La scritta nel tempio di Bobbio Pellice
Gilly racconta che nel tempio di Bobbio Pellice, di fronte al pulpito c’era questa scritta: “Onora tutti gli uomini. Ama la fraternità. Temi Iddio. Onora il Re.”
Guerresco Glorioso Rimpatrio
Colpito dalla straordinarietà dell’impresa del Glorioso Rimpatrio – che i pacifisti a senso unico di oggi tendono a presentare come una sorta di “marcia della pace”, una sorta di pellegrinaggio a Santiago de Compostela in salsa laica – Gilly ne dà ampio conto e ne sottolinea gli aspetti principali: la Fede e lo spirito guerresco, in particolare del capo della spedizione:
“Il coraggio [di Arnaud] non conosceva ostacoli e la sua fervida immaginazione figurava il braccio di Dio levato a sostenere la santa impresa. Lux lucet in tenebris, il motto della sua comunità era sempre sulle sue labbra. Lui vedeva la nuvola di giorno e il pilastro di fuoco nella notte a guidarlo, e fu incessante nelle sue esortazioni finché non ebbe comunicato il suo spirito marziale a un gruppo di seguaci.”
“Era così spesso alla testa dei suoi soldati e il primo nei combattimenti che i suoi compagni si sentirono obbligati ad esortarlo a non esporre tanto la propria vita. Ma lui rispose: ‘So molto bene quel che la causa e le circostanze richiedono da me: quando avanzo, seguitemi; e, se cado, vendicatemi!”
Il colonnello prigioniero
Mentre i Valdesi di Arnaud erano stretti da assedio mortale alla Balsiglia catturarono un colonnello della fanteria francese, ferito. Per curarlo consentirono al suo chirurgo di venire a curarlo. Arnaud lo avvertì che se un attacco li avesse costretti ad abbandonare la posizione avrebbero dovuto ucciderlo (cosa che poi accadde). Il colonnello rispose: “Comprendo le circostanze e vi perdonerò la mia morte. Il mio sangue non ricadrà su nessuno, se non su chi ha suscitato questa terribile guerra”.
Il coraggio di Gianavello
Il Marchese di Pianezza, capo delle truppe persecutrici nel 1655, catturata la moglie e i figli di Giosué Gianavello, fece sapere a quest’ultimo che avrebbe bruciato i suoi familiari se non si fosse arreso. Gianavello rispose: “Non c’è tormento così violento, o morte così crudele da non farmeli preferire all’abiura dalla mia religione e le minacce del Marchese fortificano la mia fede. Ha mia moglie e i miei figli nelle sue mani, ma non può far di più che uccidere i loro corpi. Le loro anime e la mia le raccomando alla protezione di Dio, di cui sono il servitore e tale rimarrò fino all’ultima ora della mia vita.”
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