Nel culto inaugurale di domenica 21, dopo l’annunzio del perdono e prima delle letture bibliche che hanno preceduto la predicazione, il Sinodo Valdese ha ascoltato, in piedi
come dice il foglio dell’Ordine del Culto per i momenti più solenni, la “Confessione di fede”. Bene! Non può che essere – ci diciamo – la confessione di fede del 1655, che tutti i pastori sottoscrivono al momento della consacrazione e che non è mai stata cambiata negli ultimi 361 anni, e peraltro ne ricalca altre del secolo precedente.
Invece no! Si tratta di tutt’altro. È la “confessione di fede” scritta da un “pastore e poeta” svizzero di nome Kurt Marti. Il pastore ovviamente non è valdese e la confessione non è mai stata discussa da nessun organo valdese, ma – nel progressivo e finora inarrestabile attacco alla vera confessione di fede – viene tranquillamente solennizzata nel momento più visibile e partecipato della vita valdese.
La vera confessione di fede viene sempre più relegata, in altre parole sconfessata, ovvero abiurata. Abbiamo già osservato come è stata subdolamente accantonata negli altri Sinodi nell’unica circostanza in cui ancora compariva, la consacrazione dei pastori:
– fino al 2011 i comunicati stampa menzionavano la sottoscrizione della Confessione di Fede Valdese da parte dei pastori consacrati;
– 2012 e 2013: la sottoscrizione non è più menzionata tra gli adempimenti dei pastori consacrati; essa peraltro avviene “in privato” e non se ne dà conto ai presenti;
– 2015: non viene menzionato alcun adempimento relativo alla consacrazione dei pastori;
– 2016: non avviene alcuna consacrazione e durante il culto viene introdotta una nuova confessione di fede.
Per evitare di contaminarsi troppo, la Confessione è anche stata quasi occultata nel sito ufficiale della chiesa.
Quanto alla confessione solennemente letta quest’anno nel culto sinodale, potrebbe essere oggetto di una analisi più ampia. Ma dall’ambiguità e genericità del testo alcune cose emergono chiare:
1) Come essa stessa dice, non è coerente con il credo apostolico, riconosciuto da gran parte
delle chiese cristiane, a cominciare da quelle riformate, da quella cattolica, da molte chiese ortodosse.
2) I primi quattro articoli della Confessione di Fede Valdese – insieme a molti altri – sono del tutto ignorati: sciocchezzuole come Trinità, Rivelazione, Sacra Scrittura, Lettura biblica.
3) Gesù NON è Figlio di Dio, ma “il messia (minuscolo nel testo) dei tormentati e degli oppressi” (chi non si sente oppresso e tormentato cerchi altrove oppure veda di diventare più vittimista), e – sia chiaro – è solo un “essere umano”. Infatti , secondo Marti e il Sinodo, è parola di Dio fatta uomo, non Dio fatto uomo.
4) Gesù non è “morto per i nostri peccati” come dice la nostra confessione di fede nel titolo dell’articolo 14, ma “per avere annunciato il Regno di Dio”. Dunque, le responsabilità e il peso della sua crocefissione e dei suoi patimenti è tutta circoscritta a quella lontana epoca. Insomma, in piena coerenza con il bergoglianesimo, la colpa della crocifissione di Gesù come di ogni altra cosa è “degli altri”, e i nostri peccati non c’entrano e sono tranquillamente perdonati, perché il perdono è un diritto acquisito, anche se non si sa perché.
5) Gesù non è il Salvatore, ma giusto giusto un brav’uomo, un bell’esempio.
6) Lo Spirito santo è una sorta di coscienza di classe marxista o post-marxista che ti rende compagno di lotta con tanti altri.
7) Per la pace sulla terra ha senso lavorare. Per altre cose, come la diffusione della Buona Novella, non si sa. Probabilmente no.
8) Non si crede nella resurrezione, ma in un “compimento della vita oltre la nostra vita” cioè in uno scopo del tutto terreno, quella “pace per la quale ha senso la vorare”, un ideale socio-politico più grande delle nostre vite, che è tutt’altra cosa.
Una confessione di fede che, più che post-apostolica, è post-cristiana. Detto più schiettamente: non è cristiana.
D’accordo sul fatto che la chiesa valdesesi stia cercando di allontanarsi il più possibile dalle sue radici, però la confessione di questo poeta non è da demonizzare (non conosco le posizioni dell’autore ma ovviamente sono contrario alle posizioni della chiesa valdese giustamente criticate in questo articolo)
Il punto 4 non mi sembra corretto perché l’affermazione che Dio sarà tutto in tutti è biblica e non da intendersi in senso panteista (vedi 1Cor 15:28). Capisco il punto 8 (molti mettono in dubbio la realtà della risurrezione corporale), però l’autore menziona la risurrezione di Gesù.