RISPONDIAMO AGLI ATTACCHI RICEVUTI SU “RIFORMA”

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Secondo quanto dice il profesor Rochat in una lettera a Riforma, io, in quanto impegnato in politica, avrei dovuto astenermi dal promuovere l’appello per la fedeltà alla confessione di fede. Mi sfugge la logica per cui coloro che hanno incarichi specifici nella Chiesa possano prendere posizioni politiche, spesso a nome della Chiesa, mentre io dovrei astenermi dall’esercitare i miei diritti di membro di Chiesa, perché eletto in Parlamento, non certo per il sostegno della Chiesa. E non ricordo neppure che il prof. Rochat abbia avuto niente da ridire quando il pastore Tullio Vinay fu per due legislature senatore, né quando nel 1994 il pastore Giorgio Bouchard, rivestendo la carica di presidente della FCEI, si candidò alla Camera (non ebbi nulla da ridire neanch’io che pure ero il suo avversario diretto, e con molta stima). Rochat insinua addirittura specifiche sinergie con il Governo e “anche un anticipo della nuova tornata elettorale”. Ma, a parte che elettoralmente mi converrebbe o sfumare sul mio essere valdese, visto che il 99,5% dei miei potenziali elettori non lo sono, o tentare di ingraziarmi la “corrente” maggioritaria, forse che Tullio Vinay, il quale nella Chiesa godeva di stima incomparabilmente superiore alla mia, non attirò il voto dei valdesi ? Forse che sarebbe stato candidato se non avesse raggiunto quel prestigio in quanto uomo di fede e di chiesa? Ma Rochat, all’epoca già studioso di prestigio, non manifestò alcuno scandalo. Oggi ha cambiato idea.

E veniamo agli attacchi di Sergio Ronchi: le nostre citazioni bibliche sono “strumentali”, scadiamo in un “appiattente anacronismo”, il nostro Appello è addirittura “tutto e solo cattolico“, la nostra richiesta al Sinodo di vegliare nei confronti di chi viola l’ordinamento valdese è anche essa “cattolica”, vogliamo ridurre Dio a un “frammento di realtà”, la nostra lettura della Bibbia è “fondamentalistico-politica, in senso deteriore”, “l’Appello è pervaso da ossessione; e quando un credente è ossessionato non è libero”. Accanto a questi feroci giudizi sommari, non manca l’accusa, a noi naturalmente, di “giudicare gli altri fratelli e la loro fede”! Evidentemente Ronchi, accanto a numerose altre, ha notevoli doti umoristiche, sia pure inconsapevoli e le sue argomentazioni sono tali da confutarsi da sé, risparmiandoci la fatica. Ci accusa persino di aver falsificato la citazione di Gianavello, “per calcarne il significato attuale”, quando abbiamo fatto il contrario: abbiamo omesso le parole “così tragiche” (circostanze), che non ci pareva il caso di accostare ad oggi, sostituendole con la parola “queste”, che era infatti fuori dalle virgolette.

C’è però dell’altro nel lungo articolo: Ronchi infatti, attacca anche la Confessione di Fede del 1655: “quei nostri padri resistenti” infatti, pensate un po’, citavano la II Pietro, testo “tardo e marginale” e la II Timoteo, che porta a “sfociare nel fondamentalismo”. Quegli sprovveduti dei Valdesi del Seicento, secondo Ronchi, sono più che altro colpevoli di aver redatto e approvato una confessione di fede: “il riformato sola Scriptura è stato sostituito dall’essenzialmente cattolico sola Confessio. Ma se Ronchi ha così in uggia quella Confessione non deve prendersela con noi, bensì con la dirigenza della Chiesa Valdese che la pubblica tra i documenti fondamentali del nostro ordinamento, nonché nel sito Internet ufficiale sotto l’impegnativo titolo “cosa crediamo”, e che addirittura la fa sottoscrivere ai pastori consacrati, persino nel 2010.

Nel mirino di Ronchi entrano in generale le lettere “pastorali” di Paolo, colpevoli di “scivolare verso una struttura gerarchico-autoritaria della Chiesa”. Da altri sentiamo che Levitico 18 non vale nulla, perché scritto troppo presto, che i passi di Paolo sull’omosessualità sono da attribuirsi ai suoi pregiudizi, che il vangelo di Giovanni è scritto troppo tardi e chi più ne ha più ne metta. Con lo stesso compiacimento degli atei inaciditi, Ronchi cita passi problematici come il Salmo 137 e Deuteronomio 21:21 per indicare l’inattendibilità generale della Bibbia. Insomma, basta con la Bibbia e ascoltiamo i giudizi definitivi di Sergio Ronchi: lui sa cosa voleva dire Dio e dove si è spiegato male, oppure dove Mosé e Paolo hanno detto spropositi. Questa sarebbe analisi del testo biblico ?

È purtroppo evidente che l’operazione è in realtà molto semplice e alla portata di chiunque, senza bisogno di lauree e titoli teologici: anziché mettere in discussione se stessi alla luce della Parola di Dio, si mette in discussione la Bibbia guidati dai propri gusti e pregiudizi, dai propri risentimenti e dalla moda intellettuale del momento. E chi la pensa diversamente è un retrogrado, un “ossessionato”, un “cattolico”.

Infine, evidentemente conscio della straordinaria debolezza delle sue argomentazioni, Ronchi usa un bello strumento di dibattito che non sappiamo se abbia imparato nei suoi studi teologici o altrove: l’attacco personale a me, alla mia attività politica, alla coalizione elettorale di cui faccio parte, attribuendomi anche atti e opinioni specifiche che mi sono del tutto estranei, come presunte “urla a squarciagola contro Rita Levi Montalcini” o dichiarazioni razziste contro i rom. Ronchi mi prescrive persino la “penitenza” utile a redimermi: “scontrarsi con la propria rispettiva coalizione (e non meno con singoli individui), pena lo scadere nell’idolatria e nell’infedeltà (condannate dalla Scrittura)”. A parte che su certi temi mi sono anche notoriamente scontrato (testamento biologico ad esempio), ma che cosa c’entra questo con gli altri firmatari dell’appello e soprattutto con l’appello stesso ?

Caro Ronchi, mio padre e decine di generazioni prima di lui, hanno letto le Scritture senza sapere da lei quali versetti sono buoni e quali sono cattivi, ma per una sola delle loro meditazioni alla fine di una giornata di lavoro nei campi, dopo aver letto un passo dalla Bibbia aperta sul tavolo rapidamente sparecchiato, darei volentieri via un’intera biblioteca di astruserie di teologi che si sono messi in testa di saperne più di loro, più di coloro che stesero la confessione di fede e godevano di enorme prestigio in tutta l’Europa protestante, e persino più di evangelisti, apostoli e profeti.

Lucio Malan

17 settembre 2010

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