Bibliachia, s. f. Allergia patologica che insorge in alcuni cristiani o chiese verso dottrine bibliche come l’inerranza biblica, l’assoluta sovranità di Dio (e il suo corollario: la doppia predestinazione), l’unicità di Cristo, il concetto creazionale di famiglia, la corruzione totale dell’essere umano, il principio regolatore del culto, il ministero pastorale unicamente maschile, ecc. A carattere infettivo, questa allergia la si contrae per esposizione continuata ai virus delle ideologie di questo mondo (in particolare l’umanesimo religioso, socialismo, femminismo, il genderismo ecc.) e spesso è ritrasmessa e rafforzata da predicatori o scuole teologiche che ne sono contaminati. Generalmente questa allergia viene combattuta (non guarita ma assuefacendosene) assumendo surrogati della Bibbia e della fede cristiana epurati da suddette dottrine, che danno così l’impressione, a chi se ne nutre, di essere biblici e cristiani pur senza esserlo veramente. Spesso, tanto ci si abitua a questi surrogati che si ritiene che siano essi stessi il prodotto reale e non l’imitazione. Non solo, chi è affetto da bibliachia spesso cerca di infettare in maniera militante chi ne è esente proponendogli le sue diete alternative, salvo ritirandosi scandalizzato ed offeso da chi gli oppone resistenza, rifiutandosi di averne rapporti. La decontaminazione e la guarigione dalla bibliachia è procedimento lungo e difficile a cui si giunge con cure di sana dottrina attraverso applicazioni di teologia biblica e storica, come pure di apologetica, ma soprattutto è frutto dell’opera misericordiosa e sovrana dello Spirito Santo.
Paolo Castellina
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