In quasi tutte le comunitàe valdesi d’Italia è stato trasmesso un comunicato pubblico “dai massimi rappresentanti della Chiesa valdese, per dichiarare, in tutte le sedi possibili che, quanto espresso dal Malan non rappresenta, in alcun modo, le posizioni della Chiesa valdese in nessuno dei termini trattati”.
Il simbolo del comunicato è una mano aperta con un raggio di luce multicolore dei gay come se i peccatori gay, fossero i peccatori privilegiati, i peccatori migliori, i primi ad essere accolti nelle chiese, gli “eletti” del popolo ai quali offrire, dedicare una bandiera che avvolge le Bibbie, i pulpiti, le processioni nei cortei.
Non può essere ammissibile che i gay siano considerati nella chiesa i migliori peccatori; Sì! Dico bene! Peccatori. Perché si sa, si è sempre detto che la Chiesa non è fatta per i giusti ma per i peccatori; nel cielo ci sarà solo gente che era peccatrice salvata.
E’ un privilegio essere peccatori e PECCATORI SALVATI, perché Gesù non è venuto a chiamare dei giusti ma dei peccatori al ravvedimento. (Luca 5 :32).
Non ci sono peccatori migliori degli altri tanto da dedicare loro bandiere sventolate ovunque. Occorrerebbe un briciolo di chiarezza, da parte della moderatora nel suo comunicato e nei simboli esposti.
Questa è la chiarezza: nella Chiesa vengono accolti tutti i peccatori indistintamente, tutti quei peccatori che hanno capito che la salvezza di Dio è una salvezza dall’ ira. Chiunque pensa di poter sorridere all’ira, all’idea dell’ira di Dio, non lo loderà mai in eterno per la sua Grazia. Ma dalle cose da cui i cristiani del Nuovo Testamento traevano il pieno significato della salvezza, era la loro certezza dell’ira di Dio e la loro profonda gratitudine a Cristo per averli salvarli da essa. Nei tempi moderni alcuni prendono il cristianesimo alla leggera perché hanno svuotato l’ira del suo contenuto. Bandire l’ira di Dio dalla scena è derubare la vita di grandissima parte del suo serio proposito.
“Perché questa è la volontà di Dio che vi santificate, che vi astegnate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate Come fanno gli stranieri che non conoscono Dio. Infatti Dio ci ha chiamati non impurità, ma a santificazione. Chi Dunque DISPREZZA, questi precetti non DISPREZZA un uomo, ma quel Dio che vi fa anche dono del suo Spirito Santo. (1Tess.4:3-8).
Dunque, poiché Dio ci ha chiamati a santificazione, ne consegue che chi la tratta alla leggera DISPREZZA una Persona, la quale è niente meno che Dio. Quel termine DISPREZZO in greco significa: “trattare come nulla e vuoto”, “ritenere di nessun conto”.
Se non vi è tale chiarezza nei comunicati ufficiali; se si annullano il peccato, l’ira di Dio e l’unico rimedio: il sangue di Gesù che ci purifica da ogni peccato; (1 Giov 1:7), allora la Chiesa non è più chiesa perché, nel suo interno, vengono accolti i “considerati giusti nel peccato” che non necessitano più del sangue di Cristo per essere lavati da ogni peccato.
Questo articolo è molto bello ma è ancora ottimista. Siamo sicuri che questa chiesa pensi ancora che esista il peccato, nel senso di andare contro i comandamenti di Dio? Essi sono in generale contro la Bibbia ma ne tollerano le parti interpretabili come un generico “volemose bene”. Quando si arriva a precetti o principi si scatenano con “erano altri tempi”, “erano relativi a quella cultura patriarcale”, “non si possono applicare ad oggi” ecc. Gli unici comandamenti che accettano sono quelli del pensiero unico globalista: se non sei per la glorificazione degli LGBT e delle loro contraddittorie teorie, se non pieghi il ginocchio davanti a Greta Thunberg, se dici che qualche limite all’immigrazione si dovrà pur metterlo, allora sì sei colpevole. Ma il Salvatore non ti può salvare perché è una specie di Che Guevara che fa lotta di classe, dunque – come il vero Che – non ti perdona. Come dice la “Confessione di fede” fatta recitare al Sinodo nel 2016 e 2017, Gesù è solo un uomo che stava (al passato perché è morto) con “i poveri e gli oppressi” purché stiano “dalla parte loro”