Nella mia lettura quotidiana della Bibbia giungo al capitolo 29 di Ezechiele, e mi sto accorgendo che in quasi ogni capitolo precedente e successivo Dio ripete: “…ed essi conosceranno che io sono il Signore”. La particolarità è che le nazioni, le città, i popoli conosceranno che Egli è il Signore non attraverso la giustizia e la pace…non in un “pellegrinaggio di giustizia e pace”, ma attraverso il giudizio. “Giudizio”: che brutta parola! Parola che è già stata scartata definitivamente dal vocabolario di certe chiese, eppure qui, nel libro profetico di Ezechiele, sembra che sia l’unico modo per conoscere Dio in tempi di “prostituzione e abominazioni” e per di più, sembra che lo Spirito, dopo, annunzi innumerevoli di castighi, e non si stanchi di ripetere e ripetere: “...e si conoscerà che io sono il Signore”. Forse è meglio cambiare argomento e ricominciare a parlare di pace, ma Ezechiele… niente da fare, più lo si legge e meno lo permette, perché la vera conoscenza di Dio si trova sempre sul sentiero del suo giudizio, della sua condanna, della sua ira sul peccato. Per coloro che da esso (giudizio) vogliono sfuggire, Dio ha prestabilito un sostituto: Gesù Cristo che subì l’ira di Dio per il nostro peccato; al di fuori di questa unica soluzione, il mondo, anche quello religioso, anche quello cristiano, anche quello che si fregia il nome di “riformato,” è sottoposto al giudizio se non individua l’unica Via di scampo.
È dunque inutile proclamare la giustizia e la pace sui sentieri di un eventuale ecumenismo che cerca di incontrare e abbracciare un nuovo modo di essere chiesa insieme come, per esempio, essere “servitore dei popoli” nella gioia di un evangelo di pace, sentiero questo che in Ezechiele, libro ispirato da Dio, proprio non riesco a trovare, perché non c’è modo qui, di conoscere Dio, se non attraverso il giudizio.
Daniela Michelin Salomon
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