Riforma, 24 dicembre 2010, p. 10 “Nel sottoscrivere la confessione di fede Valdese del 1655 i pastori valdesi si impegnano a esercitare il loro ministero nella linea della tradizione teologica riformata, ma non ad aderire ad ogni singola formulazione del documento.” Aldo Comba, Pastore in emeritazione |
È QUESTA LA LINEA UFFICIALE DELLA CHIESA VALDESE ?
Altre parti dell’articolo di Comba sono state oggetto di una bella lettera a Riforma di Vincenzo Ribet, pubblicata nel numero del 10 febbraio.
La frase che riportiamo incorniciata, però, in quasi due mesi è sfuggita all’attenzione che meritava.
Secondo il pastore Comba, un atto così solenne come la sottoscrizione della confessione di fede da parte di chi consacra la propria vita a predicare sulla base di una specifica confessione di fede, è in realtà un vuoto rituale. Ancora una volta, ciò che è scritto non conta nulla. Altro che “Sola Scriptura”!
Aldo Comba dice che il consacrando si limita a sottoscrivere una fantomatica “tradizione teologica riformata”. Ci pare però di ricordare che tra i fondamenti della Riforma ci sia quello di basarsi sulla “Sola Scriptura” rifiutando ciò che la Chiesa Romana definisce “Tradizione Apostolica” o “Sacra Tradizione”, e che pone formalmente sullo stesso piano della Scrittura, ma che di fatto la supera, poiché la scrittura è interpretata in base alla tradizione e non viceversa. Di qui, il culto dei santi, i sette sacramenti e tutte le altre cose sulle quali noi evangelici ci distinguiamo rispetto alla Chiesa Romana.
Ma al di là di aspetti di più o meno raffinata teologia, qui – se prendiamo sul serio le parole del pastore, molto conosciuto anche perché ha condotto per anni la trasmissione televisiva Protestantesimo – si minano i fondamenti del vivere civile. Dire che noi valdesi, quando sottoscriviamo un documento non è detto che si intendiamo aderire alle sue singole parti, rende decisamente sconsigliabile a chiunque sottoscrivere un qualsiasi contratto con uno di noi: da un contratto d’affitto a uno di lavoro, da un matrimonio a uno scambio commerciale. “Sì volevamo dare in affitto l’appartamento, ma non necessariamente a quel prezzo”, oppure “Sì, volevamo assumere un operaio, ma non necessariamente pagargli i contributi”, oppure, “Sì volevo comprare un’automobile, ma per il pagamento ne parliamo quando mi va”…
Come sono lontane le parole della Nobla Leyczon: “S’el se troba alcun… que non vollia maudire, ni jura, ni mentir… illi dison que és Vaudés”. E lontanissimo Matteo 5,37: “il vostro parlare sia: Sì, sì, no, no; tutto ciò che va oltre questo, viene dal maligno“. E come sono distratti, o consenzienti gli esponenti della nomenklatura ecclesiastica, rapidissimi a stracciarsi le vesti quando abbiamo osato citare la Confessione di Fede del 1655 che loro stessi avevano solennemente sottoscritto!
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