Nella parte precedente abbiamo detto dell’apertura alla benedizione/matrimonio “di coscienza”, quello cioè che salvaguarda la reversibilità. In realtà – precisa il Documento approvato dal Sinodo – “[p]ermane… il rifiuto a celebrare un matrimonio senza effetti civili, cosiddetto «matrimonio di coscienza» in assenza di relativo nulla-osta in quanto la celebrazione di un’unione di tipo non matrimoniale non è un matrimonio ma una liturgia di benedizione”. Quando nel 2010 il pastore Esposito celebrò la “benedizione” della coppia di donne a Trapani, i giornali la chiamarono “matrimonio” e lui non ebbe nulla da ridire, ma – se si fa avanti l’Inps per togliere la reversibilità che non ha più ragione d’essere in quanto la vedova o il vedovo non sono più soli – allora si precisa che, per carità!, è solo “una benedizione”. Si racconta che un tempo certi alti ecclesiastici cattolici, per superare il divieto di mangiare carne durante la quaresima, davanti al piatto di manzo dicessero: “Ego te baptizo piscem” (“Io ti battezzo ‘pesce’”), “annullando” il possibile peccato. Davvero un grande esempio di coerenza e di verità evangelica.
Altra precisazione del documento è che per accedere alla benedizione/matrimonio, che sia
“DIpende da cosa intendete per ‘è’ “
omosessuale o “di coscienza”, occorre dichiarare la “volontà di vivere l’unione secondo l’insegnamento dell’evangelo”. Una unione omosessuale secondo l’insegnamento dell’evangelo? Evidentemente anche la parola “evangelo” è flessibile e peraltro usata qui in modo anomalo: da nessuna parte nella Confessione di fede valdese si dice o si suggerisce che i quattro Evangeli abbiano una natura diversa, men che meno contrastante, rispetto al resto della Bibbia. E comunque nell’Evangelo di Matteo si dice “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento” (5:17). E nell’Evangelo di Luca: “è più facile che passino il cielo e la terra, piuttosto che cada un sol apice della legge” (16:17).
Anche qui viene in mente una citazione storica: il presidente Clinton, davanti al gran giurì difese la veridicità della sua affermazione “non c’è nulla fra me e Monica Lewinsky”, dicendo: “Dipende da cosa intendete per «è»”. Tutte cose assai distanti dall’evangelico “che il tuo parlare sia sì sì, no no”.
(continua)
Lascia un commento