con “wise men”, cioè – per l’appunto – “savi”. Daniele è colui che (9:25) predice che dall’ordine di ricostruire Gerusalemme e le sue mura (445 a.C.) all’arrivo del Messia principe passeranno 69 “settimane”, che tutti intendono come “settimane di anni” (in ebraico la parola “shavu’a” non richiama il concetto di giorni o mattine ma indica un gruppo di sette) e cioè 483 anni. Il che ci porterebbe al 27 d.C., ma contando gli anni in 360 giorni come si faceva all’epoca di Daniele arriveremmo a una data vicinissima o addirittura coincidente con quella presumibile per il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme, che lo proclama per l’appunto il “Messia principe”. Insomma, i Magi di Betlemme, lontani successori di Daniele, potevano essere consapevoli che i tempi predetti dal profeta stavano arrivando, per una sapienza tramandata per più di cinquecento anni. Un fatto assai più affascinante della vecchia sulla scopa!

Che la si celebri con più o meno solennità, o anche che non la si celebri per nulla, questa è la vera Epifania, un momento che conferma alla lettera una serie di profezie di svariati secoli addietro e che dà per sempre una speranza all’umanità.

Leonista

 

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