Una cerimonia ha avuto luogo nel tempio valdese di Palermo: protagonisti due uomini di 38 e 25 anni, elegantissimi, accompagnati da “testimoni” con i fiocchetti arcobaleno e riparati dal sole – all’uscita sotto un incantevole arco floreale, tempestati dal lancio di fiori – da un ombrello arcobaleno, fiori e decorazioni in bianco, invitate
fasciate in splendidi abiti. Celebra il tutto il pastore Peter Ciaccio, con tanto di toga nera e facciole bianche.
I mezzi di informazione – alcuni evidentemente presenti viste le numerose fotografie che riportano del memorabile avvenimento – definiscono la cosa “matrimonio” (“chic e favoloso” secondo la rivista Glitter, che significa “luccichio”), “nozze” e i due uomini “sposi”. Ecco qualche altro titolo “Matrimonio gay nella chiesa valdese” (Live Sicilia), Matrimonio gay in chiesa valdese – Palermo è il titolo dell’autorevole agenzia Ansa, Blog Sicilia dice “Prime nozze gay in Sicilia – Roberto e Giovanni oggi sposi”, per Palermomania.it “Roberto e Giovanni oggi sposi – Celebrate le prime nozze gay a Palermo”. Peraltro, navigando nella rete si scopre che di “primi matrimoni gay” in Sicilia ne sono stati celebrati parecchi: gia nel 2012 una presunta sacerdotessa anglicana aveva “unito in matrimonio” due uomini… cattolici.
Curiosamente, solo su Riforma non si parla di matrimoni, nozze ecc., ma il pastore Ciaccio manifesta la sua gioia per la “benedizione” della coppia. Nell’articolo si tiene a precisare che la cosa “non sarebbe neanche una notizia” e che non è “nulla di insolito”, ma intanto per diversi giorni il pezzo era nell’apertura del sito. Chissà se altrettanto rilievo sarà dato anche nell’edizione cartacea, quella che va in casa degli ottantenni che (8 per mille a parte) sono i più grandi contribuenti della chiesa valdese? Ne dubitiamo fortemente! Intanto il numero datato 15 luglio, cioè cinque giorni dopo il fatto, non ne reca traccia.
Allora: tutti parlano di matrimonio, ma secondo il pastore Ciaccio era una “non insolita” benedizione e mostra stupore perché questo fatto “normale” “sia vissuto come straordinario, rivoluzionario, bizzarro”.
Viene da chiedersi: i presenti sono stati disattenti o il pastore è stato poco chiaro? Possibile che il pastore non abbia visto tutti i titoli sul “matrimonio”? E se li ha visti, perché non ha smentito?
Poi vediamo l’inizio dell’estratto della “predicazione del pastore”, pubblicato su Riforma (dunque la “benedizione” era un fatto piuttosto complesso, se c’era anche la “predicazione”: insomma era un culto; chissà, forse c’era anche la Santa Cena, oppure no, per paura di macchiare le candide decorazioni, simbolo di purezza): “L’amore sia senza ipocrisia”. Ah, ecco!
La seconda che hai detto…
Premessa: non ci si scandalizzi di quello che sto per dire.
Visto che solo in Gesù Cristo c’è la salvezza (Giovanni 14:6 e altri), non stupiamoci se altre vie propongono il peccato come normalità! (Io non credo che la Chiesa Valdese ufficiale sia cristiana…)
Un “matrimonio” gay (mi piace l’espressione “frocimonio”) non ha né più né meno valore per la salvezza di un matrimonio poligamico islamico, sempicemente perché né l’uno né l’altro hanno un fondamento biblico (Sola Scriptura). L’omosessualità è un peccato, ma i lgbt (come sembra che ad essi piaccia essere etichettati) non sono né più né meno reprobi di altri peccatori, come ad esempio adùlteri o fornicatori (anche etero). E allora, come se ne viene fuori? Semplicemente con un percorso in 4 fasi:
1. Riconoscersi peccatori (tutti gli esseri umani lo sono, Ecclesiaste 7:20, Romani 3:10)
2. Pentirsi dei propri peccati di fronte a Dio
3. Accettare Gesù Cristo come proprio Signore e Salvatore
4. Proporsi, d’ora in avanti, di seguire l’esempio biblico nella propria condotta, tenendo comunque conto che continueremo ad avere una natura corrotta e peccatrice, ma certi della salvezza attraverso un rapporto personale con Dio grazie alla morte e risurrezione di Gesù Cristo (Giovanni 1:12, Giovanni 3:16-18).