Il pastore Alessandro Esposito risponde a un nostro articolo e volentieri pubblichiamo, facendo notare che è proprio l’opposto di ciò che fa il settimanale Riforma che non pubblica le lettere non gradite, e ha addirittura rifiutato inserzioni a pagamento che segnalino l’esistenza di questo sito, nonostante avessimo lasciato libera la loro redazione di togliere frasi o espressioni sgradite.
Ho apprezzato sinceramente l’articolo intitolato: Pastore valdese profondamente persuaso che è diseducativo ed illusorio superare i dubbi che la redazione del sito www.valdesi.eu ha pubblicato sul portale del sito omonimo in data sabato 10 gennaio 2015: ritengo, difatti, che esso costituisca un apprezzabile ed argomentato invito al dialogo ed al confronto, che non è mia intenzione declinare, bensì accogliere. Proverò pertanto a chiarire alcune delle affermazioni che ho effettuate nel mio articolo intitolato: Se chi cerca non trova: Qohelet e il senso dell’esistenza, pubblicato in data 10 gennaio 2013 sulla rivista MicroMega, con la quale ho il privilegio di collaborare da due anni a questa parte.
La tesi che intendo ribadire e, mi auguro, chiarificare, è così sintetizzabile: il dubbio e la fede non sono nemici mortali, bensì fratelli, con tutte le tensioni che ineriscono al tutt’altro che idilliaco rapporto fraterno. La metafora intende più che altro sottolineare la comune genesi di due attitudini che, per quel che concerne l’aspetto dell’intelligenza della vita, si accompagnano e si compenetrano mutuamente. Fede e dubbio, difatti, si alimentano e si sollecitano reciprocamente, richiedono l’uno la feconda presenza dell’altra in una relazione che si configura come dialogica e non meramente oppositiva. La fede ricomprende il dubbio, non lo elimina: non, almeno, sotto il profilo della comprensione razionale, per definizione e per sua stessa natura prospettica e limitata. Nel tentativo di chiarificare questo mio (personale, in alcun modo indiscutibile) convincimento, vorrei rifarmi alla distinzione pascaliana tra una persuasione del cuore ed una (sempre soltanto presunta) certezza della ragione: la prima di esse ha intimamente a che vedere con la fede come capacità di accogliere ciò che, razionalmente, rimane inesorabilmente esposto al dubbio, il quale, in tal senso, opera una funzione chiarificatrice e non distruttiva, costituendo un invito all’approfondimento delle ragioni che sostanziano la nostra fede, nonché di quelle che la costringono a ripensarsi e a rinnovarsi.
La lettura dei cosiddetti “maestri del sospetto” (Feuerbach, Nietzsche, Freud per limitarmi a quelli citati nell’articolo menzionato) è profondamente adatta allo scopo di crescere in una fede che non si consideri al riparo dal dubbio ma, al contrario, sappia percepire in esso lo stimolo costante ed imprescindibile a rifondarsi. Si tratta di un sentiero possibile, non di un viatico obbligatorio: ciascuno conosce (o dovrebbe conoscere) le proprie inquietudini ed arrischiare il percorso lungo il quale affrontarle anziché eluderle. Ciò non deve in alcun modo portare ad un approdo paralizzante, dove il dubbio finisce per soffocare la fede ed i suoi aneliti: al contrario, deve contribuire alla ricerca di una fede più matura, che non teme l’esposizione alle legittime perplessità ed ai nodi problematici che a più riprese l’attraversano Ribadisco: non si tratta di un percorso obbligato, ma di un’esigenza propria solamente di alcuni spiriti, nel cui novero includo il mio, per natura e per formazione incline all’inquietudine ed alla ricerca che da essa scaturisce.
Per questo amo il Qohelet, che percepisco “fratello di fede e di sana inquietudine” e che mi ha consentito di approfondire, problematizzandola (in senso esistenziale assai più che intellettuale), la fede in Dio. Altri sentiranno questa “affinità elettiva” con altri, meravigliosi testi del variegato canone biblico, che consente l’accostamento attraverso molteplici e non per questo contrastanti sensibilità.
Sperando di aver provveduto a chiarire alcuni aspetti delle mie affermazioni e grato per quest’occasione di confronto a lungo auspicata, saluto tutti e ciascuna fraternamente.
Alessandro Esposito – pastore valdese in Argentina
Grazie al pastore Esposito.
Grazie Alessandro!
“Questa è l’opera di Dio che crediate in Colui che egli ha mandato” (Giovanni 6:29).
Quante afflizioni nel cuore del popolo di Dio! Quanti quesiti per capire quale sia l’opera da compiere per essere graditi al Signore!… fino ad arrivare alla pazzia dei nostri giorni dove il dubbio viene innalzato al pari della fede, come se il dubbio fosse un aiuto alla fede; …e così scopriamo di essere arrivati nel luogo dove il dubbio e la fede diventano fratelli.
L’unica opera necessaria è quella di credere in Colui che Dio ha mandato: Gesù Cristo. Questo è il supremo riposo da ogni fatica, da ogni travaglio, da ogni inquietudine, da ogni insicurezza, dubbio e timore.
“Credere in Colui che egli ha mandato”, questo conduce al “giorno del riposo” dell’epistola agli Ebrei: “Oggi, se udite la sua voce non indurite i vostri cuori” (Ebrei 3:8). In questo giorno, oggi, nel giorno eterno, l’opera di Dio ha avuto inizio e compimento nel completo riposo dalle proprie opere, per entrare nell’opera di Dio che consiste nell’UBBIDIENZA della fede.
La fede produce a ogni ubbidienza, la fede è sempre in azione, la fede vive nella certezza e non da mai il braccetto al dubbio; la fede produce il riposo nell’ubbidienza; infatti: “A chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che furono disubbidienti?” disubbidienti all’opera di Dio, che è quella di CREDERE in Colui che Egli ha mandato. Infatti vediamo che non poterono entrare a causa della loro incredulità (Ebrei 3:18;19).
Nell’opera di Dio dunque, che ha inizio nel credere in Colui che Egli ha mandato, è inclusa ogni ubbidienza; perciò il riposo è: “Il riposo dalle proprie opere, compreso “l’innalzato moderno dubbio”, per entrare, oggi, nell’opera di Dio.
(Daniela)