Dal libro del Deuteronomio, capitolo 7
7 Il Signore si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, 8 ma perché il Signore vi ama: il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha liberati dalla casa di schiavitù, dalla mano del faraone, re d’Egitto, perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri.
Dalla lettera ai Romani,capitolo 9
16 Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia.
L’accoppiata di versetti proposta dal Lezionario dei Fratelli Moravi per la riflessione e la preghiera sulla Parola di Dio, sembra fatta apposta per rinforzare uno in particolare dei cinque “Sola” della Riforma, esattamente il “Sola Gratia“. Non esiste né può esistere, non esisteva nell’Antico Testamento e non esiste nel Nuovo, un metodo, uno stratagemma, un grimaldello, che si chiamino opere, buona condotta, meriti, che possa far sì che l’uomo si salvi da solo o possa meritarsi da se stesso la salvezza.
Ma al di là di questo accento, pure rilevante, che alcuni potrebbero definire di tipo confessionale, credo che la Parola illumini alla nostra mente ed alla nostra ragione tante realtà di attualità nei nostri giorni.
Si parla, nei giornali, sulle riviste, teologiche e non, del rapporto tra fede e ragione, di umanesimo di questo o quell’altro tipo. Due brevi testi come questi, letti nel loro contesto più vasto, stanno ad indicare che non c’è umanesimo che tenga, se non quello che mira a restituire all’uomo il suo essere creato ad immagine e somiglianza di Dio, perso con il peccato delle origini. Non c’è umanesimo che tenga se non viene messo sotto il segno del Cristo, del Figlio, di Dio che assume su di se l’essere uomo, trasformandolo, trasfigurandolo sotto la sua Croce.
Possiamo volere quello che ci pare, l’umanità può credersi capace di salvarsi da sola, senza la religione, senza la fede, senza Dio, ma se lo farà, farà la fine che fece il popolo testardo e duro di cuore dei tempi di Mosè. Girerà su se stesso, ed intorno a se stesso per quarant’anni nel deserto, continuerà anche dopo ad uccidere e a non ascoltare i profeti, fino al suo assoggettamento al potente umano di turno, a ben guardare la fine di tutte le ‘rivoluzioni’ di segno umano…
Certe volte a leggere i giornali e le tesi degli intellettuali, cristiani e non, dei nostri tempi, che in questi giorni in particolare si arrampicano sugli specchi, e si dibattono tra mille contraddizioni (quella laicità è buona, quella è cattiva) mi sembra di ascoltare quel fariseo che nel Vangelo ringrazia Dio perché non l’ha fatto come quel pubblicano. Ma il Vangelo ci dice che fu il pubblicano, l’uomo che si riconosceva peccatore, l’uomo che si metteva in discussione, l’uomo che riconosceva la sua inferiorità rispetto al Signore, quello che fu ascoltato e perdonato dall’Eterno.
“Ti ringrazio, Signore, perché non mi hai fatto come quei retrogradi che credono in te, come quei trogloditi che credono ancora che ci sarà un giudizio ultimo, quei pazzi che pensano che la Croce, il dolore, la sofferenza possano avere un senso. Ti ringrazio, Signore, perché io sono un uomo, una donna moderna, che pensa che l’importante sia solo volersi bene, che pensa che tu in realtà non esisti, sei solo una proiezione del mio voler star bene, e se per voler star bene devo togliere la vita ad un bimbo concepito, ad un futuro albino, ad un probabile down, a un malato terminale, o ad un vecchio che si sente inutile lo faccio, perché la Croce, te l’ho detto, non ha senso, ed io perché dovrei mettere quel bimbo o quel malato o quel vecchio su di una Croce?“. Più o meno suonerebbe così, la preghiera del fariseo dei nostri giorni. Di chi, oggi come allora, la Croce non la vuole, non la accetta, la rifiuta con tutte le sue forze.
Intendiamoci, non parlo solo dei ‘pagani’ o degli ‘atei’. Ci sono sedicenti persone di fede o religiose che sono altrettanto miscredenti, forse anche di più, sicuramente più colpevoli degli altri nei riguardi del Signore, perché loro il Cristo lo hanno conosciuto. Conosciuto… ma non riconosciuto. Professato a parole, ma non confessato con la vita. Sono disponibili a testimoniarlo, ma non con l’offerta della vita, non certo con il martirio.
Invece… Non dipende né da chi vuole né da chi corre… perciò il pubblicano sta lì, apparentemente fermo, apparentemente fuori dal luogo sacro, si batte il petto e ripete sempre la stessa frase… “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!”. Apparentemente, dicevo perché Gesù ci svela che quell’uomo che apparentemente era fermo, in realtà camminava, in realtà si muoveva in direzione della propria conversione, non cercava la salvezza nei percorsi ragionevoli dei sacerdoti del tempio di allora, ma affidava la sua sorte a Dio, che è il solo che giudica con giustizia, che è il solo capace di vedere fin nel più profondo del cuore. Quell’uomo che sembrava fuori dal luogo sacro in realtà era il più intimo di tutti nel mistero di Dio, riconosceva che era lui stesso il tempio di Dio, sapeva di non averlo onorato con il suo comportamento e la sua vita, e chiedeva la misericordia al solo che poteva concederla. Non se l’auto-attribuiva come il fariseo, convinto della sua intima perfezione, dell’essersi guadagnato da solo la salvezza.
Vale la pena rileggersela in questi giorni la parabola del fariseo e del pubblicano. E farsi un esame di coscienza su come componiamo la nostra preghiera, da chi o da Chi crediamo ci possa provenire la salvezza. Stiamo riflettendo, per la settimana mondiale di preghiera, sulla preghiera altrettanto essenziale del Padre Nostro. Essenziale e chiarissima: sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà, dacci (Tu!) il nostro pane quotidiano, rimetti (Tu!) a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non indurci (Tu!) in tentazione, ma liberaci (Tu!) dal maligno.
Più chiaro di così. L’iniziativa è di Dio. La misericordia è di Dio. Il sentiero lo traccia Dio. A noi sta solo di percorrerlo, illuminati dalla sua Parola. Non ci meravigliamo se saremo pochi a farlo.
Molti infatti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. (Matteo 20,16)
Dal Vangelo secondo Luca, capitolo 18
9 Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: “O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. 12 Io digiuno due volte la settimana, pago la decima su tutto quello che possiedo”. 13 Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore!” 14 Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s’innalza sarà abbassato, ma chi si abbassa sarà innalzato».
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