“… nel senso di un’antica parola biblica”, che dice tutt’altro
Apprezzamento della moderatora valdese per la sentenza della Cassazione sulle coppie gay
(NEV), 21 marzo 2012 – A proposito della sentenza della Corte di Cassazione dello scorso 15 marzo, in cui si afferma che le coppie omosessuali hanno il “diritto alla ‘vita familiare’” e a “vivere liberamente una condizione di coppia” con la possibilità di un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”, la pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Sono convinta che fosse necessario allargare il concetto di famiglia ai diversi rapporti affettivi stabili e soprattutto che si allarghino i diritti ai soggetti di queste unioni, ad esempio quello alla reversibilità della pensione o quello di visita in ospedale o nei luoghi di detenzione. Mi rallegro quindi sia della decisione della Cassazione, sia di quella del Parlamento Europeo (vedi NEV 11/2012).
E non si tratta solo dei rapporti omoaffettivi a mio avviso. Conosco situazioni di persone che convivono da una vita perché sono amiche, o perché la vita le ha portate a condividere la loro solitudine, persone anziane che hanno trascorso dieci o vent’anni prendendosi cura una dell’altra e che non hanno mai potuto in nessun modo aver diritto di mantenere lo stesso contratto di affitto o percepire la reversibilità della pensione nel momento del decesso della persona con cui hanno ‘fatto famiglia’. Io non credo che si debba necessariamente ricorrere al matrimonio, ma un riconoscimento giuridico delle unioni stabili sì, è importantissimo proprio pensando ad una società in cui il concetto stesso di famiglia si è profondamente modificato e le situazioni affettive e di mutuo soccorso sono effettivamente diventate situazioni in cui si vivono sentimenti forti di tipo familiare. Nel senso in cui va una antica parola biblica che si riferiva ai viandanti confrontati con le difficoltà che comportavano i lunghi spostamenti a piedi: “Due valgono più di uno solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. Infatti, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senz’avere un altro che lo rialzi!”(Ecclesiste 4,9-10). Il ‘viaggio’ della vita è spesso altrettanto difficile ed è una cosa buona poterla condividere in varie forme. E’ importante che il diritto riconosca le varie forme di unioni di tipo familiare che esistono e le tuteli.”
Nel 2011 il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, a partire dalla benedizione delle coppie di credenti dello stesso sesso, ha invitato le chiese a proseguire la riflessione estendendola ai temi della famiglia e della genitorialità.
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La famiglia à la carte: fino dove allargare?
Forse per chiarire che la posizione del pastore Platone non è un caso isolato, ma la posizione della chiesa, anche la moderatora, pastora Maria Bonafede, scende in campo a favore della famiglia à la carte. Scegli dal menu e prendi quel che ti piace: “diritti all’amatriciana, benedizioni in chiesa à la Platon, niente doveri che non li digerisco, insalata mista di sesso, pensione a volontà tanto la pagano gli altri, fedeltà solo un assaggino con l’aperitivo. Eppure non chiarisce proprio nulla: il Sinodo è sovrano e sulla famiglia fa fede il Documento sul matrimonio da esso approvato nel 1971 che dice tutt’altro. E comunque, continuiamo a chiedere agli illuminati vertici della chiesa e della teologia “valdesi”: fino a quanto allargare ? Fino alla “famiglia incestuosa”, fino alla poligamia, fino al matrimonio multiplo ? Fino all’unione pedofila? Fino al matrimonio con un animale ? Assurdità ? Certo, ma se l’unico criterio è quello, suggerito anche dal pastore Platone, che fra due concetti di famiglia, quello “buono e giusto” è quello più largo, anche la fantasia della moderatora viene facilmente sconfitta da queste semplici ipotesi, alle quali molte altre possono aggiungersi. La cosa più penosa è la citazione mistificatoria di Ecclesiste 4,9-10, che parla di tutt’altro che di famiglia. Possibile che davvero si pensi che dove ci sono affetti umani, solidarietà, aiuto reciproco – tra l’altro gli atteggiamenti più consoni a un cristiano – la cosa vada per forza confusa con la famiglia e magari con i rapporti sessuali ? Con la parola “omoaffettività” si intendono rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso e, se due persone si vogliono bene bisogna parlare di famiglia? Eppure, al cristiano dovrebbe piacere la verità e non la confusione: “Dio non è un Dio di confusione, ma di pace (I Corinzi 14:33)”.
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