Prima di tutto è caratterizzato da una concezione non autoritativa del cristianesimo basata sulla ragione, sull’esperienza e sulla storia. La Scrittura non funziona più come norma per il pensiero e la vita, ma tutto rimane aperto.Secondo, una volontà d’adattamento. La fede tradizionale ed i suoi dogmi devono adattarsi alle concezioni antropologiche e naturalistiche prevalenti. Si coltiva così, anche in modo proficuo, il rapporto fra cristianesimo e cultura, ma lo si fa adattandosi a quest’ultima.
Terzo lo scetticismo. Gli elementi soprannaturali della fede cristiana diventano discutibili. Essi devono essere verificati alla luce di nuovi criteri dominanti.
Quarto, una tendenza riduzionista. La Scrittura non è più Parola di Dio, ma la registrazione dei pensieri e delle esperienze di uomini particolari. Essa dev’essere dunque studiata operando una certa discriminazione fra ciò che è divino e invece ciò che è frutto dell’esperienza religiosa.
Quinto, l’accento sulla continuità. Tra l’uomo e Dio, tra il naturale e il soprannaturale, tra l’immanente e il trascendente non c’è discontinuità. La ragione umana, o il sentimento religioso o la coscienza morale, costituiscono dei punti di partenza adeguati.
Sesto, si può rilevare l’ambizione all’autonomia sia per ciò che concerne la ragione, sia per ciò che concerne l’esperienza religiosa.
L’essenza del cristianesimo deve essere sperimentata o conosciuta a partire dalla fede nell’onnipotenza del potere umano. Il risultato è che la ragione e l’esperienza si collocano su un piano superiore alla Parola di Dio.
Settimo, la fede nel principio del progresso umano include il mondo come sistema aperto. Non si può dunque accettare nulla che sia statico. L’idea di una Bibbia infallibile o di un’unica verità o di credi fissi diventa sospetta. L’unica idea accettabile è quella che presuppone una crescita verso mete sempre più elevate. La Bibbia deve così essere intesa come un’illustrazione di verità generali atta a stimolare la comprensione di quella progressiva che culmina, ma non si esaurisce, in Gesù di Nazaret.
Il pericolo di una tale concezione risiede nel fatto che si ha a che fare con un sistema che pone chiaramente al centro di tutto l’uomo. Quest’ultimo è il primo articolo del nuovo credo. Solo che il liberalismo, a differenza di altri movimenti, associa all’uomo il criterio della modernità. La “visione del mondo” moderna si sovrappone alla fede nelle capacità dell’uomo con conseguenze ancora più disastrose che per altri movimenti. L’apparenza è quella di una visione aperta al divenire storia. L’impressione è quella di una concezione dinamica che sfugge alla fissità degli idoli, ma in realtà si ha a che fare con una vecchia forma di paganesimo che adora la creatura piuttosto che il Creatore.
Purtroppo la fiducia illimitata ed ingenua nel progresso umano finisce per eliminare la Parola che fonda l’essere cristiano. Il quadro che ne esce, malgrado certe parvenze di movimento e progresso, è qualcosa che appiattisce l’orizzonte escatologico; si può osservare allora giustamente che NON SI HA PIU’ A CHE FARE CON UNA FORMA PIU’ O MENO FELICE DELLA FEDE CRISTIANA, MA DI UN QUALCOSA DI TOTALMENTE DIVERSO. In questo approccio la fede cristiana non possiede più motivazioni proprie, ma si affianca alle grandi correnti del pensiero del tempo.
“Liberalismo” sembra una bella parola. Anche se per capirla appieno bisognerebbe avere presente il concetto americano di “liberal”, assai diverso dall’italiano “liberale”.
Viene ovviamente da “libertà”: bello essere liberi. Liberi dagli inganni umani, liberi dalla schiavitù, liberi dal peccato e dal suo salario che è la morte: questa è la suprema libertà. Nel mondo dobbiamo chiedere libertà, perché è appunto libertà dai soprusi umani, libertà di vivere e di ricercare la felicità. Ma davanti a Dio la libertà non è il bene supremo, il meglio che possiamo fare è ubbidire. Il Regno dei Cieli, lo dice la parola stessa, non è una democrazia. La democrazia è il più efficiente, o meglio il meno peggiore, dei sistemi di governo umano. Ma il migliore in assoluto è il Regno di Dio.
[i]Il regno di Dio non
Ci riprovo:
Il regno di Dio non è una democrazia, dal celebre film Momenti di Gloria:
https://www.youtube.com/watch?v=86JzNC_JkeQ
Libertà e giustizia
“Badate bene a quello che fate; poiché voi amministrate la giustizia, non per servire un uomo, ma per servire il Signore, il quale sarà con voi negli affari della giustizia. Ora , il timore del Signore sia con voi; agite con prudenza, poiché presso il Signore, nostro Dio, non c’è perversità, né favoritismi, né si prendono regali” (2 Cronache 19:6,7).
E’ proprio vero che la libertà sta nel liberalismo, cioè nella coscienza morale dell’uomo che gli permette di decidere, contrassegnata dalla sua libertà e il suo senso del bene che presuppone un ottimismo senza limiti?
E’ proprio vero che la libertà sta nell’essere padroni di sé stessi e del proprio tempo, senza regole e nell’anarchia?
E’ proprio vero che la libertà sta nel poter fare, andare e venire, giudicando solo sé stessi senza badare agli altri, lasciando al Signore il compito di occuparsene?
Il Signore Gesù diceva: “In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato” (Giovanni 8:34). Perciò, per essere liberi veramente, l’unico sentiero lecito è camminare nella giustizia. Cristo è venuto, è morto, è risuscitato e si è seduto alla destra del Padre, per renderci idonei ad amministrare la giustizia, nelle nostre vite personali, ma anche nel governo del popolo, che ai tempi di Giosafat era Giuda, ed oggi è la Chiesa. Chi non vede il fatto che Dio ha stabilito l’amministrazione della giustizia in Cristo e l’ha affidata ai suoi, non capisce l’importanza della gestione degli affari di tutto ciò che è conforme alla volontà a alle norme di Dio, di fondamentale valore per attivare e rendere vitale un organismo che funzioni bene alla sua gloria.
Daniela Michelin Salomon
Liberalismo teologico è sempre più uguale al volersi liberare di quel Signore di cui a parole si afferma la sovranità.
“Si dirà: “Aggiustate, aggiustate, preparate la via, togliete gli ostacoli dalla via del mio popolo!” (Isaia 57:14).
Alcuni ostacoli del pensiero “liberale” da togliere di mezzo, affinché la via sia preparata per il popolo.
1° ostacolo: “L’idea che l’uomo debba liberarsi da ogni condizionamento trascendente e che debba sottoporre ogni precedente certezza alla propria critica”
2° ostacolo: “Il principio che la riflessione teologica debba partire dal sentimento religioso innato nell’uomo anziché dalla rivelazione”.
3° ostacolo: “L’insegnamento che la Parola non sia più l’autorità della rivelazione divina e il fondamento della fede, ma semplicemente un mezzo di espressione di quest’ultima”.
4° ostacolo: “Il fatto di ritenere possibile un processo di miglioramento e d’elevazione progressiva dell’uomo, con l’insegnamento che la pratica morale debba esprimere tutta la religiosità perché si ritiene che il cristianesimo sia azione e non contemplazione”.
5° ostacolo: “La convinzione, oramai largamente diffusa, che la Scrittura non sia più la Parola di Dio, ma la registrazione dei pensieri e delle esperienze di uomini particolari”.
6° ostacolo: “Il vanto che la ragione e l’esperienza umana debbano essere poste su un piano superiore alla Parola di Dio”.
7° ostacolo: “Il processo che la Bibbia debba essere intesa come un’illuminazione di verità generali atte a stimolare la comprensione di quella rivelazione progressiva che non si esaurirebbe con Gesù di Nazaret.
Daniela